Coordinamento Pro Palestina Reggino a fianco di chi prende posizione: solidarietà e sostegno al Bocale Calcio e al presidente Cogliandro
Set 09, 2025 - redazione
Come Coordinamento Pro Palestina di Reggio Calabria, siamo vicini al presidente del Bocale Calcio Filippo Cogliandro, e riconosciamo nel suo messaggio un contributo importante a sostegno del popolo palestinese, che da decenni resiste e rivendica il diritto a vivere libero e a immaginare un futuro di pace e giustizia.
Il presidente ha così spiegato la proposta di far stampare sulle divise dei giocatori della squadra la bandiera palestinese: “Con questa scelta, il Club intende lanciare un messaggio chiaro e diretto, ribadendo il proprio impegno a favore della pace, dei diritti fondamentali e della tutela dei bambini e delle comunità colpite da conflitti”. Riconosciamo in queste parole un appello che si colloca in una lunga storia di resistenza alle oppressioni.
Esprimiamo solidarietà al presidente Cogliandro per gli attacchi subiti in queste ore, e riteniamo sia necessario ricordare che quanto accade oggi in Palestina è l’esito estremo di decenni di espropriazioni, pratiche sistematiche di apartheid – come già denunciato da Nelson Mandela – e di un processo di deumanizzazione che ha negato alla popolazione palestinese il diritto all’autodeterminazione sancito dal diritto internazionale.
La critica che alcuni hanno rivolto al presidente del Bocale Calcio, ossia di non aver menzionato Hamas, ci appare parte di una più ampia distorsione narrativa, che riduce la complessità della Palestina all’immagine di un’unica organizzazione con l’obiettivo di invisibilizzare l’esistenza di milioni di civili che lottano quotidianamente per sopravvivere e affermare la propria dignità. Allo stesso modo, il discorso che insiste sul “diritto all’autodifesa” di Israele ignora l’asimmetria dei rapporti di forza, che vede da una parte uno degli eserciti più sofisticati al mondo – sostenuto da quasi tutte le potenze occidentali – e dall’altra una popolazione senza uno Stato sovrano, priva di un esercito nazionale e riconosciuta solo parzialmente dalla comunità internazionale.
Siamo stanchi di sentirci dire che “Hamas è la Palestina” o che la bandiera palestinese rappresenti un’organizzazione terroristica. La bandiera è, al contrario, il simbolo di una resistenza che si declina in molteplici forme, anche, ma non solo, in quelle della resistenza armata: lotte culturali, pratiche nonviolente, rivendicazioni giovanili, movimenti sociali e sindacali che troppo spesso vengono oscurati. La cancellazione di queste voci produce una narrazione che riduce i palestinesi a “terroristi” o a soggetti passivi della storia, anziché attori politici e sociali complessi.
Vogliamo riportare l’attenzione sul diritto di autodeterminazione del popolo palestinese, ignorato sin dalla prima metà del XX secolo, e sulla continua espansione delle colonie israeliane, giudicate illegali dal diritto internazionale. Questo processo di colonizzazione ha privato la popolazione dei propri territori strategici, trasformando la Palestina in uno spazio di frammentazione e controllo coercitivo. L’elezione di Hamas nel 2006 non può essere letta senza ricordare le condizioni di oppressione e le violenze strutturali dei decenni precedenti: un contesto in cui la resistenza – anche nelle sue forme più controverse – si radica nella frustrazione di un popolo privato di libertà fondamentali.
Oggi, la nozione che Hamas tenga “in ostaggio” la Palestina va decostruita: da oltre 75 anni è la popolazione palestinese a vivere sotto occupazione, restrizioni di movimento, carenze di beni di prima necessità e condizioni di vita imposte da un regime di controllo militare. La resistenza palestinese, nelle sue molteplici espressioni, nasce dal diritto di ogni popolo all’autodeterminazione, e non può essere ridotta a una singola organizzazione.
La memoria storica è parte di questa lotta. Eventi come il massacro di Deir Yassin del 1948, o la Nakba che portò alla rimozione forzata di 700.000 palestinesi, non sono episodi isolati ma elementi di una genealogia coloniale che continua a produrre effetti oggi. Le parole di figure come Albert Einstein, Hannah Arendt e altri intellettuali ebrei che già nel 1948 denunciarono derive ultranazionaliste e suprematiste del nascente Stato di Israele, mostrano come le critiche non provengano solo da prospettive esterne ma anche da voci interne al mondo ebraico. Queste memorie non vanno lette come strumenti di contrapposizione binaria ma come parte di un archivio più ampio di resistenze contro ogni forma di suprematismo.
La bandiera della Palestina rappresenta quindi i valori della giustizia, della dignità, della libertà dei popoli, valori necessari per produrre una vera pace. Lo dimostrano iniziative internazionali come la Global Sumud Flotilla: decine di imbarcazioni che, da diversi paesi, cercano di portare aiuti umanitari a Gaza, opponendosi all’assedio. Lo confermano anche i dati ufficiali, che mostrano come la maggioranza delle vittime palestinesi dei bombardamenti siano civili, smontando la narrativa che li riduce a “terroristi”.
Ribadiamo la nostra vicinanza, il nostro sostegno e la nostra solidarietà al presidente Filippo Cogliandro, e a tutti e tutte coloro che in questo momento nella nostra città e nel mondo si schierano coraggiosamente contro il genocidio, per la vita e la libertà del popolo palestinese.
Coordinamento Pro Palestina Reggino