di Clemente Corvo
Gioia Tauro, una città di storia, tradizione e fervore, si è risvegliata quest’anno in una realtà desolante. Per la prima volta in decenni, le strade che una volta brillavano delle luminarie in onore del santo patrono Sant’Ippolito, sono rimaste buie. La festa, che segna l’orgoglio e l’identità dei gioiesi, è stata ridotta ad un’ombra di ciò che era una volta, simbolo tangibile dell’abbandono dell’amministrazione comunale.
Non un arco illuminato, non una singola lampadina. Le bancarelle, che erano il cuore pulsante delle celebrazioni, erano quasi inesistenti. E la musica, che riempiva le strade e rallegrava i cuori, è stata sostituita da un silenzio opprimente. L’unico spettacolo sonoro offerto ai cittadini proveniva non dal Comune, ma dalla Città Metropolitana o dalla Regione Calabria. Questa non è la Gioia Tauro che conosciamo.
Nonostante tutto, un momento sacro ha avuto luogo: la celebrazione religiosa in onore di Sant’Ippolito. Dopo la Santa Messa, una processione solenne ha avuto inizio dal Duomo, dirigendosi verso il pontile di Gioia Tauro, per poi fare ritorno in Piazza Duomo. Questo rito religioso ha rappresentato una luce nel buio, un promemoria della fede e della devozione dei cittadini, anche in tempi difficili.
La reazione dei cittadini è stata una miscela di incredulità e tristezza. Come si può ignorare una tradizione così radicata, così fondamentale per la comunità? Come ha potuto l’amministrazione comunale voltare le spalle ai suoi stessi cittadini in un momento così cruciale?
Tuttavia, in mezzo alla desolazione, c’è stato un barlume di speranza. Le poche iniziative che hanno avuto luogo sono state grazie al duro lavoro di privati e associazioni, che nonostante tutto, non hanno smesso di credere nello spirito di Gioia Tauro. Essi rappresentano il vero cuore della città, la prova che anche nei momenti più bui, la comunità può unirsi e andare avanti.
Eppure, il fatto che molti gioiesi abbiano dovuto cercare altrove per trovare un po’ di festa è un segno allarmante. Quelli che non hanno la possibilità di spostarsi si sono visti privati dei festeggiamenti e dei cantanti di cui hanno abbondato le città vicine. La domanda che risuona nelle menti di molti è: dove sta andando Gioia Tauro?
È un grido di allarme, una chiamata all’azione. La festa di Sant’Ippolito non è solo una tradizione, ma un simbolo dell’identità di Gioia Tauro. La sua assenza è indicativa di una città in declino, di un’amministrazione comunale che ha perso la connessione con i suoi cittadini. Gioia Tauro merita di più, e i suoi cittadini hanno il diritto di chiedere di più. Se non ora, quando?