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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 01 MAGGIO 2024

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Cgil, ecco il piano di sviluppo per la nostra Regione

Cgil, ecco il piano di sviluppo per la nostra Regione

Le relazioni internazionali, l’economia dei mercati, i cambiamenti sociali che le pandemie possono provocare nello scenario globale rappresentano incognite di difficili interpretazioni temporali. In questo contesto di incertezza, la comunità internazionale dovrebbe attivare strategie emergenziali e di sviluppo che possano evitare chiusure nazionaliste che portano ad individuare soluzioni endogene e isolazioniste. Purtroppo, le politiche liberiste e sovraniste di alcuni Paesi, determinanti per l’economia e lo scenario globale, non consentono oggi di individuare strategie internazionali comuni per l’uscita dalla crisi del Covid-19 e quindi assistiamo a soluzioni diversificate.

In questo contesto, gli stati membri dell’unione europea, tra cui il nostro Paese, hanno individuato delle misure e risorse di sostegno economico per l’Economia Europea che possono diventare importanti per il rilancio di alcuni settori strategici anche per il nostro Paese.

Strumenti come il Recovery Fund, Sure, Mes, la rimodulazione stessa dei piani operativi dei fondi di coesione, Fesr, Fse, Psr, ed altri, il decreto rilancio, gli stati generali, potrebbero creare le condizioni per una ripartenza dell’economia globale e del nostro Paese.
In questa fase pandemica il nostro Paese, il Governo ha agito bene. Gestire l’emergenza non era facile. Sono stati mesi in cui ha prevalso grande senso di responsabilità soprattutto nel confronto Governo-parti sociali, che hanno assunto un ruolo di guida nella fase di vera emergenza, evitando panico e garantendo la tenuta sociale.

Il Sindacato confederale unitario ha dimostrato ancora una volta, in un momento di smarrimento complessivo, di essere un punto di riferimento nazionale e regionale.
In un momento straordinario, aver garantito con responsabilità i servizi essenziali del Paese con i protocolli di sicurezza per i lavoratori, aver determinato misure di sostegno al reddito con l’estensione degli ammortizzatori sociali, aver bloccato i licenziamenti, aver determinato scelte per il sostegno alle famiglie, lavoratori e imprese ha evitato derive e possibili conflitti sociali. Per queste ragioni sarebbe opportuno, per tutte le categorie, lavoratrici e lavoratori che nei mesi di emergenza Covid-19 hanno prestato servizio in trincea con abnegazione, un riconoscimento ed un’onorificenza da parte dello Stato.

Ora, è fondamentale, per la mole di risorse economiche disponibili che il Governo avvii un confronto con le parti sociali e le Regioni per individuare non solo le misure emergenziali, ma anche per determinare le scelte strategiche necessarie al rilancio di tutto il Paese sulle diverse politiche economiche e sociali.

In questo contesto, la scelta della Cgil Nazionale, così come espressa anche negli Stati generali convocati dal Governo, di puntare su un piano per un nuovo modello di sviluppo e lavoro del Paese diventa strategica e fondamentale.

Per questa ragione, nel condividere il piano nazionale della Cgil, riteniamo che vada aperto un confronto di merito a livello regionale, coinvolgendo il partenariato economico e sociale, le associazioni, le forze politiche, la deputazione nazionale e regionale.

La fase di emergenza sanitaria per Covid-19 sta determinando conseguenze economiche e sociali che richiedono, fin da subito, proposte e azioni adeguate per una ripartenza, sia della situazione esistente, sia soprattutto per favorire le condizioni per un nuovo sviluppo della nostra Regione, in un confronto con il Governo regionale che deve essere imperniato sulle linee politiche e programmatiche di indirizzo regionale e comunque assolvere tempestivamente alle varie responsabilità istituzionali, in considerazione dei ritardi e della gravità delle condizioni della Calabria, già prima del verificarsi della pandemia.

