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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 28 MARZO 2024

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Il Reddito di Cittadinanza ha messo alle strette gli imprenditori (?) dello sfruttamento dei lavoratori Molti si lamentano che non trovano lavoratori stagionali, camerieri e altra manodopera per colpa del sussidio statale: basterebbe pagarli dignitosamente e non sfruttarli così tutto si risolve!

Il Reddito di Cittadinanza ha messo alle strette gli imprenditori (?) dello sfruttamento dei lavoratori Molti si lamentano che non trovano lavoratori stagionali, camerieri e altra manodopera per colpa del sussidio statale: basterebbe pagarli dignitosamente e non sfruttarli così tutto si risolve!

La pandemia ha messo in ginocchio molte delle attività economiche, purtroppo il lockdown forzato ha causato non pochi disagi all’economia del paese.
Dopo le riaperture, tali attività hanno subito lamentato la loro difficoltà a trovare lavoratori, sia come camerieri, come addetti alle spiagge, bagnini e operai generici. La colpa, a detto loro, è del “Reddito di Cittadinanza”. Si è diventati “vagabondi” per via del sussidio statale, erogato ai bisognosi secondo alcuni criteri stabiliti per legge.
Però allo stesso tempo non bisogna dimenticare le parole del grande Brecht quando affermò che “La legge è fatta esclusivamente per lo sfruttamento di coloro che non la capiscono, o ai quali la brutale necessità non permette di rispettarla”. Non c’è verità più reale e non solo, corroborata da fatti e dagli eventi.
Al di là delle considerazioni imprenditoriali (o presunti tale), perché un imprenditore che si rispetti e degno del proprio nome, non sfrutta un lavoratore, non lo sottopaga né ad esempio, fa firmare una busta paga con un salario e poi quello stesso salario si dimezza nelle mani del lavoratore (sfruttato). Un vero imprenditore (degno del proprio nome), ha cura del proprio dipendente, lo fa sentire fondamentale per l’azienda e soprattutto non gli lede alcuna dignità umana e sociale. Purtroppo così non è perché molti imprenditori non hanno il benché minimo rispetto dell’uomo prima e del lavoratore dopo, utilizzano modi da macelleria sociale degni di una classe negriera, e non è un luogo comune seppur forte come terminologia perché le cronache giornalistiche in molte occasioni ci consegnano questo spaccato di realtà.
Il Reddito di Cittadinanza nei fatti, diciamolo chiaramente, sta permettendo alle persone di evitare il ricatto dello sfruttamento, come anche quello dell’accettare lavori al limite dello schiavismo per pochi spiccioli (sic!).
E se la classe imprenditoriale è divenuta isterica attaccando continuamente i sussidi statali non è solo perché non trovano manodopera a costo da schiavismo, ma perché si è indebolita fortemente la loro natura di “padroni delle ferriere”. Una sorta di “vampirismo” sociale il quale si lamenta della presunta mancanza di lavoratori, ossia i giovani fannulloni che non vogliono lavorare, preferendo il sussidio.
Ma come dice un noto ristoratore di Frascati sulle pagine dell’Huffington Post, Jacopo Ricci, il problema è che non vengono pagati abbastanza. E lo stesso afferma che ai suoi camerieri offre “contratto con tredicesima e quattordicesima comprese e non ho problemi a trovare personale”. Quanti agiscono così? La colpa è del reddito di cittadinanza o dell’ingordigia di sfruttare giovani lavoratori per trarre profitto, risparmiando sulla manodopera facendogli fare orari di lavoro che nemmeno ai tempi delle piantagioni di cotone in America accadeva? Come ad esempio, pagare lavoratori a 4 euro l’ora con turni e ritmi massacranti, è schiavismo o no? Ecco che si rivela un’assenza di manodopera, si sceglie il sussidio statale quantomeno si salvaguarda la propria dignità di uomo.
Ma anche gli imprenditori non si fanno mancare nulla né disdegnano il reddito di cittadinanza, ad esempio a Terni nel maggio del 2021 c’è stato un imprenditore nullatenente (secondo quanto aveva dichiarato nell’autocertificazione), per avere accesso al RdC, ma nei fatti il “nullatenente” ha svolto attività lavorative e mentre incassava il sussidio, era amministratore e liquidatore di sei società e proprietario di quote pari a 30 mila euro di una settima azienda. L’imprenditore, “povero” e senza fissa dimora, è solo uno dei tanti furbetti dei sussidi statali destinati a sostenere le famiglie in difficoltà.
O come alcuni imprenditori agricoli di Enna, per l’esattezza 7.600 scoperti nel maggio del 2021, si sono dichiarati indigenti, ma allo stesso tempo ottenevano le provvidenze comunitarie della politica agricola e in più il reddito di cittadinanza.
O infine, in ordine di tempo, la questione riguarda anche dei professionisti, come gli architetti di Milano che lavorano in un famoso studio, sfruttati per 500 euro al mese con orari massacranti anche di 15 ore al giorno.
C’è sicuramente un bisogno urgente di un cambio di mentalità perché non è accettabile che i lavoratori devono sottostare ai ricatti morali come, come far stabilire il prezzo dal datore di lavoro ed essere costretti ad accettare per mero bisogno di sopravvivenza, della serie “prendere o lasciare”. Questa storia (triste e drammatica), di oltraggio delle coscienze e delle dignità, è esecrabile.
Basterebbe che tutti, con coraggio, rifiutassero tali offerte indecenti, così i vari imprenditori (presunti negrieri), si ritroverebbero senza dipendenti e sarebbero costretti a chiudere e a capire finalmente la loro importanza. Perché nei fatti, diciamolo chiaramente, sono i dipendenti che producono ricchezza e sono loro le risorse da valorizzare e soprattutto da trattare con la massima dignità.
(GiLar)