Bronzi di Riace a Milano? Iorfida concorda con Vittorio Sgarbi

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Il presidente dell’associazione Anassilaos favorevole al trasferimento delle statue

di CATERINA SORBARA

Bronzi di Riace a Milano? Iorfida concorda con Vittorio Sgarbi

Il presidente dell’associazione Anassilaos favorevole al trasferimento delle statue

 

di Caterina Sorbara

 

 

In merito alle dichiarazioni sui Bronzi di Riace, espresse recentemente da Vittorio Sgarbi, il Dott. Stefano Iorfida, presidente dell’Associazione Culturale Anassilaos, ha voluto affidare al nostro giornale le sue dichiarazioni, che riportiamo di seguito:

“Non c’è estate a Reggio Calabria senza una qualche polemica e, quest’anno ci ha pensato Vittorio Sgarbi, ad animare questa pigra, monotona ed indolente estate reggina, non soltanto chiedendo al ministro dei Beni Culturali che le statue vengano esposte a Milano nell’ambito della Esposizione Universale ma aggiungendo a tale richiesta una serie di considerazioni offensive e infondate che sono state giustamente rispedite al mittente. Le intemperanze verbali dello studioso e le provocazioni per le quali è divenuto famoso in un Paese (l’Italia) che si nutre avidamente di quotidiani chiacchiericci tanto più se conditi dal termine “‘ndrangheta”, magica parola che fa drizzare le orecchie pur quando è usata, come nel caso in questione, a sproposito, non possono comunque esimerci dall’affrontare una buona volta il problema di un’eventuale e provvisoria trasferta dei Guerrieri in occasioni del tutto eccezionali”.
Continua poi dicendo: “devo confessare di non amare molto le mostre monotematiche, quelle cioè incentrate intorno ad una singola opera d’arte – sia pure di grandissimo valore- che diviene in tal modo una sorta di feticcio che attrae e quasi divora un pubblico numeroso che insegue tali eventi – più mediatici che culturali –, come si farebbe con l’ultimo prodotto di moda, senza peraltro consentire a quello stesso pubblico di farsi una idea ben precisa del complesso lavoro dell’artista in un ben determinato contesto storico e culturale. Dal San Giovanni di Leonardo (conservato al Louvre) fino alla “Ragazza con orecchino di perla ” di Vermeer non sono poche le opere, singole, portate in giro come Madonne peregrinanti, di città in città. Ricordo un paio di anni fa nella Capitale una mostra dedicata alle opere di Caravaggio della raccolta Giustiniani e soprattutto una enorme folla, in una lunga interminabile fila, quasi necessariamente vociante, venuta ad ammirare l’artista del momento, ignorando che a poche decine di metri dal palazzo sede della esposizione, nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, era possibile ammirare e sostare in perfetto silenzio e in una altrettanta solitudine, quasi in raccoglimento, dinanzi alle tele che il Merisi aveva realizzato nella Cappella Contarelli. Eppure , riflettendo bene e mettendo da parte quella boria intellettualistica che talora, troppo spesso forse, caratterizza i tanti amanti dell’arte (me compreso), – bisogna pur dire che quello stesso pubblico merita rispetto perché contribuisce, in maniera forse determinante, alla tutela e conservazione di tanti altri manufatti artistici bisognosi di cure e di restauro che altrimenti andrebbero alla malora, dato che lo Stato non ha più le risorse sufficienti – soprattutto in un Paese come il nostro ricco di opere d’arte dalle Alpi al Lilibeo – per far fronte alle pressanti richieste e ai bisogni del territorio. Quindi anche le esposizioni straordinarie di opere feticcio come i “Bronzi”, nella eccezionale vetrina dell’Expò di Milano – verificate ovviamente tutte le condizioni di una trasferta in sicurezza – potrebbero contribuire alla tutela delle tante altre opere d’arte, meno conosciute, mantenendo desta, nella più vasta opinione pubblica, l’attenzione verso il bene artistico. Le posizioni fin qui espresse da autorevoli commentatori, tutte degne della massima attenzione, non tengono purtroppo conto del dato, inequivocabile, che dal 1981, da quando cioè i Bronzi sono a Reggio, nulla, o quasi nulla, le istituzioni (Regione, Provincia e Comune) hanno fatto per valorizzarli, per costruire intorno ad essi, anno dopo anno, con una programmazione lucida e coerente, quegli “eventi” capaci di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale e di canalizzare verso Reggio quel turismo di cui la città ha bisogno per la propria economia. Città piccole e medie del centro e del nord Italia sono vissute e vivono di questi eventi grazie a questo o quell’artista o addirittura a mostre di artisti internazionali che poco hanno a vedere con il territorio (penso gli Impressionisti a Treviso) mentre noi siamo stati – e temo siamo tuttora – incapaci della più piccola programmazione culturale. Del tesoro che abbiamo in casa ce ne accorgiamo soltanto quando qualcuno, più accorto, ce lo richiede e qualche rondine volenterosa – penso a Lamberti-Castronuovo e ad alcune sue iniziative (il concerto di Muti come la grande mostra dei capolavori confiscati) – non basta a far primavera. D’altra parte gli stessi costi del paziente e certosino restauro dei Bronzi sono stati sostenuti dallo Stato – e quindi da noi cittadini – anche grazie a tutte quelle iniziative, realizzate in Italia e nel mondo, che si sono potute avvalere della “mobilità” di tante opere d’arte che i grandi musei del mondo si sono tra loro scambiate. Per difendere meglio l’opera d’arte, curarla e preservarla per le future generazioni, occorre che qualche volta, molto di rado e ovviamente a rischio zero, tali opere, che sono un patrimonio dell’umanità ed hanno il privilegio di calamitare “l’attenzione” di una vasta opinione pubblica e di colpirne l’immaginario collettivo, possano anche, e per breve, essere esposte al di fuori della loro sede naturale. L’Expò d’altra parte – occorre ribadirlo per tutti i “padani” naturali e anche per quelli di casa nostra – non è una occasione soltanto per Milano o la Lombardia ma per il sistema Italia di cui Reggio Calabria e la Calabria sono, credo, ancora, nonostante tutte le difficoltà, parte integrante”.
Conclude dicendo che: “Noi Reggini intanto oltre a protestare con veemenza pensiamo già a cosa fare nell’immediato per i Bronzi e visto che l’arte e la cultura non si esauriscono soltanto nei misteriosi guerrieri, chiediamo alle istituzioni che verranno (Regione e Città Metropolitana) di pensare già adesso a celebrare con una grande mostra, nel 2016, il 50° della morte di Umberto Boccioni (1916), che a Reggio Calabria è nato, con una grande mostra sul futurismo da programmare con estremo rigore e con la competenza che si richiede per una tale grande iniziativa”.