Questo deve essere il momento della possibile condivisione per un’azione sinergica, interprete di una propositiva stagione di confronto sociale, con il contributo proveniente da tutti i soggetti dei vari comparti produttivi e sociali, unitamente ad una responsabile offerta ed erogazione di servizi innovativi da parte della pubblica amministrazione calabrese, debitamente riformata, migliorata ed in grado di rispondere in maniera adeguata e moderna alla necessità dello sviluppo economico, della crescita occupazionale, con la certezza dei diritti di cittadinanza.

Si rende necessario mettere in campo una visione d’insieme che possa declinare proposte concrete ed efficaci, in un contesto di riferimento generale che prenda in considerazione l’attuazione pragmatica e fattibile di una progettualità socioeconomica che abbia a disposizione risorse certe, velocità nell’azione della spesa pubblica, facilità e semplificazione amministrativa, che comunque non mettano in discussione i principi della regolarità e della legalità.

Un contributo, oltremodo, importante deve essere richiesto al mondo accademico e del volontariato in un rapporto tra causa ed effetti generati dalla profonda crisi che stiamo vivendo nella nostra regione. Mancano politiche strategiche nel campo della ricerca, della formazione e della specializzazione dei processi produttivi, che rendono anemica la nostra economia fino a determinarne pesanti ricadute sociali in un diffuso disagio di tutele, assistenza e servizi. Mancano politiche nazionali e per il mezzogiorno di sviluppo industriale, del manufatturiero sostenibile. In questo contesto, come CGIL Calabria, ci determineremo con la nostra azione confederale improntata ad un ruolo di responsabilità a sostegno del mondo del lavoro, per il rispetto e l’applicazione dei CCNL, delle politiche salariali, delle rivendicazioni sociali e nella necessità di affermare l’esigibilità dei diritti di cittadinanza.

Tra questi in primo piano il diritto alla salute, messo ulteriormente a dura prova con il Covid-19, che può affermarsi esclusivamente nel S.S.N., il solo che risponde ai principi di universalità ed eguaglianza e che ha rischiato di essere definitivamente compromesso dal nefasto progetto di autonomia differenziata, che ci auguriamo sia definitivamente accantonato. Così come intendiamo trovare conferma da quanto sancito dall’art.120 della Costituzione, rispetto all’intervento sostitutivo del governo centrale per affrontare le necessità atte a garantire livelli essenziali delle prestazioni, nel rispetto dei diritti di cittadinanza.

Nell’ambito di questa necessità, è giusto parlare di cosa nel settore della sanità in Calabria – così come nel resto del paese – non ha funzionato, a partire dall’impoverimento e, nel nostro caso, del mancato decollo della medicina territoriale che avrebbe dovuto svolgere un ruolo importante nell’ambito della de-ospedalizzazione e dello svolgimento dell’obbligato decalogo sanitario relativamente a: prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione.

La prevenzione che sempre abbiamo rivendicato per la sicurezza nei luoghi di lavoro è una delle misure indispensabili per una efficace ed efficiente profilassi in grado di fronteggiare contagi, pandemie e malattie in genere. Serve puntare sulla prevenzione, come una delle azioni propedeutiche delle attività sanitarie, in grado di dare ruolo e funzioni alla medicina del territorio, fin troppo trascurata. Aver voluto pervicacemente indebolire il sistema sanitario universale con continui tagli lineari, aver sottratto 38 miliardi in soli dieci anni, da parte di tutti i governi, ha creato una situazione di estrema fragilità dell’intero sistema sanitario.

Adesso dobbiamo voltare pagina cogliendo le opportunità del Decreto “Rilancio” e delle ingenti risorse messe a disposizione, per puntare concretamente nei fatti, e non a parole, alla creazione della rete sociosanitaria territoriale.

