Viaggio alla scoperta di Candidoni Continua il tour di Approdonews tra i paesi della Piana di Gioia Tauro
di Domenico Caruso
Siamo giunti alla conclusione del nostro viaggio. Dalle alterne vicende storiche al prezioso patrimonio culturale, dalle attrazioni geografiche alle opere artistiche, dal susseguirsi d’informazioni agli uomini illustri, abbiamo cercato di scoprire meglio la nostra Terra. Speriamo che il nostro modesto contributo serva a stimolare, specialmente nei giovani, la ricerca di nuovi eventi. Ecco, nell’ordine demografico decrescente, l’ultima città della Piana.
Un po’ di storia
Candìdoni, piccolo Comune ai confini con la provincia di Vibo Valentia dal lato tirrenico, potrebbe avere origini elleniche.
Secondo la leggenda, infatti, l’avrebbe fondato un nobile guerriero di nome Kandidus, sfuggito alla distruzione di Medma – la città magnogreca dai bei cavalli.
Per altri il nome si riferisce alla discendenza di un certo Candido che forse fu proprietario del terreno su cui sorse l’abitato.
Storicamente si può supporre che il paese sia sorto verso l’anno mille (come casale di Borrello) per opera di Normanni.
Nel 1054 esso figura acquistato da Unfredo che poi lo cedette al fratello Roberto, duca di Calabria.
Sotto gli Angioini passò alla Signoria del nobile Gualtiero Appard fino al 1277.
Morto questi, la contea di Borrello e i relativi casali vissero un periodo nefasto perché incamerati dalla Corte di Carlo d’Angiò che, dopo il possesso di vari nobili, li assegnò a Tommaso D’Argot.
Le terre furono, in seguito, infeudate a Ruggero di Lauria e ai suoi discendenti, prima che ai Sanseverino (fino al 1401).
Le sorti del paese mutarono durante la dominazione Aragonese.
Nel 1449 fu ceduto a Giovanni d’Alagno e nel 1479, con gli altri feudi, al conte Arcamone Agnello dietro pagamento di 80.000 ducati. Avendo, però, questi partecipato alla congiura dei Baroni, tutto tornò sotto il dominio diretto del sovrano. La forte pressione fiscale e le ingiustizie, ancora una volta, resero difficile la vita della povera gente, difesa coraggiosamente da San Francesco di Paola.
Nel 1487 la contea di Borrello fu ceduta a Ludovico Maria Sforza (il Moro) e quindi a Isabella d’Aragona e ad Ettore Pignatelli e la sua famiglia che la mantennero fino all’eversione feudale. Il terribile sisma del 1783 rase al suolo anche Candidoni che divenne Comune autonomo nel 1809.
L’economia del paese è costituita principalmente dall’agricoltura e dalla pastorizia. Fra le manifestazioni caratteristiche segnaliamo la sagra della nacàtola (tipico dolce calabrese), inserita ormai nel vasto programma estivo.
Aspetti religiosi
La Chiesa di S. Nicola (patrono e protettore del paese), costruita nel 1793, è ricca di opere d’arte. Il 6 dicembre si onora il Santo con la celebrazione eucaristica e la processione per le vie cittadine.
S. Gaetano (coprotettore) si festeggia il 7 agosto con riti religiosi, musica dal vivo e fuochi d’artificio.
Altre manifestazioni
Il secondo sabato di agosto, in coincidenza della festa di S. Gaetano, si svolge la Sagra della nacatola, tipico dolce calabrese.
Personaggi
Padre Bonaventura Bardasci, commissario generale (1695/96) e poi ministro provinciale (1699/1703) dei Frati Minori Conventuali della Calabria Citra e Ultra.
Padre Antonio Cantucci, provinciale dei Frati Minori Conventuali (1726/29) e maestro latinista.
Domenico Simonelli, presente ai moti risorgimentali del 1848.
Leggende
L’inondazione scongiurata
Si racconta che il torrente S. Nicola, dopo tanti giorni di pioggia ininterrotta, stava per straripare e distruggere il paese. Allora i candidonesi decisero di portare la statua del loro Santo in processione sul posto. Ivi giunti le acque si ritrassero miracolosamente risparmiando l’abitato.
Il Miracolo dei Pani
Nella famosa congiura dei Baroni (1485), ordita dai Nobili per uccidere il Re Ferrante (Ferdinando d’Aragona) ma poi sventata, crebbe il malcontento della popolazione oppressa dai feudatari. L’unica voce di protesta fu quella di S. Francesco di Paola che, animato dal senso di giustizia, predicò la povertà e l’umiltà. Trovandosi il Santo in una strada di Candidoni incontrò dei contadini che si recavano al lavoro nei campi. Avendo, quindi, chiesto loro del cibo di cui erano sprovvisti benedisse le bisacce che indossavano e subito ne uscirono dei pani fragranti e profumati. In segno di riconoscenza quella via porta il nome del Santo.
(Estratto dal volume di D. Caruso – Viaggio alla scoperta della Calabria – (“La Piana di Gioia Tauro”) – Pubblicato dal Gruppo Editoriale “L’Espresso” – (Ilmiolibro) -2017).