La consigliera di parità Daniela De Blasio commenta positivamente il nuovo decreto legge sulle carceri
Giu 27, 2013 - redazione
“Un primissimo passo verso la conquista dei diritti umani all’interno delle carceri”
La consigliera di parità Daniela De Blasio commenta positivamente il nuovo decreto legge sulle carceri
“Un primissimo passo verso la conquista dei diritti umani all’interno delle carceri”
Riceviamo e pubblichiamo:
Che sia l’indifferibile urgenza derivante dalla reiterata condanna del nostro Paese da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo o una questione di civiltà e di umanità, il decreto che ha visto la luce ieri sul sovraffollamento carcerario italiano, firmato dal Ministro Cancellieri, traccia un segno distintivo, un primissimo passo verso la conquista dei diritti umani all’interno delle carceri. Il nuovo decreto legge sulle carceri vuole rappresentare un primo intervento sul problema del sovraffollamento penitenziario che, negli ultimi tempi, è diventato insostenibile, con costi elevati sia in termini economici che in termini umani e sociali, legati, questi ultimi, soprattutto al mancato rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. In breve ci si propone di rendere concreto un “alleggerimento” del sistema penitenziario. Questa “riforma” incentiva l’adozione dei dispositivi di de-carcerizzazione, molti dei quali già attivi prima della legge n. 251 del 2005, c.d. legge ex Cirielli, e rivolti esclusivamente ai soggetti considerati non pericolosi, mentre resta l’obbligo dell’ingresso in carcere per i condannati in via definitiva e giudicati colpevoli per reati gravi. Particolare interessante è il punto che riguarda le donne madri e i portatori di handicap gravi. Il decreto prevede l’opportunità di accedere alla detenzione domiciliare nei casi in cui debba essere espiata una pena non superiore ai quattro anni. Un altro articolo che, a mio avviso, risulterà efficace, è quello che riguarda la possibilità di ricorrere, al momento della condanna, ad una soluzione alternativa al carcere, costituita dal lavoro di pubblica utilità. Questa misura, “prevista per i soggetti dipendenti dall’alcol o dagli stupefacenti, fino ad oggi poteva essere disposta per i soli delitti meno gravi in materia di droga, mentre in prospettiva potrà essere disposta per tutti reati commessi da tale categoria di soggetti”. Attraverso gli interventi della riforma le condizioni di detenzione miglioreranno nettamente e, ridotta l’emergenza sulla vivibilità e nel rispetto dei diritti umani, si potrà pensare anche al futuro di tutti i detenuti, con percorsi riabilitativi concreti che possano davvero creare le condizioni per un reinserimento completo nella società. Certamente la crisi dello stato sociale, che genera nei cittadini un senso d’impotenza e di insicurezza, porta con sé richieste repressive, punitive, carcerarie, ma di queste se ne è dimostrata l’inutilità, gli alti costi, la dannosità perfino sotto il profilo della sicurezza fuori dal carcere, oltre che delle condizioni disumane all’interno degli istituti. I dati, inoltre, confermano che la probabilità di recidiva fra i detenuti che lavorano precipita notevolmente. E’ arrivato il momento di scegliere se continuare a chiudere gli occhi, girandoci dall’altro lato, facendo finta che non esistano problemi nelle nostre carceri, oppure fare uno sforzo di consapevolezza e anche di assunzione di responsabilità, decidendo di aprire gli occhi e vedere. Chiunque entri oggi in un istituto penitenziario ha una sensazione di sorpresa, scoprendo di essere stato totalmente inconsapevole delle condizioni effettive di detenzione che si trova davanti. L’impatto emotivo con lo spazio ristretto della cella, con le persone chiuse dentro, con la porta serrata, con i letti a castello che ostruiscono anche le finestre, con gli odori forti, è agghiacciante! Anche chi è abituato a entrare in carcere, subisce un’ondata emotiva non indifferente ogni volta, è come se all’improvviso si schiuda una porta su un mondo dimenticato. Con questo decreto il Ministero della Giustizia ha assunto delle decisioni importanti. E’ fondamentale, infatti, lavorare sul recupero della persona in detenzione. La condizione dei detenuti e delle detenute indicano che per il loro recupero è necessaria una situazione di vita differente che passi attraverso il rispetto della dignità umana. Sono assolutamente convinta, infatti, che partendo da condizioni di vita normali, quelle che rispondono ai bisogni primari, si potrà incominciare a costruire il futuro di queste persone. Ritengo che istituti malsani, sovraffollati, generino rabbia, cattiveria e odio, e tutti questi sentimenti non costituiscono certo la base per costruire un futuro migliore, diverso dal precedente vissuto. L’importanza di un’attività rivolta a detenuti e a persone in misure alternative fondate su formazione e lavoro è fondamentale per evitare la recidiva. E’, infatti, noto quanto sia difficile che l’esperienza del carcere non si trasformi, soprattutto per i più giovani, in un ulteriore e più importante addestramento alla devianza soprattutto nelle aree in cui la criminalità organizzata è più diffusa. A mio avviso il carcere, in senso stretto, dovrebbe essere limitato alle situazioni per le quali non si possa avere altro trattamento. Dovrebbe pertanto essere un luogo nel quale soggetti particolarmente “difficili” ricevono tutta l’attenzione possibile per un loro recupero, e dunque un luogo caratterizzato da strutture, spazi, risorse, personale capace di affrontare questo difficile compito. Per questo sostengo che c’è il bisogno di offrire un percorso detentivo alternativo in cui gli strumenti del trattamento – lavoro, istruzione, formazione professionale, rapporti con la famiglia – trovino piena attuazione ed in cui il tempo della detenzione sia tempo di recupero e di costruzione di sé. Credo che il Ministro Cancellieri abbia inteso procedere proprio in questa direzione.
Daniela De Blasio
Consigliera di Parità