È necessario modificare il decreto Calabria e sostituire il Commissariamento ad Acta e tutto il management con soggetti riconosciuti dalla comunità scientifica, che abbiano competenze specifiche nella sanità in termini scientifici e manageriali. Il Ministero della salute deve intervenire presto e dotare il sistema sanitario calabrese di guide certe, atteso che ci sono Asp sciolte per infiltrazioni mafiose e altre in dissesto finanziario.

È grave il fatto che non si proceda al confronto per come stabilito in sede ministeriale con le parti sociali e si concede al Commissario ad Acta di assumere decisioni soggettive sul piano operativo, sulle assunzioni, sulle stabilizzazioni e internalizzazioni senza alcun confronto con le parti sociali. Così come serve ripartire dalla sicurezza nei posti di lavoro per superare i ritardi della politica regionale, interessando la programmazione coordinata con le istituzioni di riferimento e sollecitando le azioni di contrasto per arrestare i drammi nelle perdite di vite umane per morti bianche. Una grave responsabilità è quella per la mancata convocazione del Comitato Regionale di Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza del lavoro (istituito ai sensi del DPCM 21/12/2007 e successivo D. Lgs N.81 del 9/4/2008), seppur ripetutamente sollecitata, per fronteggiare il dramma sociale legato agli infortuni sul lavoro.

Ora più di prima serve la convocazione del detto tavolo istituzionale perché unitamente ai vecchi rischi professionali, in ambiente di lavoro, si sono aggiunti quelli della pandemia, che meritano attenzione per una innovativa azione di tutela della salute dei lavoratori che dovrà influenzare i processi produttivi e le attività lavorative attraverso l’ammodernamento tecnologico e allo stesso tempo garantire, attraverso la prevenzione, precise misure di sicurezza.

Se la Calabria vuole affrontare il futuro, tutto ciò deve avvenire in maniera tempestiva e contestuale all’avvio dei non rinviabili lavori della task-force regionale in un confronto che riteniamo necessario per il decollo della nostra terra, così come sarà utile ascoltare il contributo delle parti sociali che in questa delicata fase hanno sostenuto e garantito, con grande responsabilità, la tenuta sociale dell’intero paese. In Calabria, per la fase della ripartenza, serve un patto sociale che guardi innanzitutto alla promozione della legalità contro la invasività della criminalità organizzata nelle istituzioni e nel tessuto produttivo.

Ma deve riguardare necessariamente anche l’osservanza delle regole per fare affermare regolarità fiscale e contributiva, emersione e regolarizzazione del lavoro nero, salvaguardia occupazionale e irrinunciabile crescita dell’occupazione lavorativa, riconoscimento della qualità delle attività produttive attraverso la osservanza dei CCNL. Come sarà fondamentale l’esigibilità del Secondo Livello di Contrattazione territoriale ed aziendale, che in questo momento potrebbe garantire il contributo negoziale utile per varare modelli organizzativi aziendali competitivi con l’osservanza delle norme sulla sicurezza, influenzare scelte per i necessari e nuovi standard di sviluppo, contribuire nelle scelte per la riorganizzazione dei servizi pubblici, della mobilità, dell’istruzione, mettendo in atto una evoluzione sociale e coniare un nuovo rapporto di qualità tra tempi di lavoro e di vita.

Va da se, inoltre, come la programmazione, l’indirizzo e il controllo negli investimenti e nei servizi della PA, della Sanità Pubblica e dei Trasporti, possono trovare nella Contrattazione Inclusiva di siti complessi uno strumento che coniughi diritti dei lavoratori e interessi degli utenti in entrambi i casi improntati alla universalità ed interfacciandosi con la contrattazione d’anticipo che può garantire maggiori margini di legalità e di pieno esercizio delle clausole sociali nell’affidamento e nel cambio degli appalti (vedi: Cittadella Regionale, Policlinico Universitario ed Aeroporto Internazionale di Lamezia Terme).

