Gioia Tauro, operazione “Res Tauro”. Pino “Facciazza” Piromalli “ha indossato il manto del lupo e per indossarlo ci vogliono tanti agnelli”. I NOMI
Il magistrato Stefano Musolino "bacchetta" il Comune di Gioia Tauro per il comunicato stampa "in cui non si capisce cosa voleva dire (...) fossi un cittadino di Gioia Tauro sarei preoccupato"Set 23, 2025 - Giuseppe Larosa
Un vero e proprio verminaio di ‘ndrangheta quello scoperchiato dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato 26 indagati nell’operazione denominata “Res Tauro” e che ha colpito al cuore la potente ndrina dei Piromalli di Gioia Tauro. Tutti indagati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione illegale di armi e munizioni, turbata libertà degli incanti, favoreggiamento personale, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso, nonché di reati in materia di armi.
Durante la conferenza stampa il Procuratore Capo di Reggio Calabria Giuseppe Borrelli arrivato in ritardo rispetto all’orario stabilito, “la rivitalizzazione della cosca dopo che era stato il capo carismatico”, rivolto a Giuseppe Piromalli “Facciazza”, “ritornato in libertà abbia immediatamente acquisito il comando del gruppo ed abbia riscritto quelle che erano le regole di sodalizio sul territorio e che ritenere fossero alterate durante la sua permeanza in carcere e hanno costituito una struttura di comando con Pino Piromalli e i fratelli ed il nipote Gioacchino”.
In quanto non avrebbero sostenuto la sua famiglia durante la detenzione con le altre famiglie come i Pesce e i Bellocco, “senza aver incassato i profitti dovuti e che poi tale rottura è stata ricomposta”.
Oggetti di indagine riguarda anche la “turbativa delle aste giudiziarie risulta una cosca strategica e da rimarcare anche la scelta della Procura di operare si un doppio piano, sia sul sequestro preventivo che sulla prevenzione colpendo beni diversi anche riferiti a beni”.
Il magistrato Stefano Musolino parla di un’inchiesta che aveva iniziato l’ex procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri ed altri magistrati, “quello che si possa registrare è una mollezza del tessuto sociale di Gioia Tauro, sia imprenditoriale che cittadino, Giuseppe Piromalli ha indossato il manto del lupo e per indossarlo ci vogliono tanti agnelli”. Musolino riferendosi a una nota stampa del Comune di Gioia Tauro dicendo che si tratta di un “comunicato stampa anonimo in cui non si capisce nulla e che si spera lo riguarda e che dalle indagini che emergono in questa mollezza, io fossi un cittadino di Gioia Tauro sarei preoccupato”.
Borrelli parla di “elementi noti ed è un contributo di analisi dei fenomeni criminali di ciò che si verifica sul territorio”.
Il Generale dei Ros Carabinieri parla della scarcerazione di Piromalli “non bisogna abbassare la guardia” perché rientrato sulla scena “preponetemene” dopo 22 anni di carcere e ripristina “la forza dell’intimidazione e la violenza oltre a condizionare le aste e gestire le attività imprenditoriali”. C’è addirittura un imprenditore che non riconosce la protezione e per questa ragione “viene pesantemente redarguito dalla cosca” oppure quella di “spostare dalla classe dove veniva spostata la nipote del capo clan e ciò dimostra di quanto possa essere pervasivo la cosca dei Piromalli”.
La “mollezza” della società civile c’era l’aggressività della cosca Piromalli “ma anche degli altri associati con una certa veemenza nelle condotte criminali ed alcuni passaggi sono stati anche brutti da ascoltare”, riferito ad alcuni imprenditori vessati che “avevano diritto di replica”. Ritrovato anche denaro contante per il 150 mila euro durante le perquisizioni.
L’operazione denominata “Res Tauro” ha coinvolto 26 soggetti, indagati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione illegale di armi e munizioni, turbata libertà degli incanti, favoreggiamento personale, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso, nonché di reati in materia di armi. Ventidue in carcere e quattro agli arresti domiciliari, accusati a vario titolo di fare parte della potente cosca Piromalli di Gioia Tauro.
In carcere sono finiti, oltre all’anziano padrino Giuseppe “Pino” Piromalli detto Facciazza, anche Rosario Bruzzese, Raoul Centenari, Antonino Cipri, Francesco Copelli, Salvatore Copelli, Rocco Delfino, Giuseppe Ferraro, Giovanni Furfaro, Davide Macrì, Rosario Mazzaferro, Aurelio Messineo, Gioacchino Piromalli (classe ’69) detto l’avvocato, Domenico Giuseppe Riganò, Cosimo Romagnosi, Domenico Saverino, Domenico Sibio, Francesco Giuseppe Spizzica, Michele Trimarchi, Antonio Zito.
Agli arresti domiciliari, invece, Francesco Adornato, Nicola Callè, Antonio Piromalli (classe ’39) padre di Gioacchino e fratello di Giuseppe Piromalli; Michelangelo Timpani.