GIANNI ALEMANNO DAL CARCERE DI REBBIBIA, “AIUTO, STIAMO MORENDO DI FREDDO”. IL SILENZIO DI UNO STATO MODERNO
Nov 25, 2025 - redazione
DIARIO DI CELLA 33. AIUTO, STIAMO MORENDO DI FREDDO! IL MARESCIALLO NORDIO SCONFITTO DAL GENERALE INVERNO: QUANDO SI DICHIARA UNA GUERRA CHE SI PUÒ SOLO PERDERE.
Riceviamo da Gianni Alemanno e pubblichiamo nel rispetto delle norme dell’Ordinamento.
Rebibbia, 23 novembre 2025 – 327° giorno di carcere.
SOS Aiuto, venite a salvarci! Pronto, qui Rebibbia, abbiamo un problema: stiamo morendo dal freddo.
Siamo giunti al 23 novembre e i termosifoni sono completamente spenti, mentre nevica in tutta Italia e le temperature scendono anche a Roma. Radio carcere ci dice che le caldaie sono rotte e che anche gli agenti della Penitenziaria sono nelle nostre stesse condizioni: non solo qui al braccio ma anche nella loro caserma, attigua a Rebibbia, i termosifoni sono spenti e l’acqua calda dopo le otto di sera non arriva neanche nelle docce, per quelli che smontano dagli ultimi turni di guardia.
A guardarli questi ragazzi sembrano i soldati di Napoleone in Russia, tutti imbacuccati nelle loro divise, con il pigiama sotto la mimetica e le facce stanche e congestionate. E invece sono solo le truppe del Maresciallo Nordio, quello che questa estate aveva giurato “spezzeremo le reni al sovraffollamento, senza scarcerare nessuno!”.
Mai dichiarare una guerra che non si può vincere: l’estate è passata, l’autunno sta per finire, non si è visto un solo posto in cella in più e il sovraffollamento cresce inesorabilmente. Intanto il tetto di Regina Coeli è crollato, Rebibbia è al collasso e gli agenti della penitenziaria nei vari bracci sono circondati in piccoli gruppi, tre o quattro con attorno tre o quattrocento detenuti. In questo caso ricordano più il 7° Cavallegeri a Little Big Horn (le divise sono dello stesso colore).
Per fortuna le persone detenute non assomigliano, almeno qui al G8, agli indiani Sioux. Siamo anche noi colpiti dal Generale Inverno e, vestiti spesso in modo improbabile per combattere il freddo, sembriamo più dei clochard nei rifugi della Caritas in pieno inverno.
Questo vale soprattutto per gli ultimi arrivati, che sono stati “ricoverati” nella saletta dedicata alla socialità del reparto A del primo piano. Dalla costruzione di Rebibbia, ogni reparto ha una saletta dedicata alla socialità, con un povero tavolo da pingpong e qualche improbabile scacchiera. Non sapendo più dove mettere i nuovi arrivi, avendo esaurito tutti i posti in cella, quella saletta (in futuro toccherà anche alle altre) è stata trasformata in una grossa cella.
Sei brande disposte a caso lungo i muri, i materassi arrivati dopo qualche giorno, nessun armadietto per riporre le povere cose di ogni persona detenuta, niente TV, tutto appoggiato alla rinfusa sul tavolo centrale che un tempo serviva appunto per il pingpong. Il bagno adesso funziona, ma per un’intera settimana non aveva lo scarico e le persone detenute erano state fornite di secchi d’acqua per pulire. Un tugurio infernale. Si teme che arriveranno altre persone, i presenti sono già stati informati che la cella può arrivare fino a 8 letti.
Fino a quando durerà questa situazione? Presto o tardi la caldaia sarà riparata e i muri gelidi di Rebibbia cominceranno un poco a riscaldarsi (niente di che, ma meglio di niente), ma il sovraffollamento continuerà a crescere. Forse il Maresciallo Nordio, come ha detto che il sovraffollamento aiuta a evitare i suicidi, perché i detenuti si sorvegliano tra di loro, presto dirà che aiuta anche a combattere il freddo perché, accatastati gli uni sugli altri, ci riscaldiamo tra di noi. Insomma, temiamo che, nella sua ferma volontà di non arrendersi al Generale Inverno e di non approvare nessuna legge che riduca il sovraffollamento, il Maresciallo Nordio continui a mandare allo sbaraglio le sue truppe, cioè la Penitenziaria, e quelli che dovrebbero essere i suoi assistiti, cioè la popolazione detenuta.
In compenso i Magistrati di sorveglianza stanno dando qualche segnale di risveglio.
Grazie al Garante Regionale dei diritti dei detenuti, prof. Anastasia, che ha presentato al Tribunale la sua relazione in merito alle dimensioni delle celle multiple di Rebibbia, oggi sono stati accolti dei reclami ai sensi dell’art. 35 ter dell’Ordinamento penitenziario, quello che sanziona “le condizioni di vita inumane e degradanti” delle persone detenute. Infatti la giurisprudenza impone che ogni persona detenuta debba avere almeno 3 mq calpestabili in cella, ma le misurazioni del prof. Anastasia hanno finalmente dimostrato che i metri quadri a disposizione sono solo 1,78 per ognuno. Il che significa in pratica che ad ogni persona detenuta in queste condizioni la pena viene ridotta del 10%. I magistrati di sorveglianza continuano a rigettare i reclami relativi alle celle singole, ma, un passo per volta, arriveremo anche a questi casi, anch’essi indecenti per mille motivi.
Un’altra grande vittoria è stata la concessione di un “permesso di necessità” ad Antonio G. per andare a conoscere Leandro, il suo figlioletto appena nato (Antonio è stato arrestato solo 5 mesi fa…). Nella richiesta di permesso si era evidenziato che l’evento in questione è irripetibile ed eccezionale. Il Magistrato ha scritto che la nascita di un figlio poteva rientrare nella casistica di “evento familiare di particolare gravità” che legittima la concessione di un permesso… È la prima volta che ciò accade.
Così, con un permesso di due ore, Antonio ha potuto vedere suo figlio. Una bella cosa, prima di morire di freddo a Rebibbia…
Gianni Alemanno e Fabio Falbo



