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Anoia, intimidazioni alla coop antindrangheta

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Il tentativo di controllo del territorio da parte della criminalità organizzata passa anche dalle intimidazioni. Come quella avvenuta alla cooperativa “Giovani in vita” di Anoia. L’ennesima. Un cartello con il disegno di una croce è stato lasciato da sconosciuti davanti al cancello d’ingresso di un terreno gestito dalla coop della piana di GioiaTauro, che si occupa beni confiscati alla ‘ndrangheta. L’episodio è stato denunciato alle forze dell’ordine, che hanno subito avviato le indagini. Il cartello rinvenuto, appeso al cancello, era attaccato ad una croce ornata da fiori, e nel cartello c’era scritto “Luppino devi morire”, si tratta direttore generale della cooperativa. Inoltre nella strada di accesso al fondo è stato posizionato un grande masso per impedire l’accesso ai mezzi. Il gesto scoperto ieri mattina segue di pochi giorni il furto di un trattore e di altri attrezzi, e l’incendio di un ulivo secolare, in seguito ai quali i responsabili di “Giovani in vita” avevano lanciato una sottoscrizione al fine di raccogliere i fondi necessari per riparare ai danni subiti. L’obiettivo è comprare un nuovo trattore per sostituire quello distrutto dalle fiamme lo scorso 11 agosto. Da due anni la cooperativa gestisce a titolo oneroso circa 400 ettari di uliveti e agrumeti confiscati. “A questo punto – fanno sapere gli operatori di Giovani in Vita – la domanda sorge in noi in modo impetuoso, e con una serie di interrogativi disegnano una serie di scenari. Quale sarà la prossima mossa in questo crescendo rossiniano, iniziato con l’isolamento, continuato con il boicottaggio, reiterato con i furti, attualizzato con le minacce di morte? E ancora. Quale sarà la prossima mossa di questo antistato che si fa forte con i deboli, e si allea con i poteri forti? Quale sarà la prossima mossa di questa congrega criminale per impedirci di lavorare i fondi agricoli sequestrati alla ‘ndrangheta, per la coltivazione dei quali la nostra cooperativa paga un congruo fitto all’amministrazione giudiziaria dell’azienda sequestrata? Quale sarà – concludono – la prossima mossa di questo antistato per convincerci che non vale la pena, per indurci a gettare la spugna ed arrenderci, per invogliarci alla fuga, all’emigrazione, all’abbandono del territorio dal quale faticosamente e con grandi sacrifici abbiamo iniziato a raccogliere i primi frutti?”