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TAURIANOVA (RC), SABATO 04 MAGGIO 2024

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La lanterna di Diogene

La lanterna di Diogene

E le casse erano piene, anzi erano vuote, eppure qualcosa luccicava, ma non era oro

a cura di GIUSEPPE LAROSA

La lanterna di Diogene

E le casse erano piene, anzi erano vuote, eppure qualcosa luccicava, ma non era oro

 

a cura di Giuseppe Larosa

 

Cos’è un paese, se non un luogo di ritrovo di anime, ritrovate e perdute? Cos’è un paese, se non un’accozzaglia di moralisti a gettone che tendono a rompere, invece che costruire? Cos’è un paese, dove la malvagità ed i suoi malvagi che la adoperano, vivono sonni agitati, pronti a scagliarsi con la vittima di turno?
No, non è un paese, è una cloaca di perfidia e invidia allo stato puro. Sui malvagi, nota di chiarimento, sono in sintonia con Dumas, il quale preferiva “i malvagi agli imbecilli”, perché quantomeno si riposano.
Assistere silenti a mere vicissitudini locali, ti lascia molte volte sbigottito, inerme e senza argomenti né forza di reagire. Ti lascia un vuoto che non sai nemmeno dove e come colmarlo. Taurianova è un vuoto. Un vuoto in cui nemmeno la natura stessa riesce, allo stato delle cose riempirlo, così com’è nella “natura” stessa.
Quello che arriva all’occhio, all’orecchio fino ad arrivare giù in altre parti del corpo, molto delicate per la loro rotondità, è la cosiddetta “Teoria del merito”. Ossia, quella branca della scienza che ognuno (indebitamente) si appropria per aver fatto qualcosa di buono per la propria comunità, ove è stato chiamato o nominato per “fare”, amministrare, gestire, ma non distruggere si intende.
Questa Teoria, si annida molto spesso delle volte nei vari colori ed appartenenze politiche che si sono contraddistinte nella vita amministrativa locale. Ad oggi, volgendo il guado all’orizzonte, però (ed aggiungo ahimé), si vedono solo macerie su macerie. Macerie strutturali e macerie sociali.
In sintesi, carte alla mano e mi riservo nel non dire fesserie di parte. Riflettiamo brevemente sugli “step” di questi ultimi anni, a partire dal 1991 fino ai giorni nostri. C’era una famiglia, che dominava un territorio, gestiva le sorti economiche e pubbliche di una cittadina, chi si rivolgeva a loro, otteneva un impiego pubblico, era una sorta di ufficio di collocamento interinale a doppio mandato, tu chiedi io ti do! Oggi l’economia di quel paese, si regge su quegli “impieghi”, anche se poi la memoria è corta (dei molti beneficiati), ed è sparsa tra i verdi campi e l’oblio del cielo. Non quello azzurro, ma quello dell’arcobaleno (quante casacche politiche cambiate e mutevoli nel tempo). C’è la prima vergogna, perché lo ribadisco fermamente, lo scioglimento di un consiglio comunale per infiltrazione mafiosa, è una vergogna per un paese e per i cittadini che ci vivono quotidianamente (e diciamolo pure, sulla mia pelle, per chi ha vissuto o vive fuori).
Poi c’è stato n quadriennio di stasi e di “pulizia” dalle macerie di quegli anni con l’avvento di Argiroffi nel 1993, e le casse comunali erano ancora piene. Anche se un’altra rivoluzione, nel 1997, non consentì il proseguo di quel mandato perché fu eletto un sindaco di colore diverso. Che durò fino al 2007, e le casse si sospettava che fossero vuote. Ma poi con l’avvento dell’equinozio primaverile e dell’allora commissario prefettizio Luisa Latella, oltre ad alcune delibere della Corte dei Conti (sic!), si scoprì che le casse erano realmente vuote. Dal 2007 fino al 2013, due elezioni e due scioglimenti per mafia consecutivi con lo stesso sindaco. E le casse sono ancora perennemente vuote, anzi più di prima.
Totale? Dal 1991 c’era, chi sistemava la gente, poi chi era parsimonioso e credeva ancora nella rinascita, scacciato dall’allegra brigata che svuotò le casse, e che a sua volta fu sostituito da chi poi venne sciolto per mafia. Quindi, oggi come siamo messi? Come un cane che si morde la coda.
Ecco io vorrei, che questo paese fosse come lo immaginava Giacomo Leopardi nel suo Dialogo, «Chi vuole o deve vivere in un paese, conviene che lo creda uno dei migliori della terra abitabile; e lo crede tale. Gli uomini universalmente, volendo vivere, conviene che credano la vita bella e pregevole; e tale la credono; e si adirano contro chi pensa altrimenti». Iniziamo a non dare credito alle vecchie carcasse politiche che l’hanno ridotto così, ed a dare fiducia a chi, si spera, da qua a un anno e mezzo, si presenta dotato di buoni propositi, buona volontà e soprattutto, reale onestà e sappia il vero significato della legalità e della cultura sociale e civile di una comunità, come anche il buon comportamento nel rispetto delle cose, delle persone, ma soprattutto, e dico soprattutto, delle idee.

 

Ps. Ho omesso volutamente i nomi dei (s)protagonisti delle varie fasi, perché non amo le cose fritte e le rifritte, come le minestre riscaldate nello scrivere e riscrivere sempre le stesse cose e gli stessi nomi.

lalanternadidiogene@approdonews.it