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Camilleri e De Crescenzo: non credenti ma pieni di umanità

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Qualche giorno addietro, due noti personaggi del mondo della cultura ci hanno lasciato una preziosa eredità, umana, artistica, intellettuale, e direi anche un pò di sano umorismo che non guasta mai. Quando qualcuno che è passato nella nostra vita ci lascia, rimane un vuoto, colmato dai ricordi, e che la nostalgia non fa mai evaporare. Lo scrittore siciliano Camilleri e il napoletano De Crescenzo, sono due personalità diverse, entrambi meridionali, rappresentanti italiani della sicilianità e della napoletanità, uomini impregnati nei loro contesti che hanno raccontato anche in modo divertente aspetti sociali e problematiche dell’Italia.

Andrea Camilleri, nei suoi racconti, è stato testimone di una profonda umanità: «Non bisogna mai avere paura dell’altro, perché tu, rispetto all’altro, sei l’altro». Mi ha fatto riflettere questo pensiero, detto anche da un “non credente”, e quanta saggezza si può apprendere da chi ha un’idea e un modo di vivere diverso da te. Non è forse vero che oggi sperimentiamo la paura dell’altro? Chi non crede, guarda il mondo con occhi diversi, non alternativi, e forse a volte è più umano e autentico, più libero da schematismi religiosi e dogmatismi morali, e riconosce più di un credente che maltratta le cose sacre, che l’altro di cui stiamo parlando, è un “suolo santo”, un mistero da rispettare e non da calpestare. Anche Luciano De Crescenzo, ingegnere, filosofo, nei suoi scritti e nelle interpretazioni artistiche, ci ha parlato dell’uomo, quello concreto, che abita la storia, la vita, il corpo, i limiti, le potenzialità. De Crescenzo ha detto che «Amare l’umanità è facile.

È amare il prossimo che è difficile». Anche lui, un “non credente”, un dubbioso, ma profondamente umano e realista. Quanta verità in questo pensiero! Oggi si celebrano tante conquiste, tecnologiche, spaziali, culturali, però ancora il cuore è lontano da quella più grande, la passione per l’uomo, dove non bastano la filosofia, la religione, ma occorre la concretezza della vita, di chi contagia il mondo con una semplice e piccola azione, fosse anche il dare “un bicchiere d’acqua”, oggi ancora più difficile. Ho voluto citare solo qualche espressione dei due scrittori e artisti, pensando ai raggi di luce che hanno fatto splendere con i libri, attraverso i film, e altre opportunità. Quando si fa del bene, la buona azione splende e non si dimentica. Anche il male, purtroppo è contagioso, però ci ammonisce, perché il bene, pur non aspettandosi di essere corrisposto, dilaga e si diffonde nella società e nella comunità umana.

Quello che ho voluto evidenziare, della prossimità dei due autori, è anche una regola d’oro del vangelo di Gesù, “fai agli altri, ciò che vuoi sia fatto a te stesso” (Cf. Mt 7,12) e anche della filosofia umana. L’altro è me stesso, è diverso da me, ma non è un mio nemico, e solo la possibilità che mi è offerta di un percorso esodico, l’uscire da me stesso, dall’egoismo all’amore e mi fa veramente diventare uomo. È nella dimensione di questa relazione di alterità, di donazione, che incontro me stesso, empatizzo con il mio prossimo, con il più vicino, che mi riconcilia con lui e che sta sullo stesso pianerottolo di casa mia. La cultura può fare cose straordinarie, non basta scrivere libri e grandi riflessioni. Solo se la cultura ti fa meravigliare, è rivolta alla crescita interiore dell’uomo, puoi raccogliere il messaggio centrale, e far accadere la più grande delle conquiste, riconoscere che tutto ciò che si fa a vantaggio dell’umanità, allarga e rende felice la vita e che l’aldilà si vive nell’aldiquà. Si apprende più dai “non credenti”, perché allarga gli orizzonti, le prospettive, essi insegnano a guardare la vita da un’altra angolazione. È questo l’omaggio che voglio rendere a loro e a chi semina cultura e umanità, perchè liberano la vita e la parola attraverso l’arte bella e potenziale del saper comunicare la verità, che per il cristiano, questa, poi, è quel Logos che risiede in ogni cosa, nel bene realizzato, accolto e comunicato.