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Il venerabile e poeta don Francesco Mottola su “Miracoli”

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di Domenico Caruso

Come preannunciato il 30 marzo c.a., sulla rivista “Miracoli” n. 14 di questa settimana per le “Vite esemplari” ho trattato don Francesco Mottola (1901-1969).

Il Venerabile “cantore del creato” ha intuito la meravigliosa analogia fra santità e arte. “La poesia del santo”, egli ha dichiarato, “è la preghiera di contemplare [dappertutto] la bellezza divina”.

Il mistico Servo di Dio va ricordato anche per la sua “calabritudine”:

«Nella mia terra di Calabria, ho rifatto in ginocchio la Via Crucis: son passato per tutti i villaggi, sono sceso in tutti i tuguri, ho transitato per tutte le quattordici stazioni. Ho sentito il singhiozzo della mia gente nel mio povero cuore: la gente di Calabria nel suo itinerario dolorosissimo non ha conforto come Gesù. Ma è Gesù e bisogna confortarlo nella salita necessaria al Calvario».

Per il riscatto dei derelitti don Mottola diviene l’ultimo dei mendicanti e pone un’incondizionata fiducia nel grande cuore della nostra gente:

«Stendo la mano che trema, per tanti e tanti motivi, ma voglio vincere ogni ribellione, e farmi il mendicate di tutti i mendicanti, l’accattone di tutte le strade. Ora che ho visto Gesù passare, ora che l’ho visto bussare alle porte e sedersi in attesa, lungamente serena, che i cuori si aprissero. […]. I cuori dei calabresi si apriranno, con impeto forte di fiamma, con risplendenza divina di luce: la Calabria è generosissima».

Nell’attesa che il “testimone d’amore della nostra Terra” venga elevato all’onore degli altari, soffermiamoci un istante a considerare la sua autentica poesia.