Nel settore industriale la Contrattazione inclusiva può altresì rappresentare lo strumento per colmare il deficit di contrattazione di secondo livello e garantire al contempo la reale applicazione dei CCNL.
Il D.L. “Rilancio” offre alla nostra regione un quadro di prospettive per poter incidere in maniera determinante in favore dell’occupazione, delle attività produttive e per il contrasto dell’impoverimento sociale ed economico, a partire dalla prossimità dei nostri territori, dalle aree interne da trasformare e valorizzare come luoghi di interesse per l’offerta turistica post Covid19.

La Calabria, come gran parte del Mezzogiorno, deve pensare all’opportunità della valorizzazione delle proprie aree interne, con un piano regionale, potenziando le prospettive di integrazione funzionale di territori molto estesi, partendo dall’Area Metropolitana di Reggio Calabria e frenando lo spopolamento delle stesse, attraverso un nuovo assetto istituzionale per una più funzionale geografia di fusioni ed unioni di Comuni e facendo leva su ricchezza naturale, paesaggistica e culturale per attrarre investimenti e creare attività, lavoro, servizi e tecnologia, non solo nel settore turistico e rilanciando l’idea di un complessivo sviluppo sostenibile del territorio, anche favorendo la sostenibilità abitativa utile ad affrontare le necessità di una ridotta mobilità e delle nuove opportunità del telelavoro (smart working).

Sarà necessario un confronto chiaro con il governo centrale sulle condizioni da garantire alla Calabria per la qualità dello sviluppo, gli investimenti, le infrastrutture e, nell’attuale fase, per prevedere misure di contrasto alla crescente povertà regionale con opportune modifiche per la previsione dell’integrazione del Reddito di cittadinanza, vista la incompatibilità di quest’ultimo con la eventuale erogazione del Reddito di emergenza.

INFRASTRUTTURE
Una delle prime necessità da colmare nella nostra Regione è quella delle esigenze infrastrutturali, legata alle grandi opere pubbliche ed al settore delle costruzioni. Una realtà produttiva ad alti rischi professionali, che, comunque, ha potuto contare sul recepimento del Protocollo delle misure anti-Covid19 dei gruppi nazionali presenti con unità produttive nella nostra regione e che hanno favorito la costituzione dei previsti Comitati aziendali. Anche nel settore prettamente edile, iniziano ad esserci tali osservanze, aiutate dal solido sistema della propria bilateralità che da sempre si occupa della sicurezza sul lavoro svolgendo un prezioso ruolo di informazione e sostegno in favore di imprese e lavoratori. In questo settore la fase della ripartenza ha evidenziato una parziale ripresa delle attività dell’edilizia privata, mentre si registra un ritardo dei cantieri pubblici, già avviati, come nel caso di RFI.

Nel frattempo, sicuramente positivo è l’annuncio di Anas e Governo Nazionale della prossima partenza del cantiere del 3° megalotto della SS/106 Sibari- Roseto che rappresenterà l’opera cantierizzata più grande del paese e consentirà una risposta al versante Jonico calabrese in termini di sicurezza viaria, crescente e migliorata mobilità e che rappresenterà comunque un collegamento utile allo sviluppo dell’intera regione.
In questa direzione va anche rivendicato il completamento della SS /106 sia del tratto Sibari-Crotone che di quello Catanzaro-Crotone, per quest’ultimo è stato già approvato lo studio di fattibilità. Parimenti, al momento non risulta alcun avanzamento rispetto ad importanti infrastrutture di competenza della Regione che riguardano la costruzione dei nuovi Ospedali a partire da quello di Vibo Valentia, che era già in fase avanzata sui lavori complementari, a quello della Sibaritide, di Gioia Tauro ed il nuovo Ospedale di Cosenza: opere essenziali al fine del miglioramento della rete e dei servizi ospedalieri.

