“Violentata, picchiata e ricattata dai ragazzi di Seminara, devo difendermi anche dai miei fratelli. La storia di Anna, violentata da un gruppo di coetanei e poi frustrata dalla zia

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 “Mi dicevano sei pazza. Ti devi ammazzare. Mi hanno insultata, minacciata, picchiata, frustata. Ma io sono qui. Piuttosto che vivere nella menzogna avrei preferito morire. Tanto quella non era vita. Era la morte in vita”. Anna (un nome di fantasia), 22 anni, è una delle “ragazze di Seminara”. Così la sintesi nelle cronache. Due ragazze violentate da un gruppo di coetanei, per mesi, quando erano ancora minorenni, e poi isolate, condannate dalla comunità che si è schierata al fianco degli stupratori, alcuni dei quali legati a famiglie malavitose. Sono state costrette a cambiare paese, scuola, abitudini, per mettersi in salvo. Seminara, entroterra calabrese, provincia di Reggio Calabria, profondo sud-ovest. Anna racconta la sua storia al “Corriere della Sera”, che l’ha incontrata nella località segreta dove si è trasferita grazie all’intervento del governatore Roberto Occhiuto.

Per capire quanto coraggio ha avuto Anna, bisogna partire proprio da questa terra. Percorrere strade dissestate, attraversare paesi dove i palazzi sono scheletri che non avranno mai una pelle. Per poi stupirsi davanti alla meraviglia delle scogliere a picco sul Tirreno, di agavi e fichi d’india a perdita d’occhio. Il buio e la luce. La ’ndrangheta e la resistenza civile alla ’ndrangheta, ai soprusi, alla rassegnazione. La ferocia e il coraggio. Incontriamo Anna nella località segreta dove si è trasferita grazie all’intervento del governatore Roberto Occhiuto.

“Ho cambiato paese da un paio di mesi, questo mi aiuta, prima vivevo chiusa in casa, barricata. Mi svegliavo al mattino dicendomi oggi proverò a uscire, ma poi non ce la facevo. Restavo a letto a piangere», risponde con un filo di voce, guardinga. Intorno a noi non c’è nessuno, ma lei ha paura. Sempre. Un lascito delle violenze subite”, questo il racconto di Anna che parla della madre che le è stata sempre vicina e che, “un po’ mi è stata vicina mia sorella, ma poi mi ha abbandonata (…) Mio fratello, l’altra mia sorella e i rispettivi compagni: adesso hanno il divieto di avvicinarsi a me. Mia zia e mio cugino, poi, hanno il braccialetto elettronico: se si avvicinano il mio dispositivo suona” ed ancora, “Mi hanno minacciata, maltrattata, volevano convincermi a ritirare la denuncia contro quelli che mi avevano stuprata. Mia zia, la sorella di mio padre, e suo figlio mi hanno anche picchiata. Mia zia mi ha frustata con una corda. Mi diceva che dovevo morire. Che avrei fatto meglio a non nascere proprio. Abitava vicino a noi: si affacciava alla finestra e urlava improperi contro di me. Diceva che avevo rovinato la reputazione di tutti”. Continua Anna nel suo racconto al Corriere della Sera, “Se fosse stato vivo mio padre non si sarebbe permessa. Mi manca moltissimo mio padre”.

Anna ha vissuto quei cinque anni (dal 2017 al 2023), “Malissimo. Mi tenevo tutto dentro. Quelli mi dicevano: se parli ammazziamo i tuoi familiari. Avevo il terrore”. Ed infine Anna desidera ringraziare “La polizia, i carabinieri. In particolare, la dirigente del commissariato di Palmi, Concetta Gangemi, e il mio poliziotto di fiducia, Francesco Prestopino. Senza i loro abbracci non ce l’avrei mai fatta. Sono stati la mia forza. Non li ringrazierò mai abbastanza”.

Anna aveva anche un fidanzato che aveva tenuto nascosto lo stupro, “quando lo ha saputo, mi ha lasciato. Subito” e non solo perché

E per quanto riguarda il futuro Anna risponde, “A volte penso che non mi libererò mai del mio fardello. Che non sarò mai felice. Voglio fare il corso per diventare estetista, spero di iniziare presto e di trovare nuove amicizie. Il mio futuro è qui, in Calabria. È casa mia, nonostante tutto”.