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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 01 MAGGIO 2024

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Ieri l’anniversario della morte del senatore Pietro Mancini "E' giusto e doveroso sottolineare, in una fase in cui non è molto diffusa la fiducia dei cittadini nei partiti e nelle istituzioni, la lezione di coerenza, di onestà, di rettitudine, lasciata da Pietro Mancini"

Ieri l’anniversario della morte del senatore Pietro Mancini "E' giusto e doveroso sottolineare, in una fase in cui non è molto diffusa la fiducia dei cittadini nei partiti e nelle istituzioni, la lezione di coerenza, di onestà, di rettitudine, lasciata da Pietro Mancini"
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“I miei funerali dovranno essere, esclusivamente, di rito civile, senza
pompa e senza fiori. Un solo fascio di garofani rossi, di mia moglie e dei
miei figliuoli.
Un carro di terza classe e, sulla bara, la mia toga, simbolo del mio
lavoro, e la bandiera rossa, simbolo della mia fede”.
Dal testamento spirituale del senatore Pietro Mancini (1876-1968).
Ieri è ricorso l’anniversario dell’addio del primo deputato socialista, nel
1921, della Calabria, che fu salutato da un’immensa folla, accorsa in
piazza del vecchio Tribunale di Cosenza, dove l’allora Vice-presidente del
Consiglio dei ministri, Francesco De Martino, lesse, commosso, una bella e
sentita orazione funebre.
E’ giusto e doveroso sottolineare, in una fase in cui non è molto diffusa la
fiducia dei cittadini nei partiti e nelle istituzioni, la lezione di
coerenza, di onestà, di rettitudine, lasciata da Pietro Mancini, che
scrisse: “Non feci mai male a nessuno, anzi indulsi verso coloro, che
tentarono di farmi male. Fui sempre fedele al popolo e a questa fedeltà
debbono crescere i miei discendenti”.

Oltre alla nostra Fondazione – intitolata a Giacomo, il figlio prediletto
del primo prefetto di Cosenza, dopo la Liberazione dai nazifascisti – e
presieduta da Pietro, a cui l’amato nonno affidò il gravoso incarico di
“continuare ed accrescere il patrimonio, morale e intellettuale della
famiglia”- anche le istituzioni, gli enti locali, le Università calabresi
non dovrebbero far scendere l’oblio del tempo e della disattenzione su
illustri personaggi, ormai entrati nella storia del Paese, come Pietro
Mancini e su tanti uomini del secolo scorso, retti e stimati, come lui.
“Don Pietro” – come, con rispetto, chiamavano l’illustre penalista i tanti
clienti, molti, soprattutto i più poveri, assistiti gratuitamente – fu
attivo membro dell’Asseblea Costituente, senatore di diritto nella prima
legislatura post-fascismo e, ancor prima, a Salerno, ministro nei governi
di Bonomi e Badioglio, oltre che stimato professore di filosofia e
penalista di rango.
Nel lungo esilio, impostogli dal dittatore fascista, Benito Mussolini, il
deputato socialista contrasse una grave malattia agli occhi, fino a perdere
completamente la vista.
Ma non perse, mai, sino a quel triste 18 febbraio del 68, quando spirò,
assistito dalla fedele compagna di vita, di sentimenti e di ideali, donna
Giuseppina de Matera, la lucidità e la dignità.

“Fondazione Giacomo Mancini”, Cosenza