banner bcc calabria

La CTP di Lecce annulla accertamento del Fisco di quasi 200mila euro e stabilisce due importanti principi

banner bcc calabria

banner bcc calabria

Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, segnala un’importante
sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, la 3523/2015 depositata
il 21.10.2015, che, intervenendo in materia di “reverse charge”, ha accolto il
ricorso proposto dalla società GERMANY EDIL SHOW S.R.L., esercente attività di
amministrazione e gestione di beni immobili per conto terzi, difesa dall’avvocato
Maurizio Villani, contro un avviso di accertamento notificato ai fini Irap, Ires
e Iva.

In particolare, la vicenda ha ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento
relativo alla annualità 2009 con il quale l’Ufficio, a seguito di una verifica
fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza, contestava alla società un maggior
reddito di impresa ed un maggior volume di affari, con conseguente rettifica ai fini
IRES, IRAP ed IVA, il tutto per una pretesa impositiva pari a euro 192.907,26.

La società in sede di stipula della compravendita di un immobile aveva esercitato,
in qualità di cedente, il diritto al reverse charge, per la vendita dell’immobile
strumentale per natura non suscettibile di diversa utilizzazione, manifestando l’opzione
per l’imposizione al regime Iva, ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, primo
comma, numero 8-bis, 8-ter del D.P.R. n. 633/1972.

Come noto, il termine reverse charge o “inversione contabile” fa riferimento
ad una modalità di assolvimento dell’IVA derogante le usuali regole che designano
il cedente quale soggetto debitore dell’imposta. In caso, quindi, di inversione
contabile è l’acquirente a dover assolvere l’IVA e non il cedente come prevedono
i principi generali dell’IVA.

Per l’Ufficio la fattispecie in oggetto non rientrava nell’ambito applicativo
del reverse charge ed assoggettava, pertanto, ad Iva la cessione di fabbricato.

La società, nel costituirsi in giudizio, eccepiva la nullità dell’atto impositivo
sia perché sottoscritto da soggetto non legittimato, sia perché, al contrario di
quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, alla fattispecie era stato correttamente
applicato il regime del reverse charge (inversione contabile).

Alla luce delle giustificazioni fornite dalla società contribuente, i giudici hanno
accolto il ricorso e annullato l’avviso di accertamento impugnato.

La sentenza rileva perché ribadisce due importanti principi.

Infatti, con riferimento alla questione dei dirigenti illegittimi nominati per concorso,
i giudici hanno affermato che in caso di contestazione, l’Amministrazione Finanziaria
ha l’onere di provare che il dirigente che ha firmato l’atto impugnato sia stato
nominato previo esperimento di un pubblico concorso. In caso contrario va dichiarata
la illegittimità dell’atto, in linea con quanto statuito dalla Corte Costituzionale
con la sentenza n. 37 depositata il 17 marzo 2015.

Con riferimento, poi, alla corretta applicabilità del regime del reverse charge,
i giudici, in perfetto adeguamento a quanto statuito dalla giurisprudenza di Cassazione,
hanno precisato che:

– l’Agenzia delle Entrate dispone di tutte le informazioni necessarie
per accertare la sussistenza o meno dei requisiti sostanziali, con la conseguenza
che il diritto alla detrazione non può mai essere negato nei casi in cui il contribuente
non ha applicato, o non ha applicato correttamente, la procedura dell’inversione
contabile, detto anche reverse charge, <avente normalmente natura formale e non sostanziale>;

– non bisogna mai compromettere la neutralizzazione bilaterale dell’IVA
(come peraltro riconosciuto dalla stessa Agenzia delle Entrate, con la risoluzione
n. 56/E/2009), nel senso che eventuali inadempienze accertate a carico del contribuente
che non hanno generato danni erariali, poiché il risultato fiscale sarebbe stato
comunque identico sul piano impositivo per effetto della prevista neutralizzazione
bilaterale dell’IVA, non devono mai far cadere il meccanismo del reverse charge;

– per quanto attiene alle sanzioni, le eventuali omissioni formali,
concernenti l’omessa, intempestiva o irregolare applicazione del meccanismo dell’inversione
contabile (c.d. reverse charge) non cagionano alcun pregiudizio alle ragioni erariali,
configurandosi unicamente come semplici violazioni formali, per cui, in tema di sanzioni,
è applicabile l’art. 10, comma 3, della Legge n. 212 del 27/07/2000 (c.d. Statuto
dei diritti del contribuente), in base al quale le sanzioni non sono comunque irrogate
quando la violazione si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito
di imposta (in tal senso, Cass. – Sez. Trib. – sentenza n. 7576/15).