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TAURIANOVA (RC), VENERDì 29 MARZO 2024

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I vescovi della Conferenza Episcopale calabra dicono “No ad ogni forma di mafie” Sebbene si parli di Riconciliazione a cui ogni uomo ha diritto quando avviene il pentimento, il proposito di non peccare più e riparare al male commesso, magistero proprio della Chiesa per ricucire il rapporto con Dio

I vescovi della Conferenza Episcopale calabra dicono “No ad ogni forma di mafie” Sebbene si parli di Riconciliazione a cui ogni uomo ha diritto quando avviene il pentimento, il proposito di non peccare più e riparare al male commesso, magistero proprio della Chiesa per ricucire il rapporto con Dio

Di Filomena Scarpati

“No ad ogni forma di mafie” è il titolo del documento contro le mafie, pubblicato lo scorso settembre dalla conferenza episcopale calabra. Un documento che racchiude in se tutta la forza dell’affermazione del bene comune sul male. Sebbene si parli di Riconciliazione a cui ogni uomo ha diritto quando avviene il pentimento, il proposito di non peccare più e riparare al male commesso, magistero proprio della Chiesa per ricucire il rapporto con Dio, il documento tratta con forza liberante la contrarietà ad ogni forma di corruzione e ad ogni forma di mafia. Consta di due parti, la prima riporta principi teologici pastorali e la seconda le linee guida, tra passato, attualità e futuro del cammino sinodale, necessarie a far germogliare il seme cristiano rappresentato dal “buon grano del Vangelo che a volte rischia di essere soffocato dalla zizzania della mafiosità e delle mafie che purtroppo risultano ancora ben organizzate e operanti sia dentro che fuori il territorio regionale” – scrivono i vescovi calabresi. Nella prima parte del documento si legge ancora “Tutti i Pastori e i fedeli interpellati nella fase di preparazione di queste linee guida hanno ribadito le persistenti preoccupazioni comuni circa il “peso della zizzania mafiosa”, che a livello locale prende il nome di ‘ndrangheta, seconda una lettura condivisa, frutto di esperienza sul campo, prima che di considerazioni offerte da studiosi ed esperti”. In queste ultime espressioni, la Chiesa ribadisce la sua assoluta autonomia nel trattare l’argomento, in quanto nel documento si afferma di non rifarsi a considerazioni offerte da studiosi ed esperti, ma di basarsi sull’esperienza personale degli esponenti dell’ecclesia, pur tenendo presente le relazioni sul fenomeno ‘ndranghetista stilate dal Parlamento. Nel terzo paragrafo della prima parte si afferma che “da anni le Chiese in Calabria hanno preso in modo chiaro, fermo e risoluto le distanze da qualunque comportamento di tipo mafioso, senza mai smettere di annunciare e operare perché le donne e gli uomini caduti nel peccato di mafia ascoltino l’appello urgente alla conversione, nonché a compiere opere penitenziali e risarcitorie del male commesso attraverso la giustizia riparativa…….” Il fine del documento, si legge ancora, “rimane piuttosto quello di suscitare nei soggetti, anche se autoesclusi dalla comunione ecclesiale a motivo dei loro peccati (nello specifico riconducibili a quelli di mafia), un moto di pentimento, di conversione, di riparazione e di adesione a forme che aiutino a mettere in atto un contro-movimento di ritorno a Cristo e alla sua parola. Per favorire ciò, è tuttavia necessario aiutare le coscienze anzitutto a prendere atto della profondità e della bruttura del male, che è insito nella gramigna criminale della mentalità e della prassi mafiosa”. Non poteva mancare un paragrafo della prima parte dedicato al discorso di Papa Francesco a Cassano allo Jonio, a sostegno e conferma del condiviso orientamento di cui se ne registra l’incisività della sua parola forte e chiara che va necessariamente riportato: < < La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo chiedono i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare. Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati>> . Tutto il documento, che si invita a leggere, riporta importanti descrizioni che rendono il senso di ciò che sia realmente il fenomeno mafioso e quali le posizioni che la Chiesa abbia assunto nel tempo attraverso la lettura del Vangelo e la netta posizione di distanza e condanna che assume oggi attraverso il pensiero dei Vescovi Calabresi riportato nel documento con le linee guida da osservare e seguire da parte di ogni fedele, religioso o laico impegnato nella Chiesa. “Ribadiamo chiaramente l’incompatibilità assoluta tra mafie e Vangelo, tra tutte le forme di mafie e l’essere cristiano: < >. Atti solamente esteriori di devozione, come il partecipare a processioni, pellegrinaggi, iniziative varie, o eventuali elargizioni generose e benefiche anche nei riguardi delle opere promosse dalla Chiesa, non assolvono nessuno dal peccato di mafia. Circa questa pretestuosa generosità, che fa passare talvolta i mafiosi come benefattori del popolo, piace ricordare la denuncia di San Francesco di Paola al re di Napoli, Ferrante, che gli offriva delle monete d’oro per edificare un convento: < >.
L’ultima parte del documento contiene linee guida da osservare per le autorizzazioni a padrini di battesimi, cresime e testimoni di nozze, di cui si attribuiscono le responsabilità ai parroci se non consone, in quanto sono tenuti a conoscere il comportamento dei parrocchiani. Molto serie anche le indicazioni da osservare per le processioni, le cui trasgressioni ricadrebbero comunque sulle responsabilità dei parroci che si ritrovano a gestire situazioni per le quali spesso mancano di idonea esperienza, anche se l’impegno assunto dalla CEC è quello della continua formazione a tutti gli esponenti della Chiesa, affinché si collabori positivamente per la realizzazione di ogni forma di bene all’interno di ciascuna comunità.