“A GIOIA TAURO IL GAS DEGLI ALTRI? NO, GRAZIE. I CONSIGLIERI DI MINORANZA PRONTI ALLA MOBILITAZIONE PER DIFENDERE LA CITTÀ
Ago 05, 2025 - redazione
“A GIOIA TAURO IL GAS DEGLI ALTRI? NO, GRAZIE.
Il polo siderurgico mascherato da green economy è una trappola. Noi non ci stiamo.”
Dichiarazione congiunta dei Consiglieri di Opposizione Domenica Raso, Salvatore La Rosa, Luigia Pedullà, Rosario Schiavone.
Nel giorno in cui il porto di Gioia Tauro si è trasformato in palcoscenico per l’ennesima passerella ministeriale, la nostra città ha ricevuto, sotto forma di visita istituzionale, un insulto camuffato da opportunità.
Adolfo Urso, Ministro della Repubblica, accompagnato dal (fu) Governatore Roberto Occhiuto, dal neo Commissario Piacenza e dai sindaci Scarcella e Gaetano, è giunto tra noi con fare solenne e sorriso rassicurante. Ma dietro la cortina di fumo e le promesse di progresso, si cela una manovra subdola e inaccettabile: l’ennesimo tentativo di trasformare Gioia Tauro nella discarica energetica d’Italia.
Lo diciamo senza esitazione, con la forza della verità e la rabbia di chi ama davvero questa terra. L’idea di realizzare un polo siderurgico “green” solo di nome, è un incubo che ritorna, dopo più di trentacinque anni. Oggi le testate giornalistiche parlano di EX ILVA di Taranto e di Gioia Tauro, quale città ideale ad accogliere un ennesimo disastro annunciato. Le acciaierie ILVA d’Italia S.P.A. hanno causato un disastro ambientale di enorme portata tanto da costringere i cittadini di Taranto a rivolgersi alla Corte Europea, che ha accolto i ricorsi nel 2013 e nel 2015, per denunciare la violazione del diritto alla salute e alla vita.
Per non parlare del rigassificatore già rifiutato da mezza Italia. Sì, perché quello che non vogliono Piombino, Genova, Taranto, si pensa di poterlo scaricare a Gioia Tauro, come se qui ci fossero cittadini di serie B. Come se bastasse cambiare etichetta a un vecchio disastro industriale per renderlo accettabile. Come se un territorio che soffre già la presenza di un mega-porto, di un depuratore consortile e di un termovalorizzatore dovesse accogliere, senza fiatare, anche il gas degli altri.
E invece noi fiatiamo. E urliamo. E ci opporremo con ogni mezzo legittimo e democratico.
Non ci piegheremo. Non ci svenderemo. Non scambieremo la salute dei nostri figli con la carriera di qualche amministratore compiacente.
Gioia Tauro non è la succursale industriale delle lobby energetiche.
Non è il ripostiglio delle scorie della transizione ecologica altrui.
Non è il luogo dove si può delocalizzare il fallimento di altri modelli.
Questa terra non ha mai avuto vocazione industriale.
È vocata al mare, all’agricoltura, al turismo. È vocata alla bellezza. È vocata alla vita.
Non c’è “green” che tenga se si fonda su combustibili fossili, su gasiere gigantesche, su infrastrutture imposte senza ascolto, senza trasparenza, senza consenso.
Stiamo costituendo un comitato civico. Apriremo un fronte di resistenza democratica. Coinvolgeremo comuni, scuole, associazioni, cittadini. Allargheremo il dibattito all’intera Piana. Perché le conseguenze non saranno locali, ma regionali, generazionali, irreversibili.
Intraprenderemo questa battaglia contro i poteri forti, contro le logiche romane, contro l’ambizione cieca di chi ci rappresenta. Non saremo complici, lo dobbiamo ai nostri figli e alle generazioni future.
“Noi non ereditiamo la Terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.”
Così diceva un popolo fiero. Così diciamo anche noi.
E chi oggi appoggia questo scempio, sta distruggendo ciò che i propri figli gli avevano affidato.
Noi ci batteremo.
Con la parola, con la mobilitazione, con la verità.
Gioia Tauro non è sola. Gioia Tauro non è in vendita.