Così come in ritardo sono: la Metro leggera di Cosenza (opera addirittura in disimpegno) con annesso parco benessere e piste ciclabili, la Metro di Catanzaro, la strada Sila-Mare, le opere pubbliche previste per la Città Metropolitana di Reggio Calabria, la Metropolitana di superficie Germaneto (CZ) – Aeroporto Internazionale di Lamezia Terme. Si ripropone, poi, con tutta urgenza, dettata ora anche dalle prescrizioni anti-contagio, il problema dell’edilizia scolastica in previsione della riapertura del prossimo anno scolastico; materia per la quale sono previste risorse nel D.L. “Rilancio” e che deve vedere l’avvio del confronto con Province, Comuni e Ufficio Scolastico Regionale. Inoltre, la fragilità del nostro territorio pone la necessità di interventi a partire dalle opere contro il dissesto idrogeologico, la riqualificazione dei centri urbani, il recupero delle periferie e dei centri storici, la messa in sicurezza del patrimonio immobiliare pubblico, la ristrutturazione del patrimonio immobiliare.

Questa ultima anche in risposta alle emergenze abitative e comunque tenendo ora in considerazione i Bonus per l’edilizia previsti dal D.L. “Rilancio”. Quanto evidenziato rappresenta non solo l’attività rivendicativa nei confronti della Regione, per la ripartenza del settore delle costruzioni, ma anche la necessità di poter contare sulla esecuzione di opere di chiara utilità sociale, che comunque riavviano occupazione in un settore che assicura dal punto di vista economico una funzione anticiclica, favorendo la ripresa dei consumi e della domanda intera. Una funzione che deve essere svolta affermando i principi che riguardano la regolarità lavorativa e contributiva degli addetti, la legalità negli appalti pubblici e quindi evitando che in Calabria possa essere recepito il Modello Genova.
In tal senso riteniamo che anche rispetto a quanto contenuto nel rapporto annuale dell’ANAC eventuali ulteriori attacchi e modifiche del Codice Appalti, contenute nella bozza del “Decreto Semplificazioni”, significherebbero ridurre trasparenza e legalità, compromettere i diritti dei lavoratori, un uso indiscriminato del sub-appalto, affidamenti senza bandi pubblici, tutte condizioni che renderebbero compromessa l’esecuzione delle importanti opere pubbliche previste per la nostra Regione, così come quelle dell’intero paese.
Tra l’altro diventa inaccettabile e contestiamo la recente decisione della Commissione Bilancio relativa alla cancellazione di quanto previsto dal Decreto Rilancio rispetto alla proroga dei DURC che avrebbe dovuto non andare oltre il 15 Giugno, giustificata dalla pandemia in corso e che ora vedrebbe le aziende dispensate dal dover esibire la detta certificazione di regolarità contributiva per tutto l’anno 2020.

MOBILITA’ E TRASPORTI
Il settore si è riavviato, ancora parzialmente, dopo il periodo delle restrizioni e nella garanzia di servizio pubblico essenziale. Sono ripresi alcuni dei collegamenti ferroviari sia di lunga percorrenza quanto regionali, che hanno potuto contare sul recepimento dei protocolli sulla sicurezza e che come settore avranno anche un maggiore impatto sul contenimento del numero dei passeggeri e del complessivo diritto alla mobilità dettati dalle norme anti-contagio.

Per il trasporto aereo è risultata molto ridotta l’attività dello scalo di Lamezia Terme, mentre sono stati chiusi al traffico gli aeroporti di Crotone e Reggio Calabria. Al momento, anche in considerazione dell’assenza del pensiero della nuova Giunta sul sistema aeroportuale calabrese e la mancanza di una seria governance della Società di gestione degli scali calabresi, non ci sono certezze. E comunque, fermo restando la necessità dei cittadini calabresi di poter raggiungere gli scali italiani attraverso i voli dai tre aeroporti calabresi, oggi più di ieri si pone l’esigenza improcrastinabile di affermare la modernità della Calabria sullo scenario internazionale, sia per le merci che per i passeggeri e per il turismo, rilanciando il ruolo dell’Aeroporto Internazionale di Lamezia. Denunciamo con sdegno l’incapacità dei governi regionali che si sono succeduti dal 2007 ad oggi, per aver fatto perdere 51 milioni di euro della Comunità Europea, che sarebbero serviti ad allungare la pista per l’atterraggio dei jumbo e per l’ammodernamento dell’aerostazione, aumentandone confort e capienza.

