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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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“Dai giovani di Madrid e New York una richiesta di moralità”

“Dai giovani di Madrid e New York una richiesta di moralità”

“Il mito del benessere è stata la frontiera ingannevole su cui è caduta la dignità umana”

di CORRADO TOCCI

“Dai giovani di Madrid e New York una richiesta di moralità”

“Il mito del benessere è stata la frontiera ingannevole su cui è caduta la dignità umana”

 

 

La comunicazione “ufficiale” controllata dai Governi e dai “padroni” delle borse cerca di minimizzare la contestazione pacifica che decine di migliaia di giovani stanno portando avanti contro l’attuale sistema socio-economico.

Si arriva al paradosso di alcuni esponenti politici americani che rispolverano il vecchio maccartismo con la speranza di distogliere l’attenzione dei cittadini dalla serietà delle tematiche che questi giovani portano avanti con l’unico obiettivo di avere gli stessi  diritti di cittadinanza dei padri.

Sicuramente la strategia dei poteri forti non potendo attirare l’attenzione dei cittadini americani sul nemico di turno, attraverso una nuova guerra, certamente individuerà nuovi nemici interni sui quali focalizzare l’opinione pubblica con il supporto della comunicazione ufficiale.

Per capire il futuro prossimo è importante capire le esigenze delle nuove generazioni e come queste sono state negate da un neoliberismo ottocentesco globalizzato.

A prima vista potrebbe sembrare che questi giovani rifiutano il progresso, ma ascoltando i loro slogan e leggendo i loro cartelli ci si rende conto che  non rifiutano il progresso autentico, essi rifiutano il falso progresso, la religione del progresso, la produzione di squilibri che nasce dalla corsa a nuovi possessi.

Le nuove generazioni chiedono di elevare “il tasso di umanità”, per evitare che si perpetuino miti ingannevoli di cui si circonda il potere o i poteri.

Il mito del benessere è stata la frontiera ingannevole su cui è caduta la dignità umana, il senso della vita, i rapporti umani.

E’ stata la scuola dei desideri in cui ad ogni desiderio ne seguiva un altro fino ad una specie di insaziabile volontà di possesso.

Quel mito è stata la sconfitta dell’umano e l’esaltazione dell’avere. La civiltà non viene misurata dai valori ma dalla quantità: dall’egemonia dei mezzi.

Questa domanda di moralità da parte dei giovani che sfilano è una domanda politica perché la politica si liberi da una moderna forma di machiavellismo che promuove una prassi ben lontana dall’etica e copre tutti  i compromessi nei quali è caduta e cade.

La giustizia non può che essere umana, non solo in senso soggettivo ma anche in senso universale ed è su questo fondamento che può sorgere una comunità di uomini liberi, non sudditi inerti, indifesi, in fuga.

Una casa non  è una necessità perché senza un tetto non si può vivere, ma serve per creare un ambiente dove si apprendono le prime lezioni di vita, si educa alla legge degli affetti, al servizio sociale.

Un lavoro non è un mezzo per liberare l‘uomo dalla tentazione di arruolarsi nella società del crimine e neppure per promuovere solo un progresso economico, ma per permettere all’uomo di estrinsecare le sue virtù utilizzando al meglio i suoi talenti.

Un uomo che non lavora non è libero, non perché non ricava i mezzi per vivere, ma perché chi è senza lavoro non può esprimere le sue potenzialità, una società che si preoccupa di non dissipare le fonti energetiche non rinnovabili e non si preoccupa dell’azzeramento delle “energie umane”.

Questi giovani hanno compreso che era ora di rioccuparsi della “comunità civile” togliendola dalle mani dei professionisti della politica.

Tuttavia bisogna che la “professionalità politica” che costituisce la malattia della classe dirigente, come tutte le professioni, si riqualifichi, sia in grado di attuare una grande rivoluzione politica il cui primo elemento sia la questione delle nuove generazioni.

Se questo avverrà i giovani increduli, scettici cominceranno a trovare il filo della speranza.

Una rivoluzione che sia capace di conciliare visione economiche e visioni sociali: perché la produttività sociale non è una perdita, ma stenta ad emergere malgrado le profonde interconnessioni che legano tra loro mercato, stato, società civile, qualità della vita e ambiente.

CORRADO TOCCI

SEGETARIO POLITICO POPOLARI GLOCALIZZATI

redazione@approdonews.it