banner bcc calabria

Diagnosi errata a magistrato morto in Svizzera con il suicidio assistito: famiglia chiede indagini

banner bcc calabria

banner bcc calabria

Clamorose novità nel caso del magistrato che prestò servizio a Catanzaro, Pietro D’Amico, e che lo scorso mese di aprile decise di togliersi la vita in una clinica Svizzera dopo che gli era stata diagnosticata una malattia incurabile. I risvolti sono emersi dall’autopsia che era stata sollecitata dalla famiglia del professionista vibonese

Diagnosi errata a magistrato morto in Svizzera con il suicidio assistito: famiglia chiede indagini

Clamorose novità nel caso del magistrato che prestò servizio a Catanzaro, Pietro D’Amico, e che lo scorso mese di aprile decise di togliersi la vita in una clinica Svizzera dopo che gli era stata diagnosticata una malattia incurabile. I risvolti sono emersi dall’autopsia che era stata sollecitata dalla famiglia del professionista vibonese

 

CATANZARO – Nell’aprile scorso aveva scelto il suicidio assistito affidandosi a una clinica di Basilea, in Svizzera. Oggi però l’autopsia chiesta alla magistratura svizzera dalla figlia e dalla moglie del magistrato Pietro D’Amico, 62 anni, di Vibo Valentia, dal 1995 sostituto procuratore generale della Procura di Catanzaro, ha escluso perentoriamente l’esistenza di quella grave e incurabile patologia dichiarata da alcuni medici italiani e asseverata da alcuni medici svizzeri e che ha spinto il giudice a chiedere il suicidio assistito.
I nuovi e sofisticati esami di laboratorio sui reperti prelevati dal corpo del magistrato sono stati effettuati dall’Istituto di Medicina legale dell’Università di Basilea che ha eseguito gli esami alla presenza del perito di parte della figlia e della moglie del magistrato. L’errore scientifico che ha portato a conseguenze fatali potrebbe ora spingere la magistratura italiana e quella svizzera ad accertare se i sanitari italiani, autori dell’errata diagnosi, siano responsabili per errore medico dovuto ad imperizia, negligenza ed imprudenza. Il legale della famiglia, l’avvocato Michele Roccisano, sostiene infatti che per accertare l’esistenza della patologia di specie, i medici “avrebbero dovuto sottoporre il paziente ad esami strumentali specifici prescritti dalla scienza medica, esami a cui il magistrato Pietro D’Amico non fu però mai sottoposto”.