L’aeroporto di Lamezia dovrà diventare la finestra sul mondo per i calabresi e per le merci che in Calabria si producono: solo i voli internazionali diretti permetterebbero tutto ciò. Insistiamo, quindi, ai parlamentari europei, alla deputazione calabrese ed all’attuale governo regionale, di richiedere con immediatezza che quel progetto non venga definitivamente abbandonato.

Altrettanto necessario è il collegamento diretto tra l’aeroporto e la stazione centrale di Lamezia: “l’ultimo miglio” rischia anch’esso di perdere i finanziamenti, cosa che la Calabria non può più consentire che avvenga. Nella programmazione della mobilità calabrese, urge conoscere le intenzioni di intervento sulle necessità del Trasporto Pubblico Locale, che ci auguriamo non siano accomunate al disinteresse che registriamo per la più importante azienda pubblica della nostra Regione, Ferrovie della Calabria, che deve ricevere stabilizzazione finanziaria nell’espletamento del suo ruolo di servizio pubblico essenziale. Ed in tal senso chiediamo conforto sulle azioni del governo regionale nell’attivarsi per il recupero di 25 Milioni dei Fondi FAS, finalizzati a FdC e in precedenza bloccati perché considerati aiuti di stato, condizione, questa, da ritenersi superata nell’attuale situazione pandemica, oltre che dalle determinazioni del governo nazionale in tema di difesa delle infrastrutture ferroviarie.

Occorre velocizzare i lavori della ferrovia Jonica e dell’elettrificazione dell’intera tratta, per togliere dall’isolamento interi territori come l’area di Crotone, che potrebbe trarre beneficio dall’allungamento del Freccia Argento Roma-Sibari.
Ciò ha maggior valore in Calabria rispetto all’emergenza, alla modalità di mobilità sostenibile per l’ambiente e per assicurare il collegamento tra aree urbane e zone interne. A tal proposito, così come previsto da altre regioni, sarebbe utile prevedere un Fondo della Regione per sostenere e tutelare un’importante struttura ferroviaria pubblica, tra l’altro di sua proprietà. Anche in questo settore serve un confronto atto a definire una programmazione della mobilità per le nuove esigenze di prevenzione dei rischi per addetti e cittadini. E’ necessario un confronto complessivo a partire dalle realtà della Pubblica Amministrazione e della Scuola e quindi una concertazione sociale da offrire alla riorganizzazione delle relative attività per renderle compatibili con il trasporto pubblico e con le sue nuove modalità per un utilizzo contenuto e la diversificazione delle relative fasce orarie con un confacente nuovo rapporto tra mobilità, tempi di lavoro e vita privata, che dovranno contare su nuovi modelli ed incidere positivamente sulla riorganizzazione delle attività lavorative, sia pubbliche che private.

In un contesto di rivendicazioni che hanno caratteristica della contrattazione difensiva, a partire dalla salvaguardia occupazionale, merita una riflessione ed un immediato confronto il trend positivo del Porto di Gioia Tauro che, nonostante la crisi pandemica, ha fatto registrare il 52% di aumento della movimentazione di container, unico risultato positivo nella portualità italiana e che tra l’altro proprio per questa condizione di maggiore produttività è risultata tra le poche realtà di eccellenza a non dover fare ricorso agli ammortizzatori sociali per Covid19 e preludio a nuova occupazione.

Tale situazione merita una forte attenzione sia del Governo regionale che di quello nazionale per far sì che si mettano in campo definitivamente tutte le misure utili al decollo definito del Porto, privilegiando e sostenendo le attività di retroporto, del suo collegamento ferroviario e promuovendo il ruolo di infrastruttura strategica per l’area mediterranea e per l’intero paese. Così come risulta necessaria l’attenzione all’intera portualità calabrese che, a partire dal porto di Corigliano-Rossano, rappresenta non solo un interesse portuale ma anche quello di realtà con significative potenzialità per il decollo delle attività industriali.

