Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), VENERDì 19 APRILE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Emergenza Covid, Scuola, “la didattica in presenza non influisce sull’aumento dei contagi” Dal report si evince, attraverso le cifre del Miur, delle Asp e della Prociv che, “il tasso di positività al Coronavirus è inferiore all’1% tra gli studenti sottoposti al tampone”

Emergenza Covid, Scuola, “la didattica in presenza non influisce sull’aumento dei contagi” Dal report si evince, attraverso le cifre del Miur, delle Asp e della Prociv che, “il tasso di positività al Coronavirus è inferiore all’1% tra gli studenti sottoposti al tampone”

“Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza, ci insegnò Seneca ed a proposito di questo, è uscito un interessante articolo sulle pagine del Corsera a firma di Elisabetta Andreis, ovvero uno studio sulla correlazione tra contagi e lezioni in presenza che nei fatti smentiscono tutti i “castastrofisti” del momento, compreso alcuni governatori regionali, tra questi anche il nostro Nino Spirlì. Siamo in Calabria e l’analogia del caso ci impone obblighi di preferenza regionale…
“Non c’è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza”.
Lo studio in questione è stato condotto da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici tra cui Sara Gandini dello Ieo di Milano e la conclusione è che “Il rischio zero non esiste ma sulla base dei dati raccolti possiamo affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio”.
Tali studi hanno avuto il compito di analizzare i dati del Miur e li incrocia con quelli delle Aziende sanitarie e della Protezione civile fino a coprire un campione iniziale pari al 97% delle scuole italiane: più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti. Così si è arrivati a dire che “I numeri dicono che l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all’apertura delle scuole”.
Ovvero che il tasso di positività dei ragazzi rispetto, al numero di tamponi eseguito, è inferiore all’1%, ma c’è di più, “la loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sui famigerati indici Kd e Rt. Ad esempio a Roma le scuole aprono 10 giorni prima di Napoli ma la curva si innalza 12 giorni dopo Napoli, e così per moltissime altre città”.
Inoltre gli studenti nella trasmissione del coronavirus è marginale, in quanto “i giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti, veri responsabili della crescita sproporzionata della curva pandemica. E questo si conferma anche con la variante inglese”. In altre parole i focolai da Sars-Cov-2 che accadono in classe sono molto rari (sotto il 7% di tutte le scuole) e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente non è statisticamente rilevante. Quattro volte più frequente che gli insegnanti si contagino tra loro, magari in sala professori, “ma questo è lo stesso rischio che si assume, ad esempio, in qualunque ufficio”.
Ed “In mancanza di evidenze scientifiche dei vantaggi della chiusura delle scuole, il principio di precauzione dovrebbe essere quello di mantenere le scuole aperte per contenere i danni gravi, ancora non misurabili scientificamente in tutta la loro portata e senz’altro irreversibili sulla salute psicofisica dei ragazzi e delle loro famiglie. La scuola dovrebbe essere l’ultima a chiudere e la prima a riaprire”, afferma in modo deciso Gandini, tra l’altro promotrice con il medico Paolo Spada del gruppo di scienziati “Pillole di ottimismo”, con centinaia di migliaia di sostenitori sui social.
“Ci sono rischi anche nel tenere così a lungo chiuse le scuole. In Italia gli adolescenti delle superiori sono andati a scuola mediamente, quest’anno, solo 30 giorni in tutto”.
Poiché nel dettaglio, analizzando i tassi di contagio della popolazione per fasce d’età a partire dai mesi autunnali, l’incidenza di positivi tra gli studenti è inferiore di circa il 40% per le elementari e medie e del 9% per le superiori rispetto a quella della popolazione generale. A fronte di un elevato numero di test effettuati ogni settimana negli istituti, meno dell’1% dei tamponi eseguiti sono risultati positivi. Infine, alla riapertura delle scuole non è corrisposta una crescita della curva pandemica: “i ragazzi non possono quindi in nessun modo essere definiti responsabili o motore della curva”.
Cerchiamo anche noi di non creare allarmismi, ma in una condizione pandemica cercare di porre in essere un momento di speranza contro quel “terrorismo psicologico” delle “terapie intensive piene”, di pessimo gusto e inopportuno in un contesto dove la speranza è diventata l’altro “vaccino”, molto utile, per il futuro di questo paese.
(GiLar)