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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 20 MAGGIO 2024

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FP-Cgil, “Sanità: manca il confronto regionale” In ragione di ciò, abbiamo richiesto al Commissario, al Subcommissario e al Direttore generale del Dipartimento salute una richiesta di confronto sulle Linee guida relative alla prossima redazione degli Atti aziendali che, al momento, non ha trovato riscontro

FP-Cgil, “Sanità: manca il confronto regionale” In ragione di ciò, abbiamo richiesto al Commissario, al Subcommissario e al Direttore generale del Dipartimento salute una richiesta di confronto sulle Linee guida relative alla prossima redazione degli Atti aziendali che, al momento, non ha trovato riscontro

I problemi della Sanità, ben noti in Calabria, sono frutto di molteplici fattori che più volte
abbiamo analizzato, ma, tra gli altri, riteniamo che spesso il mancato confronto, rinviato o
eluso dai vertici regionali, abbia generato, e si rischia che continui a farlo, quei problemi di
organizzazione che rappresentano il baricentro delle condizioni di criticità ancora irrisolte.
In ragione di ciò, abbiamo richiesto al Commissario, al Subcommissario e al Direttore
generale del Dipartimento salute una richiesta di confronto sulle Linee guida relative alla
prossima redazione degli Atti aziendali che, al momento, non ha trovato riscontro.
Il DCA n. 54/2023 – Linee Guida regionali per l’adozione degli atti aziendali, appena
emanato, necessita, dal nostro punto di vista, di immediate e profonde modifiche.
A nostro avviso le suddette Linee Guida e lo stesso Atto Aziendale già approvato di Azienda
Zero sono in palese contrasto con le funzioni dell’azienda Zero definite dall’art. 2 della
Legge regionale 15 dicembre 2021, n. 32 (Istituzione dell’ente di governance della sanità
regionale calabrese denominato “Azienda per il Governo della Sanità della Regione Calabria
– Azienda Zero” – BURC n.107 del 20 dicembre 2021) pertanto violano di fatto una legge
emanata dal Consiglio Regionale della Regione Calabria.
Nello specifico vengono assegnate ad una Azienda con vocazione amministrativa e di
supporto programmatorio ad esempio n. 24 strutture complesse e un numero considerevole
di strutture semplici e di strutture a valenza dipartimentale di fatto sottratte alle funzioni
organizzative e gestionali delle aziende del sistema sanitario regionale calabrese in
contrasto con quanto stabilito dal DM 70/2016 e dal DCA 64/2016.
Le strutture assegnate ad Azienda Zero sono a nostro avviso sproporzionate. Basti pensare
che l’Azienda Zero prevede una dotazione organica complessiva di circa 240 unità di
personale. Facendo le dovute proporzioni con una azienda sanitaria territoriale di piccole
dimensioni come, ad esempio quella di Crotone con 1600 unità di personale la stessa
dovrebbe avere assegnate, in proporzione ( X = 24 x 1600/ 250 =153, 6), almeno 150
strutture.
Inoltre, non si capisce e non si giustifica perché le linee guida siano state emanate prima
dell’atto di riorganizzazione della rete ospedaliera che, in base a quanto stabilito dalla “road
map” definita dal programma operativo, dovevano aver già prodotto entro dicembre scorso,
la revisione del DCA n. 64 ovvero l’atto di riorganizzazione dell’intera rete ospedaliera della
Regione Calabria.
Stando così le cose, con la riorganizzazione del sistema sanitario regionale si rischia di
depauperare le potenzialità organizzative e gestionali di tutte le aziende sanitarie riducendo,
di fatto, anche le opportunità di carriera e di valorizzazione professionale dei professionisti
sanitari necessari per il rilancio dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri da erogare agli
utenti.
Senza nulla togliere alle capacità professionali dei “Medici Cubani”, stiamo di fatto
condannando il sistema sanitario regionale ad un processo di reclutamento basato solo sulla
remunerazione economica delle prestazioni e non ad un vero processo di riorganizzazione
basato sulla valorizzazione strutturata delle competenze professionali.
In subordine a quanto suddetto entrando nello specifico delle proposte delle linee guida si
evidenzia che, nel determinare il numero delle strutture complesse e semplici, osserviamo
che si fa uso della distinzione tra strutture “ospedaliere” e “non ospedaliere”, il che
produrrebbe una penalizzazione dei servizi territoriali.
Infatti – dopo avere individuato il numero complessivo regionale di strutture complesse
“ospedaliere”, in ragione dei posti letto (17,5 sono quelli previsti dal Comitato LEA) e di
quelle “non ospedaliere”, in ragione del numero di abitanti (9.158 residenti per regioni con
popolazione <2,5 milioni) – si prevedono strutture “non ospedaliere” anche all’interno delle
aziende ospedaliere e, presumibilmente, anche dei presidi ospedalieri direttamente gestiti
dalle aziende territoriali.
Tale distribuzione non è conforme agli standard nazionali, per come emanati a seguito della
seduta del 26 marzo 2012 del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli
essenziali di assistenza, che precisa doversi definire Strutture Ospedaliere le “Strutture
all’interno dei presidi ospedalieri a gestione diretta delle ASL, delle aziende ospedaliere,
delle aziende ospedaliere universitarie e degli IRCCS pubblici”.
Il risultato di tale differenziazione è che ben 27 strutture complesse “non ospedaliere”
verranno sottratte ai servizi territoriali perché assegnate alle Aziende Ospedaliere,
compresa la costituenda Azienda Ospedaliera Universitaria e un numero imprecisato di
strutture saranno considerate “non ospedaliere” pur essendo collocate all’interno dei presidi
ospedalieri delle ASP.
Risulta evidente che in tal modo il territorio, già scarsamente dotato di strutture e con poca
esperienza organizzativa riguardo il lavoro di gruppo, verrebbe depotenziato. Inoltre,
sarebbero ulteriormente ridotte le risorse umane destinate ai servizi territoriali, atteso che,
per definizione, le strutture complesse per essere tali devono essere dotate di un numero
adeguato di unità di personale, che, invece, sarebbe per la maggior parte destinato agli
ospedali.
Riteniamo che questa programmazione perpetuerà quella visione ospedalo-centrica che ha
mostrato tutti i suoi limiti nel fronteggiare la pandemia, finendo per modificare la stessa
missione dell’ospedale, oltre che mettere a rischio la salute e la vita dei cittadini, anziché
promuovere un sistema integrato ospedale-territorio.