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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Cisal: “Urge una nuova politica di gestione del sistema pensionistico”

Cisal: “Urge una nuova politica di gestione del sistema pensionistico”

“Libertà di pensionamento per i più anziani per favorire la libertà di lavoro dei giovani”

Cisal: “Urge una nuova politica di gestione del sistema pensionistico”

“Libertà di pensionamento per i più anziani per favorire la libertà di lavoro dei giovani”

 

 

La legge Fornero si sta rivelando sempre più, giorno dopo giorno, in tutta la sua
drammatica iniquità, acuendo la forbice tra una classe lavorativa – specialmente
all’interno della pubblica amministrazione – suddivisa tra anziani impiegati sempre
più a lungo e giovani che entrano sempre più tardi nel mondo del lavoro, e molto
spesso da precari permanenti..

Quanto la CISAL, in tempi non sospetti dichiarava con forza che per favorire il lavoro
giovanile, è necessaria libertà di pensionamento per anziani, sembrava quasi una
voce stonata fuori dal coro.

Oggi, non senza un briciolo di “amara” soddisfazione, constatiamo – ad affermarlo
è Paola Saraceni, Segretario Generale del Dipartimento Ministeri, Sicurezza e P.CM.
di Cisal Fpc – che ciò sembra essere divenuto patrimonio e pieno convincimento di
molti.

Il panorama odierno del mondo del lavoro è, come noto, assai poco rassicurante, tanto
per chi già lavora da decenni e vede ancora lontanissima la prospettiva di una pensione
– senza sapere poi a quanto ammonterà – quanto e soprattutto, per centinaia di migliaia
di giovani, condannati – stando così le cose – ad una precarietà permanente.

I provvedimenti in materia pensionistica di questi ultimi anni, hanno determinato
lo spostamento in avanti dell’età pensionabile, aumentando – in alcuni casi anche
considerevolmente -il numero di anni di contribuzione necessaria per maturare il
diritto in esame.

Per questo motivo, occorre ipotizzare una nuova politica di gestione delle pensioni
e dei pensionamenti, che riesca a coniugare da un lato l’esigenza di lavoratori anziani
che necessiterebbero di un’uscita dal mondo del lavoro in un’età che consentisse
loro di assecondare i tempi e le esigenze della famiglia, valorizzando la loro esperienza
di vita, nei confronti dei figli e dei nipoti; dall’altro, l’esigenza di chi un lavoro
non c’è l’ha e – continuando così le cose – ben difficilmente lo avrà.

Ci riferiamo a quei moltissimi giovani – prosegue Paola Saraceni – che oggi bloccati
da quei tardivi pensionamenti, non sono affatto facilitati ad entrare nel mondo del
lavoro e, loro malgrado, prolungano la loro permanenza a casa dei genitori fino a
30, 35, a volte anche 40 anni ed oltre.

In pratica– precisa il Segretario Generale Saraceni in termini molto semplici -,
si tratterebbe di ipotizzare forme di flessibilità in uscita, basate su un sistema
di penalizzazione e premialità che, in riferimento all’ammontare dell’assegno pensionistico,
consentissero comunque l’uscita dal mondo del lavoro in un’età compresa – ad esempio
– tra i 62 ed i 70 anni, andando così incontro a esigenze molto diversificate tra
loro.

Naturalmente, andrà previsto anche un tetto minimo di anzianità contributiva – ad
esempio 35 anni – e un importo minimo dell’assegno pensionistico per non correre
il rischio di incentivare una nuova forma di povertà: resterebbero salve le condizioni
di miglior favore per quei lavoratori che hanno svolto lavori altamente usuranti.

All’estremo opposto, andrà previsto anche un tetto massimo di anzianità contributiva
– ad esempio 41 anni – che darebbe diritto al trattamento pensionistico, a prescindere
dall’età anagrafica.

Un simile modello – conclude la Dirigente nazionale Cisal Fpc – contribuirebbe a
modificare radicalmente il mondo del lavoro in Italia restituendogli, nel giro di
pochi anni, una sorta di equilibrio assolutamente indispensabile al progresso dell’intera
società.

Avremmo, in tal modo, anziani che tornano a fare i nonni, con la loro essenziale
funzione sociale in questo senso, e giovani che entrano all’età giusta nel mondo
del lavoro e della produzione, con l’energia e la grande voglia di fare tipica della
loro età, che soltanto una dissennata politica dell’occupazione ha mortificato, trasformandoli
in bamboccioni e choosy, come hanno poi avuto il coraggio di chiamarli gli stessi
autori di questo disastro generazionale.