POLITICHE INDUSTRIALI E ATTIVITA’ PRODUTTIVE
In Calabria, nel periodo della pandemia, come nel resto del paese, sono state sospese le attività industriali, con la conseguente messa in ammortizzatori sociali di migliaia di addetti nel settore. Gran parte delle aziende interessate sono caratterizzate da piccole dimensioni aziendali e con una forza lavoro inferiore ai 5 dipendenti, segno che denota la fragilità del sistema industriale regionale, annesso a carenze di relazioni industriali e di rappresentanza, sia datoriale che dei lavoratori. Nelle aziende sindacalizzate e più “grandi” sono stati attuati al meglio i “Protocolli sicurezza” adottati attraverso il coinvolgimento delle RSU-RLS, con l’applicazione delle regole di layout, sanificazione, ricorso ai Dpi, anche attraverso la costituzione dei comitati sicurezza aziendali.

Più critica si presenta, invece, la situazione nelle aziende di piccola dimensione, diffuse, e non aduse all’attenzione ai temi della sicurezza sul lavoro, vissuto più come un costo che come una necessità. In questo avvio di fase 2, di cui allo stato è imprevedibile la potenzialità di ritorno alla normalità produttiva, determinante si pone la questione del monitoraggio, controllo e determinazione sul rispetto ed applicazione del Protocollo sicurezza per come sancito dal Protocollo 24 aprile 2020.

In tal senso è stato importante che le federazioni di categoria e le Camere del lavoro abbiano sollecitato tutte le associazioni datoriali del settore alla costituzione dei Comitati Territoriali di settore, per costruire una “governance” anche coinvolgendo le Istituzioni preposte (Ispettorato del Lavoro, Spisal, Prefetture, EE.LL). L’emergenza ha posto anche in risalto, drammaticamente, l’assenza totale e reiterata nel tempo di una politica industriale nazionale e regionale. Nel corso dell’attuale legislatura sono state rifinanziate, prorogate e riformate una serie di misure ascrivibili al cd. Piano Nazionale industria 4.0, programma di interventi e sostegno all’innovazione tecnologica del tessuto imprenditoriale del Paese, tra cui la c.d. nuova Sabatini e il fondo di garanzia PMI.

In Calabria, insieme a queste misure, di cui non si ha riscontro dell’impatto e dell’utilizzo, c’è da verificare l’efficacia degli investimenti UE derivanti dai Fondi Comunitari. Serve superare la fase degli “incentivi a pioggia”, e ragionare per comparti e filiere, incrementando, razionalizzando ed orientando la spesa. L’infrastrutturazione di reti telematiche, energetiche, ferroviarie, logistiche, idriche, in poche parole i “Servizi Pubblici Locali”, possono diventare il vero volano dello sviluppo industriale ed occupazionale della Regione con un ruolo centrale dello Stato e della spesa pubblica negli investimenti. A questa, serve aggiungere una grande operazione per il rinnovamento e l’orientamento professionale, cambiando radicalmente di segno la programmazione della spesa a partire dal superamento di modelli assistenziali che nulla hanno a che fare con l’esperienza positiva delle politiche attive che necessitano di un rafforzamento del sistema di formazione professionale.

