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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 07 MAGGIO 2024

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Boom di intossicazioni alimentari In aumento costante i casi di campilobacteriosi e listeriosi in Europa e in Italia

Boom di intossicazioni alimentari In aumento costante i casi di campilobacteriosi e listeriosi in Europa e in Italia
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Ogni anno, una persona su 10 si ammala per aver mangiato cibo contaminato e 420 mila
persone muoiono per tossinfezioni alimentari. Queste patologie colpiscono particolarmente
i bambini al di sotto dei 5 anni di età (125 mila decessi l’anno) e i Paesi della
Regione Africana e del Sud Est asiatico. Sono alcuni dei dati che emergono dal rapporto
“Estimates of the global burden of foodborne diseases” pubblicato dall’Organizzazione
mondiale della sanità (Oms) a dicembre 2015. Anche nell’Unione Europea ed in Italia
le principali infezioni alimentari, confermando il trend in ascesa dal 2008, con
le infezioni da Campylobacter che restano le più comuni, seguite dalle salmonellosi,
benché con ordini di grandezza molto diversi, circa 200 mila casi l’anno per la
prima e circa 2000 per la seconda. E il Nostro Paese secondo le statistiche europee
occuperebbe il secondo posto nella classifica del numero di intossicazioni alimentari
registrate. Lo riferisce il nuovo report europeo sulle zoonosi e sugli episodi epidemici
di tossinfezione alimentare “The European Union summary report on trends and sources
of zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks in 2014”, pubblicato dall’Autorità
europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dal Centro europeo per la prevenzione
e il controllo delle malattie (Ecdc) il 17 dicembre 2015. Il documento – che presenta
i dati sulla sorveglianza delle infezioni da agenti zoonotici nell’uomo ed il relativo
monitoraggio nelle fonti alimentari e nei serbatoi animali relativi al 2014 – sottolinea
inoltre che quest’anno, a livello europeo, anche dalle salmonellosi giungono notizie
in controtendenza rispetto al trend in diminuzione osservato negli scorsi anni. Quest’infezione,
in costante calo negli ultimi 5 anni, ha mostrato, infatti, una lieve inversione
di tendenza. I sette principali patogeni che si ritrovano nei prodotti di origine
animale (Campylobacter jejunì, Clostridium perfrigens, E. coli 0157:H7, Listeria
monocytogenes, Salmonella, Staphylococcus aureus, Toxoplasma gondii) sono responsabili
annualmente da 3,3 fino a 12,3 milioni di casi di intossicazioni alimentari, con
3.900 decessi ed un costo stimato da 6,5 a 34 miliardi di dollari (spese sanitarie
+ mancata produttività lavorativa del malato) nel mondo.Tali cifre dimostrano che
l’incidenza delle malattie trasmesse da alimenti è in costante ascesa in tutti i
paesi industrializzati. Tale pericolosa tendenza è ascrivibile in gran parte alle
modifiche dello stile di vita e delle scelte alimentari di noi consumatori.

