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Fabio Scionti incontra Marinella e Faber si rivolta dalla tomba

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“Questa di Marinella è la storia vera. Che scivolò nel fiume a primavera. Ma il vento che la vide così bella. Dal fiume la portò sopra a una stella…”, così il grande Faber, una leggenda della canzone d’autore, scrisse questa sublime canzone che contribuì a quella che oggi rappresenta l’eternità nella storia della musica italiana.
Come un profeta De Andrè sembrava che sapesse quello che stava per accadere a Taurianova, a distanza di cinquant’anni dalla nascita di questa sua creatura che ha sconfitto il tempo, rendendola sempre attuale. Perché leggendo la seconda strofa recita, “Sola e senza il ricordo di un dolore. Vivevi senza il sogno d’un amore. Ma un re senza corona e senza scorta. Bussò tre volte un giorno alla tua porta…”. Straordinario. Il “re senza corona e senza scorta” è Fabio Scionti! A chi legge potrà sembrare un delirio di fine estate, il mio, ma non è così. Perché il 27 agosto scorso viene approvata una delibera di Giunta, la n. 136, con oggetto «Atto di indirizzo per progetto culturale “La storia di Marinella – Taurianova”». Nei fatti, come dice la delibera stessa, si rifà alla “vera” storia di Marinella che sembra essere una ragazza nata a Radicena, Maria Boccuzzi la quale fece una brutta fine perché uccisa e gettata in un fiume nel genovese.
Questa ragazza, da come si legge nella delibera (e non c’era bisogno per noi amanti delle canzoni di Faber), nasce a Radicena nel 1920 e va via da Taurianova all’età di nove anni. A nove anni non so cosa potesse sapere di Taurianova (nata nel 1928), e se all’età di 33 anni quando morì ancora se la ricordasse. Perché De Andrè con tutto il rispetto dell’autore del libro cui la delibera prende spunto, in un’intervista di Vincenzo Mollica (facilmente reperibile sul web, ma noi fans di Faber già lo sapevamo, almeno quelli della Zaccheria originale, ovvero della via F. Sofia Alessio), risponde che La canzone di Marinella, “É nata da una specie di romanzo familiare applicato ad una ragazza che a 16 anni si era trovata a fare la prostituta ed era stata scaraventata nel Tanaro o nella Bormida (è il copia e incolla della delibera approvata Ndr), da un delinquente. Un fatto di cronaca nera che avevo letto a quindici anni su un giornale di provincia. La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte”. Attenzione alle parole di Faber, “ho cercato di reinventarle una vita e di addolcire la morte” (sic!). Tant’è che il cantautore sorprendendosi del successo immenso di quest’opera musicale afferma che “Probabilmente il fatto che Marinella facesse rima con parole come bella, come stella l’ha resa più fortunata di altre”. La canzone nata da una “reinvenzione” della storia per chi non lo sapesse, fu portata al successo da Mina, così, per dovere di verità. Maria Boccuzzi, prostituta di origini calabresi, viene uccisa nel maggio del 1953, De Andrè ne “addolcisce la morte” quattordici anni dopo, mentre cinquantadue anni dopo la nascita della canzone, Fabio Scionti ne vuole fare una “fiction” con “attori e figuranti”. Ma leggete cosa viene scritto nella delibera «“La storia di Marinella” offre lo spunto molto più prosaico per una indagine storico giornalistica che
partendo dalla tragica vicenda Boccuzzi inquadri la realtà calabrese degli anni 40 e 50 fino agli inizi degli anni 60, caratterizzata dalla diffusa povertà del ceto bracciantile, dall’utilizzo usurante della forza lavoro bracciantile per lo più impiegata – in migliaia di unità – nella raccolta delle olive e in altri lavori agricoli, quali la raccolta degli agrumi e, sul versante jonico, del gelsomino, con condizioni di vita talmente dure e con salari insufficienti al mantenimento di un tenore di dignitosa povertà che giustificarono – soprattutto nei soggetti di più giovane età la scelta di emigrare nelle popolose città del Settentrione d’Italia nella speranza di costruire per se un futuro migliore venendo però – in numerosi casi – risucchiate dopo essere state illuse e sedotte nella spirale della violenza e della prostituzione, ristrette nei postriboli, schedate in questura negli archivi della Buoncostume – e talvolta – come per Maria Boccuzzi, uccise». Ma che cazzarola c’entra tutto questo con la canzone di Faber? Braccianti agricoli do olive e agrumi, e scusate la focaccia genovese no? Ma se è lo stesso autore a spiegare il senso della canzone come una “ballata” d’amore per una tragica morte. Come se facessimo una fiction ispirata dalla canzone del maestro Guccini, “Canzone per un’amica”, perché la fretta, lo stress e la frenesia quotidiana ci fanno andare veloci con le automobili, rischiando tutti di morire in un incidente stradale, e siccome negli anni venti si viaggiava sopra i somari, il rischio dei braccianti agricoli e dei raccoglitori di olive, erano quelli più a rischio di tamponamenti tra somari (e di somari anche nel terzo millennio…), e il “modulo cid” non esisteva, quindi ci vorrebbe anche una fiction per il “modulo cid”.
Però, dico però, al di là di ogni ragionevole dubbio e di scuse obbligate a Faber che tra le altre cose ricorre il ventesimo anno della sua morte. Al di là, sempre da ogni ragionevole dubbio, ma c’è già chi dovrebbe fare questa “fiction”? Dico…dico…dico…c’è già un nome che dovrebbe fare questa “fiction”…magari a spese dell’Ente? Non credo che il comune spenda questi soldi per sciocchezze del genere, vero? Così, domanda di andreottiana memoria sul “pensar male”…anche se so, che voi tutti ve ne strafotterete, come al solito di me, di tutti e così sia…ma, abbiamo già individuato chi? Dico…dico…dico…?
“Questa è la tua canzone Marinella che sei volata in cielo su una stella e come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno , come le rose e come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno come le rose”…rose da (La)rosa (come me ndr), e non Scionti!