Per il settore industriale della nostra regione serve rivendicare investimenti pubblici e privati, programmazione, riconversione delle produzioni, incentivi e sostegno alle imprese regolari, tutela del lavoro e della sua sicurezza attraverso l’applicazione dei CCNL e dei Protocolli sulla sicurezza. Un esempio tra tutti è rappresentato dalle tante aziende informatiche nate negli ultimi anni con l’aiuto delle Università, che meritano attenzione e sostegno. Cruciali nelle strategie dello sviluppo dovranno essere le zone economiche speciali (ZES), a partire da quella di Gioia Tauro, che costituisce l’epicentro di un progetto di area portuale ed industriale che coinvolge anche le altre aree portuali di Vibo Valentia, Corigliano, Crotone, Villa San Giovanni, Reggio Calabria, le aree aeroportuali di Lamezia Terme, Crotone e Reggio Calabria e le aree industriali vocate di Lamezia Terme, Vibo Valentia, Crotone e Corigliano. Sono 2476 gli ettari compresi nella ZES Calabria che si punta ad organizzare secondo il modello delle APEA (Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate) con infrastrutture e sistemi in grado di garantire la tutela della salute, la sicurezza e l’ambiente.

Esiste già l’intesa con il Governo ed il partenariato economico e sociale calabrese, definita da un piano di intervento in una visione complessiva dello sviluppo regionale, oltre i localismi, che può rappresentare una sfida per i territori coinvolti, chiamati ad essere ulteriormente coesi, propositivi e competitivi con l’obiettivo di utilizzare le risorse disponibili in una forza attrattiva di nuovi investitori.
Per queste ragioni, in una visione strategica nazionale di nuove politiche industriali, occorre un piano di investimenti pubblici che il Governo deve realizzare nelle aree Zes con le partecipate pubbliche nazionali, attraverso un programma di interventi, con rilocalizzazioni, collocazioni, riconversioni di produzioni e manufatturiero sostenibile, puntando sulle filiere ed i distretti territoriali.

Una sfida che deve essere fortemente condivisa e vissuta da protagonista da parte di tutti i soggetti coinvolti sul territorio: Enti Locali, Forze Sociali, Associazioni imprenditoriali e di categoria, Enti ed Agenzie di sviluppo locale e regionale. Una particolare attenzione va indirizzata ad una delle grandi aree industriali del Mezzogiorno, quella del lametino, dove attualmente operano 107 aziende, con una occupazione di circa 2500 unità lavorative, in settori strategici per l’intero sviluppo della Calabria. Infatti, nell’area insistono il Manifatturiero, la Logistica, le Telecomunicazioni, i Call Center, l’Agroalimentare, i Servizi Ambientali e l’economia circolare, la Produzione di energia da fonti rinnovabili.

RETI – ENERGIA – SERVIZIO IDRICO
Nonostante le condizioni di contesto della crisi pandemica, in Calabria i servizi a rete sono riusciti a garantire l’erogazione continua e stabile dei fabbisogni essenziali di acqua, luce e gas in tutte le sue fasi di processo: Generazione-Produzione-Trasporto-Distribuzione-Vendita. Relativamente alla gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro nel segmento Energia elettrica e Gas siamo riusciti con i grandi players Eni-Enel-Edison-Axpo-a2a-EPp_Ergosud-Terna-Snam-Italgas, grazie alle consolidate relazioni industriali, a gestire le nuove condizioni del rischio di contagio anche sottoscrivendo a livello nazionale e con la partecipazione sindacale attiva, sia territoriale che di Rsu e Rls, dei protocolli sulla Sicurezza e Salute, nonché protocolli per la fase della ripartenza e accordi su nuove ed innovative modalità organizzative, attraverso le quali è stato evitato il ricorso agli ammortizzatori sociali. Alcune difficoltà sono state evidenziate nel termoelettrico a biomassa, dove, comunque è operativa la fase della costituzione dei Comitati di sicurezza e del recepimento e sottoscrizione dei relativi protocolli.

Il segmento del Servizio Idrico Integrato (Adduzione-trasporto potabilizzazione-distribuzione-depurazione) ha evidenziato le difficoltà di sistema antecedenti alla pandemia, che comunque non hanno impedito di raggiungere accordi per la sicurezza e la garanzia del salario con la Congesi di Crotone e la Sorical, contrariamente alle difficoltà che si sono registrate nel frammentato sistema della depurazione (Idrorhegion-Iam-l