Le mutate abitudini lavorative (e di studio) hanno indotto un aumento del numero
dei pasti consumati fuori casa, che negli Stati Uniti sono ritenuti responsabili
dell’80% degli episodi delle intossicazioni segnalati. Questo fenomeno ha condizionato
anche un incremento del numero dei punti di ristoro (bar, chioschi) in aggiunta ai
ristoranti e alle mense preesistenti, con le conseguenti difficoltà ad effettuare
un efficace controllo sanitario. La ridotta disponibilità di tempo nelle famiglie,
dove spesso lavora anche la madre, ha ridotto drasticamente la propensione alla preparazione
del cibo casalingo, con una progressiva perdita di competenze specifiche nella confezione
e conservazione degli alimenti e un ricorso sempre più frequente all’acquisto di
pasti pronti, che richiedono particolari cautele (consumo immediato o immediata refrigerazione).
Inoltre l’assenza di entrambi i genitori da casa costringe sempre più spesso i minori
(i cui genitori non posseggono più l’esperienza per fornire una sufficiente dote
di nozioni pratiche) a preparare essi stessi il pasto, con modalità non sempre igienicamente
corrette (i.e. inadeguato riscaldamento, contaminazione di cibi cotti con cibi crudi).
Anche le nuove preferenze alimentari dei consumatori possono giocare un ruolo non
secondario. La ricerca di gusti nuovi (per esempio i frutti «esotici») e la perdita
della nozione di stagionalità di frutta e verdura comportano l’importazione di questi
prodotti da paesi lontani, con la concreta possibilità di trasporto anche degli
agenti infettivi non usuali o “autoctoni”. Va segnalato poi il diffondersi nella
popolazione di regimi dietetici volti alla prevenzione delle malattie cardiovascolari,
che prevedono l’uso di vegetali crudi e potenzialmente infetti. L’incremento dei
casi di intossicazione alimentare è anche dovuto all’estendersi della fascia di
soggetti a rischio (anziani, bambini, ìmmunodepressi) ed a fattori che concernono
le diverse fasi di produzione (per esempio i metodi intensivi di allevamento del
pollame) e lavorazione degli alimenti: a tal proposito un problema di rilievo può
essere costituito dalla bassa specializzazione del personale addetto alla confezione
degli alimenti e del suo rapido turn­over, che non consente di ottenere una corretta
formazione igienico-sanitaria. Infine, permane purtroppo in gran parte della popolazione
una scarsa propensione al rispetto delle più elementari norme igieniche per la prevenzione
delle malattie a trasmissione oro-fecale. Basti pensare che in un recente studio
dell’American Society for Microbiology è emerso che il 21,3 % del campione studiato
(6.330 adulti) non si lavavano le mani dopo aver usufruito dei servizi igienici.
Le intossicazioni alimentari rappresentano anche nel 2015 la principale causa di
MTA (malattie trasmesse dagli alimenti) (58%), seguite dagli avvelenamenti da funghi
(27%), dall’intossicazioni da istamina (7%) e da tossina botulinica (7%). Gli agenti
causali maggiormente rappresentati, dopo le tossine fungine, sono risultati: Salmonella
spp., Stafilococcus aureus, Istamina e Cl. Botulinum. Gli alimenti identificati
come sospetti nello sviluppo dei focolai di tossinfezione alimentare sono stati i
prodotti della pesca (24%) e i prodotti carnei (19%) con dati congrui alle analisi
condotte su matrice alimentare che evidenziano le positività maggiori per i due
alimenti sopra-citati.Incongruente risulta invece il dato relativo agli alimenti
a base di uova, identificati come sospetti nel 13% delle indagini epidemiologiche
in corso di MTA e raramente riscontrati positivi per patogeni nei controlli routinari
sulle matrici alimentari (0/27). Tra l’altro anche alla luce dei risultati delle
tipizzazioni di Salmonella spp. che confermano il trend di una prevalenza di S. typhimurium
e della nuova variante monofasica 4,5,12:i e della quasi scomparsa di S. enteritidis,
è possibile che le indagini epidemiologiche siano influenzate da pregiudizi radicati
tra i sanitari che hanno il primo contatto con il paziente e che vedono la Salmonella
collegata al consumo di uova. Le matrici di origine vegetali sono identificate come
sospette nel 6% delle MTA, contro un 0.5% di positività nelle indagini su matrici
alimentari (1/190). Nella maggior parte dei casi gli episodi di MTA si verificano
presso l’abitazione privata (52%) o nella ristorazione pubblica (33%) dove spesso
i fattori comportamentali (scorretto mantenimento della temperatura e contaminazione
crociata) sono frequentemente identificati come fattori causali. Per Giovanni D’Agata,
presidente dello “Sportello dei Diritti [1]” al di là del necessario e obbligatorio
rispetto delle normative e delle regole da parte dell’industria alimentare, è
indubbio che una adeguata informazione/formazione indirizzata ai consumatori o agli
operatori di alcune tipologie di attività a maggiore rischio determini una più
consapevole assunzione di comportamenti corretti ed una migliore gestione dei rischi
legati alla manipolazione di alimenti. Occorre quindi ripetere sino allo stress che
per proteggere la propria salute, bisogna rispettare delle buone pratiche di acquisto,
conservazione e preparazione dei cibi tenendo presente che anche le scatolette o
altri tipi di conserve a base di latte, pesce o carne, una volta aperte, devono essere
tenute in frigorifero e consumate nel più breve termine e comunque entro 3 giorni
dal primo consumo.