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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 28 APRILE 2024

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I nostalgici della partitocrazia rimettono in discussione le primarie. Che noia!

I nostalgici della partitocrazia rimettono in discussione le primarie. Che noia!

Editoriale di Bartolo Ciccardini e quattro documenti sul problema delle primarie

I nostalgici della partitocrazia rimettono in discussione le primarie. Che noia!

Editoriale di Bartolo Ciccardini e quattro documenti sul problema delle primarie

 

 

Il dibattito attorno alle primarie che si è sviluppato all’interno del Partito Democratico, e che sta coinvolgendo anche gli altri partiti, non è soltanto un aspetto tecnico della scelta dei candidati, ma è soprattutto un termometro della mutazione del sistema politico italiano.

Non a caso le prime primarie che si svolsero in Italia, come abbiamo ricordato in “Dossetti e le primarie”), furono quelle convocate per approvare la candidatura di Dossetti a Sindaco di Bologna. Dossetti era stato proposto dal Cardinale Lercaro nel 1956 come candidato esterno del mondo cattolico (era uscito dalla DC ed aveva fondato l’Istituto di Studi Religiosi).

Era una mossa straordinaria, insolita e persino irregolare, estranea al sistema politico, allora fortemente e duramente incentrato sui Partiti. Dossetti accettò, per obbedienza, il compito affidatogli, ma per rispetto alle regole con le quali i partiti selezionavano la classe dirigente, volle che la sua candidatura, esterna al sistema politico, fosse legittimata da una elezione primaria.

Per capire questo passaggio dobbiamo tenere conto di come funzionava quel sistema dei partiti, che al momento del loro declino sarà chiamato “partitocrazia”. Il dibattito politico era condizionato dalla presenza di partiti ideologici, che erano portatori di valori, di culture e di programmi ben definiti. Il rapporto fra i partiti e la società era un rapporto di “avanguardia”: i partiti proponevano delle scelte precostituite ed impegnative che venivano ratificate dall’elettorato. La scelta dei candidati era all’interno dei partiti ed era dettata da una gerarchia che si era formata nelle battaglie proprie alla militanza di partito. Al momento del tracollo del fascismo i partiti antifascisti, che avevano tenuto in vita una cultura democratica precedente al fascismo, erano sicuramente delle aristocrazie rispetto ad una società che era stata egemonizzata e fuorviata da miti antidemocratici di superiorità razziale, nazionale, ideologica. Era in qualche modo fondata l’idea che i partiti fossero migliori della società, ne fossero l’avanguardia, ne formassero la classe dirigente.

Le primarie nascono in tutt’altra atmosfera e situazione storica. La società della più antica democrazia moderna, la società americana, è una società aperta, alla conquista di vasti territori, con la necessità di far convivere origini culturali e pratiche religiose diverse con opinioni politiche pragmatiche necessarie ad una nazione in costruzione. In questa situazione sono i valori sociali che danno luogo alla costruzione della democrazia, che influenzano o addirittura dettano il programma dei partiti. E data la vastità del territorio e la grande circolazione degli individui all’interno del territorio, i partiti sono un servizio al formarsi delle opinioni politiche e non sono le avanguardie destinate a influenzare la società civile. Il sistema dei valori è diffuso nella società e si trasmette alla “macchina” politica, la quale non seleziona una sua classe dirigente, ma si fornisce sistematicamente dalla classe dirigente della società civile, legata alle università, al sistema economico, alle professioni e perfino al servizio statale e militare.

La scelta dei Presidenti viene fatta nel campo dei professori di università, degli economisti, dei professionisti e dei generali che hanno compiuto imprese militari.

Non è una selezione che ha luogo nel partito, ma è una selezione che ha la sua sede naturale nella opinione pubblica. Questa è l’origine vera delle primarie, come strumento di scelta di una classe dirigente da offrire ai partiti.

È stato naturale che nella vicenda italiana, si sia pensato alle primarie nel momento della crisi dei partiti.

Quando il sistema valoriale dei partiti (sistema che era stato pur sempre alla base della redazione della Costituzione e principio di una classe dirigente democratica di alto valore) entrò in crisi ci fu un vasto movimento volto a riportare la società civile alla direzione dell’iniziativa politica. I valori di dialogo, di innovazione, di capacità imprenditoriale volta ai mercati internazionali, di coscienza delle nuove regole globali, che si erano sviluppati nella società italiana, portarono alla formazione di gruppi politici, che erano più contenitori di esigenze che non avanguardie portatrici di ideologie. Fu in quella fase che vennero riscoperte le primarie come strumento di scelta e di selezione della classe dirigente.

