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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

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La lanterna di Diogene

La lanterna di Diogene

«Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere». E la chiesa fa il suo dovere?

a cura di GIUSEPPE LAROSA

La lanterna di Diogene

«Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere». E la chiesa fa il suo dovere?

 

a cura di Giuseppe Larosa

 

 

«Mafiosi pentitevi, verrà il giorno del giudizio di Dio», così disse nella valle dei templi ad Agrigento il 9 maggio del 1993 papa Giovanni Paolo II. Ma come possono pentirsi se gli viene negata la messa anzitempo?

Una chiesa (sempre in minuscolo) che vieta non è una chiesa vicino al popolo. Alcune testate giornalistiche hanno riportato stamani la notizia che il vescovo di Agrigento, lì dove più di venti anni fa papa Wojtyła disse quelle memorabili parole, un vescovo ha vietato i funerali ad un noto boss mafioso dell’agrigentino, un tal Giuseppe Lo Mascolo colpito da ictus cerebrale. Quando tutto era pronto per la celebrazione liturgica, ecco che arriva l’ordine dal (puritano) vescovo di Agrigento a vietare quello che la sua religione che si rifà a quel Dio (stavolta per rispetto ai fedeli in maiuscolo), dell’infinito, misericordioso che persino perdonò gli assassini di suo figlio messo in croce.

È una chiesa molto strana che fa proclami ma a volte non riesce proprio a compiere un messaggio che è quello della pace, della speranza e soprattutto della carità. Magari che ne sa il vescovo Francesco Montenegro (la stessa marca di un famoso amaro), se il boss Lo Mascolo avesse convertito i suoi peccati in redenzione? Una cosa è certa, si sa che era fedele a quella chiesa che in tonaca gestisce il buono ed il cattivo tempo nelle benedizioni.

La chiesa, si sa, fa sempre figli e figliastri, al povero Piergiorgio Welby gli vieta i funerali mentre ad altri, tra cui boss mafiosi, divorziati, peccatori ed addirittura assassini gli riserva anche posti di prestigio in lapidi dentro la chiesa, è il caso di Enrico De Pedis detto “Renatino” noto boss della Magliana. Lo Mascolo non ha ricevuto la liturgia perché era un boss della mafia e perché, a detta del monsignore, quello della stessa marca dell’amaro, “L’unico modo per imbavagliare la mafia è fare sul serio, amare e cercare la verità e il bene, rifiutare la mediocrità, i compromessi e il conformismo. Se la mafia c’è è anche colpa nostra”. Certamente, ma negare una funzione religiosa e dare l’accontentino per una benedizione non è che il vescovo ci abbia fatto una bella figura. Quelli che hanno approvato la questione sono quei “paladini” dell’antimafia sempre in prima linea a favore di queste gesta, sempre a fianco di tutti i magistrati quali essi siano le loro azioni (anche nei loro errori), come tanti “lacchè in cerca di autore”. E tra i lacchè non sono esclusi i giornalisti serventi, magari con qualche tessera di associazione antimafia (così come c’è scritto nella dicitura dell’associazione), ed allora si sentono legittimati ad esprimersi e definirsi “antimafiosi”, ma è un’antimafia che fa più paura della mafia stessa.

In Sicilia non è la prima volta che accadono queste azioni controverse, alcuni uomini della chiesa a proposito di mafia erano “negazionisti” altri, diciamo probabilistici. Tra quelli che negavano l’esistenza della mafia c’era l’arcivescovo di Palermo, negli anni cinquanta, Ernesto Ruffini, diceva che la mafia “è un’invenzione dei continentali per diffamare la Sicilia”. La chiesa, in certo qual modo è stata sempre molto “attenta” ai fenomeni mafiosi, come una sorta di “comprimissione” tra chi era vicino allla mafia ossia la “cupola democristiana” e la “cupola ecclesiastica”. Basti vedere le azioni dell’ex arcivescovo di Palermo Salvatore Pappalardo, che ai vari Lima, Gioia e Ciancimino non gli negò mai la loro “paternità pastorale” e molto affascinato dall’esposizione pubblica perché voleva solo lui le telecamere dell’antimafia mentre ai suoi sacerdoti diceva di non esporsi pubblicamente alla lotta alla mafia e di non negare a nessun bosso mafiosi sacramenti e funerali.

È una chiesa molto strana, la chiesa del “se l’è cercata”, come la frase che un “cattolicissimo” come Giulio Andreotti (chissà se a lui quando sarà, gli saranno negate i funerali? Basta leggere quello che ha scritto la Cassazione nella sua assoluzione per reati già prescritti), disse a proposito dell’uccisione di don Pino Puglisi, un vero prete antimafia, ma con i fatti e non con le piazze, parole e gli slogan da striscione come si usa fare adesso per avere uno “sputo” di visibilità. Magari chiedendo anche le scorte per una minaccia scritta in un fogliettino di carta o perché assediati da uomini duri, potenti ed energumeni.

Il cardinale Pappalardo, uomo di chiesa, negò il sostegno pubblico a don Pino Puglisi nella lotta alla cultura mafiosa che il povero parroco assassinato dalla mafia aveva promosso nel suo quartiere Brancaccio. Questi uomini di chiesa che prima si innalzano (solo pubblicamente) a paladini contro la cultura mafiosa sono quelli che hanno anche destituito un povero parroco di una periferia palermitana solo perché hanno rifiutato i favori di mafiosi, per poi dire nelle loro spiegazioni “se l’è cercata”.

Inizi il vescovo di Agrigento, prima ancora di vietare i funerali che una chiesa non dovrebbe per misericordia negare a tutti quanti, mafiosi e non, di condannare i suoi colleghi e prendere le distanze da un passato che ha visto coinvolti i suoi colleghi che con le tresche mafiose erano in molti, e forse ancora lo sono una sorta di “cruna” dove basta niente per essere attraversata.

lalanternadidiogene@approdonews.it