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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 05 MAGGIO 2024

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Immigrati a Gioia Tauro, Pino Romeo: “Disastro ben organizzato”

Immigrati a Gioia Tauro, Pino Romeo: “Disastro ben organizzato”

“I 103 disgraziati hanno riunito le loro storie in una sola richiesta: asilo politico”

Immigrati a Gioia Tauro, Pino Romeo: “Disastro ben organizzato”

“I 103 disgraziati hanno riunito le loro storie in una sola richiesta: asilo politico”

 

 

GIOIA TAURO – La notte è trascorsa tranquilla all’interno del centro d’accoglienza allestito in tutta fretta dalla Protezione Civile all’interno della palestra della scuola media Campanella per ospitare, temporaneamente, i 103 migranti smistati da Reggio Calabria. Anche tra i residenti, alla fine, è prevalso il buon senso e le preoccupazioni iniziali hanno lasciato il posto ad un’ammirevole gara di solidarietà. Come si ricorderà, mercoledì mattina, alla vista delle forze dell’ordine munite di tuta e mascherina, alcuni di loro avevano inscenato una timida e comprensibile protesta perché spaventati dai possibili pericoli sanitari che potrebbero nascere, considerato che l’improvvisato CDA è stato predisposto vicino alle abitazioni. Secondo i primi accertamenti effettuati nel capoluogo di provincia, però, gli immigrati destinati a Gioia non presenterebbero condizioni di salute gravi. Fin dalle prime luci di ieri, proprio di fronte al complesso scolastico di via Veneto è scattata una raccolta di prodotti per l’igiene personale e sono davvero tanti i cittadini che stanno portando alimenti e vestiario. Gli strascichi della polemica continuano però sul web con i frequentatori dei social network che puntano il dito contro le Istituzioni nel timore che la città del porto, già tormentata da molte altre problematiche, possa diventare una nuova Lampedusa. Al centro delle contestazioni soprattutto la scelta dei locali utilizzati per ricevere i clandestini: ci si chiede, infatti, se sia stato opportuno servirsi di una scuola ubicata a pochi metri da uno dei più popolosi quartieri della città, per di più quando manca poco più di un mese all’inizio delle lezioni. I migranti qui alloggiati fanno parte del gruppo di circa mille profughi recuperato a largo delle coste siciliane. Circa 400 di questi sono stati trasportati a Reggio e da lì trasferiti in vari centri tra cui appunto anche Gioia. Sono ragazzi dai 17 ai 20 anni di età fuggiti dal Mali, dal Pakistan e dal Bangladesh con il sogno di ricominciare una nuova vita in Europa anche se, per il momento, rimangono semplicemente in attesa di poter raggiungere nei prossimi giorni un altro centro. Arrivati a bordo di due autobus, ad attenderli i volontari di Prociv e Croce Rossa e le forze dell’ordine, tutt’ora costantemente impegnate nel mantenere l’ordine. L’accoglienza è stata coordinata dal sub commissario del Comune, Emilio Buda con l’aiuto degli agenti del commissariato di Polizia, diretto da Angelo Morabito; dei carabinieri della locale Compagnia, agli ordini del Capitano Francesco Cinnirella; del comitato locale di Croce Rossa, presieduto da Fabio Serpico e del gruppo Le Aquile di Protezione Civile, guidato da Pino Praticò. I pasti sono stati forniti dall’associazione Alaga mentre ad occuparsi dell’assistenza psicologica è stato il delegato regionale del servizio psicosociale della Croce Rossa, Giuseppe Avventuroso con l’aiuto di un interprete. Siamo riusciti ad entrare all’interno della palestra e a scattare alcune foto; lì abbiamo incontrato l’urbanista Pino Romeo, coordinatore del Tavolo Tecnico di Tutela Ambientale che per tutto il giorno ha accompagnato la traduttrice prescelta dall’unità di crisi. Romeo ha parlato di “disastro ben organizzato. Questa la mia prima impressione – raccontando il pomeriggio trascorso al centro d’accoglienza – i 103 disgraziati hanno riunito le loro storie in una sola richiesta: asilo politico. Arrivano da posti d’origine lontani migliaia di chilometri, incrociati per chissà quale gioco del destino nel luogo più involuto d’Italia, forse sarebbe meglio dire volontariamente deportati da quei paesi, e mi chiedo quale sia un solo motivo valido per mettere insieme comunità politico-religiose così distanti fra loro, tanto da assumere il sapore della farsa e dell’ignoranza delle radici culturali di un popolo, appena scoppia la prima rissa seria della giornata. Mi è sembrato anche un circo nel quale ognuno deve eseguire la propria parte senza sbagliare nulla, – riferisce – gli animali, il pubblico, i giocolieri, i clown, ma con un imperante senso di disagio perché alzando lo sguardo, lo chapiteau, il tendone che accoglie lo spettacolo sembra traballante e pronto a venire giù. Sentimenti contrastanti, nella fretta politico-istituzionale di una sistemazione provvisoriamente definitiva per poco più di cento anime, la prima che si trova, e meno male che le scuole sono chiuse e le palestre si possono requisire, con buona pace di chi vede sfumare la stagione del prossimo campionato di pallavolo prima ancora che inizi. Qualche malore si fa strada con il 118 che diventa un taxi per il nulla e l’attesa del nulla diventa la scusa per scambiare quattro chiacchiere, ma anche la mattatrice della serata e di quelle che verranno. La traduttrice istruisce la fila per la cena, – continua Romeo – ritrova quel ragazzo con un numero di cellulare italiano, domani sarà il rito delle fotografie, delle impronte digitali e delle telefonate ad eventuali parenti sparsi per la Penisola. L’attesa del nulla è opprimente e non da scampo. Tornando a casa non puoi fare a meno di pensare al disastro istituzionalizzato e reso asettico dalle ipocrite mascherine che devono trasmettere un tono alla faccenda. Non provano nemmeno a scappare dalle brandine, – conclude – da quella tragica palestra requisita non vogliono neanche allontanarsi, adesso che è diventata il loro Hotel California”.