Cittanova, Polo Liceale “M. Guerrisi- V. Gerace”: “Uno sguardo sul mondo: dalle aule di scuola…alla vita! Ridiamo alla pena il suo volto costituzionale!”
Nov 28, 2025 - redazione
Gli studenti e le studentesse del Polo Liceale “M. Guerrisi- V. Gerace”, diretto dall’avv. Clelia Bruzzì, hanno aderito al progetto extracurriculare: “Uno sguardo sul mondo: dalle aule di scuola…alla vita” che, a partire dal 15 Ottobre 2025, ha consentito loro di approfondire la tematica delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane. La scelta dell’indagine è stata determinata da alcuni recenti fatti di cronaca, che narrano di Paesi terzi che hanno negato l’estradizione di loro cittadini in Italia, denunciando le condizioni disumane in cui verserebbero i reclusi negli istituti di pena italiani. D’altro canto, anche il Presidente Mattarella ha ripetutamente evidenziato come il sistema penitenziario italiano sia “contrassegnato da una grave – e ormai insostenibile – condizione di sovraffollamento, nonché dalle condizioni strutturali inadeguate di molti istituti, nei quali sono necessari interventi di manutenzione e di ristrutturazione. Interventi da intraprendere con urgenza, nella consapevolezza che lo spazio non può essere concepito unicamente come luogo di custodia, ma deve includere ambienti destinati alla socialità, all’affettività, alla progettualità del trattamento… È drammatico il numero di suicidi nelle carceri, che da troppo tempo non dà segni di arresto. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale, sulla quale occorre interrogarsi per porvi fine immediatamente”. (così in occasione dell’incontro con il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del 30 giugno 2025).
I discenti hanno dialogato e si sono confrontati con avvocati civilisti e penalisti, con associazioni di volontariato, che operano attivamente nelle carceri del territorio locale, con un infermiere carcerario e volontario, con psicologi, con un ex detenuto e con docenti di diritto, religione e lingua e letteratura italiana.
In primo luogo, gli esperti consultati hanno messo in evidenza come i valori e i principi espressi nel Codice penale e nella Costituzione italiana abbiano la funzione di proteggere i cittadini dal rischio di soprusi da parte dello Stato e dei suoi organi. Hanno, altresì, sottolineato che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere esclusivamente alla rieducazione del condannato, come previsto dall’art. 27 Cost.
Tutte le audizioni effettuate hanno, però, confermato la sussistenza di gravi problemi all’interno delle carceri italiane, che non favoriscono la funzione rieducatrice della pena e, dunque, la risocializzazione del condannato. Alcune criticità del sistema italiano sono ad esempio: il sovraffollamento, la vetustà delle strutture, la mancanza di igiene, il disagio psicologico dei detenuti e molte altre che rappresentano la gravità della situazione e la distanza del modello carcerario italiano da quelli ideali delle regioni nord-europee, quali la Norvegia e l’Olanda. Oltre alle criticità anzidette, è emerso che tutti i detenuti o ex, sono vittime di un pregiudizio sociale che li etichetta negativamente, come se, durante l’espiazione della pena, non fossero esseri umani e, anche una volta scarcerati, fossero cittadini di seconda classe, a cui è precluso il reinserimento in società.
Al termine di questo percorso, le riflessioni emerse mettono in luce, non solo la grave situazione in cui versa il sistema penitenziario italiano, ma anche la necessità di compiere un profondo cambiamento che coinvolga tutti. L’obiettivo principale del progetto è stato proprio quello di contribuire a questa inversione di rotta, attraverso la diffusione per mezzo stampa, radio e ogni altro canale disponibile, di una cultura della legalità, fondata sul rispetto dei diritti umani, sulla centralità della persona e sulla consapevolezza che la pena debba tendere a rieducare e a fornire una possibilità di riscatto. A questa prospettiva si collega in modo particolarmente significativo il pensiero del beato Rosario Livatino, grande magistrato che ha fatto della dignità della persona il fulcro della sua visione della giustizia. Nei suoi scritti, Livatino ricordava che “dietro ogni processo c’è un uomo, con la sua storia, le sue fragilità e la sua dignità”, evidenziando come il ruolo del giudice non possa mai prescindere dal riconoscimento dell’umanità di chi si trova davanti alla legge. Per Livatino la giustizia non era semplice applicazione di norme, ma un atto profondamente etico, che richiede equilibrio, rispetto e capacità di vedere, oltre al reato, la persona nella sua interezza. Questa idea, che considera la dignità come valore inopinabile, vale non solo per chi è imputato, ma continua a valere anche dopo la condanna: il detenuto, agli occhi di Livatino, non è mai un individuo definito esclusivamente dal suo errore, ma una persona che mantiene intatto il diritto alla speranza, al cambiamento e alla possibilità di riscatto.
Quindi, spetta a ciascuno di noi, anche nelle azioni della vita quotidiana, contribuire a ridare alla pena il “volto costituzionale” che, in un Paese democratico, deve necessariamente avere!



