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TAURIANOVA (RC), SABATO 27 APRILE 2024

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Epicedio per un amico che si allontana Un ricordo del giudice Giancarlo Giusti

Epicedio per un amico che si allontana Un ricordo del giudice Giancarlo Giusti
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Se è vero che le nostre radici traggono alimento dal passato e che il presente – come i fatti dimostrano – è portato a dimenticare, questo breve ricordo cercherà di soddisfare un debito morale verso certe persone che ci lasciano una memoria storica e d’affetti.
Ho conosciuto personalmente il giudice Giancarlo Giusti alla fine degli anni novanta del secolo trascorso, in un convegno di studi giuridici al quale ero stato invitato quale giudice onorario del Tribunale di Palmi.
Mi piacque particolarmente la lucida e fine intelligenza che manifestava nell’eloquio, pregna di riferimenti letterari e giuridici intessuti in una trama rigidamente logica che affabulava anche il più arrogante erudito o disinteressato astante.
Da quell’incontro, si instaurò un forte legame intellettuale mai sopito, ed anzi alimentato alternativamente, anche a seguito di mutevoli vicissitudini familiari che ci videro avvolti e sospinti verso lidi che lasciavano poco spazio a convivi letterari.
Rievocarlo non significa compiere un’operazione retorica, né tanto meno strumentale in senso culturale o ideologico, bensì riproporre momenti che hanno contribuito a definire un percorso di vita che, per quanto deprecabile, ha certamente contribuito a lasciare un segno.
Giancarlo Giusti era un fine giurista appartenente civilisticamente alla scuola giuridica di Paolo Cendon nonché sagace studioso di questioni inerenti ai soggetti deboli e all’illecito nella veste di collaboratore di lavori collettanei.
Lo stesso professore Paolo Cendon nel descriverlo gli attribuiva: “Freschezza culturale, apertura della mente, gusto per le novità meritevoli di attenzione; curiosità istintiva, amore per i larghi orizzonti ricostruttivi, fantasia nel mettere insieme le cose.
Per dirne una: Giusti è stato da subito un esistenzialista nei suoi approcci alla responsabilità civile: un interprete pronto a far rifluire entro le categorie giuridiche gli aspetti umani e immediati dei torti, delle compromissioni ingiuste. Spinto cioè a vedere nelle vittime non già le marionette di qualche algoritmo scolastico, bensì realtà pulsanti, immerse in ben precisi contesti di tipo relazionale, affettivo, associativo, partecipativo, ricreativo”.
Giancarlo Giusti era un grande interprete dell’epopea interpretativa risarcitoria, non riducibile agli standard del buon tecnicismo esegetico o illustrativo.
Quello che ho sovente avvertito in lui è il dato di una grande sensibilità umana: la propensione a afferrare al volo i lembi vulnerabili nel suo prossimo, l’impronta leggera e delicata commista ad una innata indulgenza nel fronteggiare ogni passaggio difficile.
Il giudice Giancarlo Giusti viveva una inquietudine che commista ad una innata ingenuità, non gli ha consentito di arginare le sue passioni ridisponendosi nella sua connaturata e talentuosa carreggiata che l’avrebbe condotto verso realtà molto più consone alla sua geniale natura.
Con Giancarlo ci accomunava l’amore puro e nobile per i figli, me ne parlava tutte le volte che ci incontravamo in passato tra i meandri tribunalizi e le attuali, spensierate e sempre più rare discussioni letterarie con l’ausilio di messaggi multimediali.
Addio Giancarlo.