Calabria, un passaggio delicato: Occhiuto si dimette e rilancia una nuova fase politica
Ago 01, 2025 - redazione
di Claudio Maria Ciacci
La politica calabrese entra in una fase di transizione significativa, a seguito delle dimissioni del presidente della Regione, Roberto Occhiuto. Una scelta netta, dettata dalla volontà di non alimentare tensioni istituzionali, in un momento delicato per la governance regionale. La decisione è arrivata dopo un avviso di garanzia ricevuto nell’ambito di un’indagine, ma accompagnata dalla chiara intenzione di ricandidarsi e rimettere il giudizio sul proprio operato nelle mani degli elettori.
Un gesto che, pur nella complessità del momento, conferma una linea di responsabilità e trasparenza. “Non mi sottraggo, vado avanti con rispetto per la Calabria”, ha dichiarato Occhiuto, ribadendo il proprio impegno a favore della continuità amministrativa e della prosecuzione dei progetti strategici avviati.
Durante il suo mandato, il presidente ha impresso un’accelerazione decisa a numerose riforme, in particolare nel settore sanitario, storicamente tra i più fragili della regione. La nascita di Azienda Zero, il ripristino dei livelli essenziali di assistenza, la gestione centralizzata degli acquisti, così come il rafforzamento dell’interlocuzione con il governo nazionale, hanno rappresentato passaggi importanti in un percorso di modernizzazione.
Allo stesso tempo, non sono mancate criticità e tensioni, in particolare in merito alla distribuzione territoriale delle risorse e delle competenze. La città di Catanzaro, storicamente baricentro della sanità calabrese e sede della Facoltà di Medicina, ha manifestato perplessità e disagio rispetto ad alcune scelte che sono state lette come un progressivo spostamento di funzioni, strutture e investimenti in direzione di Cosenza.
Anche sul piano universitario, la ridefinizione dell’offerta formativa e la pianificazione di nuovi assetti istituzionali hanno suscitato preoccupazioni circa l’equilibrio tra i poli accademici regionali. Una parte consistente della società catanzarese, dai professionisti alla cittadinanza organizzata, chiede oggi un confronto più trasparente e rispettoso delle specificità territoriali.
All’interno dello stesso spazio politico di Forza Italia, partito di governo regionale e riferimento per un’area vasta del centrodestra, si avverte sempre più chiaramente la necessità di uno sguardo vicino ai bisogni reali delle persone e dei territori, capace di ascoltare chi vive quotidianamente nelle aree interne, nei quartieri popolari, nei comuni più piccoli spesso esclusi dai circuiti decisionali.
Una politica di governo non può affidarsi solo a modelli astratti o tecnocratici: occorre un equilibrio nuovo tra efficienza amministrativa e attenzione ai territori, alla qualità dei servizi pubblici, al diritto alla salute, al lavoro, alla formazione. Questo significa investire in sanità di prossimità, infrastrutture funzionali, scuole e università radicate e accessibili, valorizzando ogni area della regione, a partire proprio da Catanzaro, il cui ruolo strategico non può essere ridotto o bypassato.
Queste sensibilità, che chiedono un centrodestra più attento al sociale, meno schiacciato su logiche di concentrazione e più aperto alla partecipazione civica, meritano ora di trovare spazio all’interno del nuovo corso che si apre.
Le prossime elezioni rappresenteranno non solo un passaggio formale, ma un’opportunità concreta per correggere gli squilibri, valorizzare le energie migliori della Calabria e costruire un progetto credibile, solido, popolare. Serve una guida capace, autorevole, ma anche consapevole che il consenso duraturo si costruisce sul rispetto delle comunità locali e sull’equità territoriale.
Chi guarda con interesse a un centrodestra riformatore ma vicino alla vita reale delle persone, nei servizi, nella sanità, nella mobilità, nella qualità dell’ambiente urbano e rurale, attende oggi segnali di ascolto e apertura.
Il tempo che si apre può essere quello della maturità politica: una Calabria che non si spacca, ma si ricuce; non si divide, ma si tiene insieme.
Governare non è comandare: è servire la propria terra.