Falcomatà e Tridico al Porto di Gioia Tauro: «Opera strategica snobbata dal Governo e dal centrodestra che puntano allo sviluppo di Genova e Trieste»
Set 09, 2025 - redazione
Falcomatà e Tridico al Porto di Gioia Tauro: «Opera strategica snobbata dal Governo e dal centrodestra che puntano allo sviluppo di Genova e Trieste»

La chiara presa di posizione: «L’assenza di politiche di crescita rischia di vanificare gli sforzi dei lavoratori e del gestore dell’hub di trasbordo». Un passaggio, poi, sulla Ciambra: «Solo spot inutili della Commissione parlamentare periferie su un’area particolarmente depressa»
Giuseppe Falcomatà e Pasquale Tridico hanno effettuato un sopralluogo al Porto di Gioia Tauro, dove l’impegno dei lavoratori così come gli sforzi dell’armatore Gianluigi Aponte, patron della Msc e gestore del principale hub di trasbordo dell’infrastruttura gioiese, «rischiano di essere vanificati da un Governo e da un centrodestra che guardano a Nord lo sviluppo della navigazione commerciale». All’incontro, fuori dai cancelli della grande infrastruttura trasportistica, hanno preso parte rappresentanti dei lavoratori e delle forze sindacali presenti nel contesto socioeconomico del Porto e della piana di Gioia Tauro.
«In questi anni – ha spiegato Falcomatà – non è stato fatto nulla per far crescere il retroporto di Gioia Tauro, una distesa infinita di aree industriali e spazi da adibire al trattamento delle merci che nessun altro porto può vantare in Italia. Sarebbe importante una forte presenza dello Stato, con fatti e meno parole, per investire nella regione Calabria».
«L’altissima efficienza del Porto gioiese – ha aggiunto – è testimoniata dai collegamenti con 162 porti del mondo ed il passaggio di ogni merce che attraversa Suez e Gibilterra, dalla peculiarità della sua posizione, dai fondali particolarmente adatti anche a nave mastodontiche, da chilometri di banchine e da immense aree libere alle spalle dell’infrastruttura che la rendono unica in Italia. Eppure, il Governo, quando si parla di porti per intercettare i traffici del Mediterraneo, punta sugli snodi ascellari di Genova e Trieste. Gioia Tauro va avanti per le sue caratteristiche e senza alcun sostegno».
«Anzi – ha proseguito – si commissaria l’autorità portuale e si pensa di spostare, in Calabria, attività che nessun altro porto vuole, come se Gioia Tauro fosse il ripostiglio delle aree portuali italiane». «Basti pensare – ha affermato, ancora, Giuseppe Falcomatà – che 66 ml di fondi Pnrr faticano a procedere per il progetto di elettrificazione delle banchine, mentre a Genova si spende quasi un miliardo per la diga foranea. Una disuguaglianza ed una sperequazione che rischiano di lasciare indietro un’infrastruttura dalle potenzialità enormi, frenata da chi il Sud lo vede solo come terra di conquista elettorale». Per Falcomatà un altro esempio di marginalizzazione del porto è rappresentato dal trasferimento dei fondi europei della Coesione per la costruzione del Ponte sullo Stretto: «Lo sviluppo a Sud del Porto è mortificato dall’occupazione delle aree da destinare a cantiere per i manufatti che, via mare, verranno sollevati per la costruzione dell’opera. Un progetto improponibile se si considera che il franco navigabile del Ponte, ovvero lo spazio libero in altezza tra la superficie dell’acqua e la parte più bassa di una struttura, è appena 65 metri, quando al Porto di Gioia Tauro già stazionano navi di dimensioni superiori agli 82 metri e dallo Stretto passano navi da crociera più alte di 70 metri. In tempi in cui il gigantismo navale cresce, si pensa ad opere che costringerebbero la circumnavigazione Sicilia». Un passaggio, poi, Falcomatà lo ha riservato ad una delle emergenze più cocenti del territorio: la Ciambra. «Abbiamo assistito – ha ricordato – alla passerella di parlamentari e rappresentanti della Regione che, con la Commissione periferie, hanno promesso circa 10 milioni per recuperare zone depresse nelle 14 Città metropolitane d’Italia. Insomma, briciole; l’ennesimo spot del Governo sulle periferie, un impegno sul nulla che, forse, si tradurrà in misure minime e dall’impatto pressoché inesistente».