Le primarie si scontrarono subito con le abitudini legate alle vicende dei partiti e nonostante che la crisi delle ideologie avesse portato allo scioglimento ed alla cancellazione di partiti, tuttavia in molti rimase il riflesso condizionato della disciplina di partito, della gerarchia di partito, della scelta della linea politica attraverso la direzione del partito, che non la visione aperta del meccanismo trasparente che viene messo a disposizione di una società liquida: il partito post-moderno e post-ideologico.

Le obiezioni che, con molta pigrizia, si muovono alle primarie, sono sorprendenti, anche se obiettivamente vere. Come impedire che il cittadino di parte avversa possa influenzare la scelta degli elettori di un partito, avendo la possibilità di votare alle primarie? Il pericolo in teoria esiste ed in un sistema giuridico e normativo come il nostro, per il quale è illecito tutto quello che non è permesso, appare imprudente e gravemente lesivo il fatto di lasciare a chiunque abbia il diritto di voto, la possibilità di influire nelle scelte di un partito diverso. Ma, in pratica, il pericolo non esiste, perché la scelta personale nelle primarie è coinvolgente ed appassionante ed è più facile che un cittadino che non appartiene al partito, dopo aver partecipato alla scelta del candidato di quel partito, si convinca a votare quel candidato, che non il pericolo che il suo voto si trasformi in un’influenza negativa. Si è visto spesso che chi ha vinto le primarie, anche con sorpresa, è riuscito a trascinare anche i voti esterni in proprio favore, in modo da determinare la vittoria elettorale.

La regola non scritta è che, chi vince le primarie, vince anche le elezioni.

Questa trasformazione così “liquida” della pubblica opinione in scelta politica mette ansia a chi vede nella normativa regolamentare costrittiva ed onnipresente la garanzia della legittimità politica. In realtà la vera garanzia della legittimità politica, non sta nel rispetto delle norme regolamentari, ma piuttosto nella trasparenza dei moti sociali, attraverso i meccanismo messi a disposizione dalla democrazia. Così vinse Prodi. E dovremmo dare a lui il riconoscimento che avendo introdotto le primarie ha permesso un sussulto liberatorio in cui la sinistra e l’innovazione hanno potuto vincere anche in un Paese vecchio, impigrito, stanco ed impoverito di valori.

I sofisti della partitocrazia ed i nostalgici del sistema gerarchico rimproverano alle primarie di Prodi di essere state primarie prefabbricate, vale a dire primarie di cui si conosceva già il vincitore scelto dai vertici del Partito. L’errore di questa valutazione sta proprio nella incomprensione del meccanismo di formazione della volontà generale attraverso la scelta palese. Seppur fosse vero che la candidatura di Prodi alle primarie era appoggiata dai vertici del partito che avrebbero potuto fare da soli questa scelta, senza sottoporla alle primarie, è anche vero che la scelta popolare ha dato una così forte legittimazione alla candidatura da permettere a Prodi di vincere nel 1996. E se Rutelli avesse fatto le primarie, avrebbe vinto nel 2001.

In questo sta il grande valore democratico delle primarie.

Bartolo Ciccardini

Quattro documenti sul problema delle primarie

1. Lettera a Romano Prodi del 20 settembre 2004

(a proposito di un programma da svolgere per realizzare le primarie)

2. Lettera a Romano Prodi del 1° Novembre 2004

(altri accorgimenti per rendere efficace l’adozione delle primarie)

Cliccando: http://www.bartolociccardini.it/articoli/articolo.asp?titolo=Due+lettere+a+Romano+Prodi+per+indurlo+a+fare+le+primarie+per+le+elezioni+del+2006

3. “Dossetti e le primarie”

Articolo pubblicato su “L’Unità” del 26 Dicembre 2005

Cliccando: http://www.bartolociccardini.it/articoli/articolo.asp?titolo=Dossetti+e+le+primarie+nel+56+%28L%27Unit%E0+del+23+12+05%29

4. La Rassegna Stampa dell’Istituto De Gasperi di Bologna sulle primarie cliccando su: http://www.camaldoli.org/wp-content/uploads/2012/10/Primarie-RASSEGNA-STAMPA-Istituto-De-gasperi.pdf