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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 24 APRILE 2024

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Tribunale Potenza, si decide su diritto di critica e informare Le maldicenze dicono che i giornalisti sono le veline dei magistrati. Il commento di Antonio Giangrande

Tribunale Potenza, si decide su diritto di critica e informare Le maldicenze dicono che i giornalisti sono le veline dei magistrati. Il commento di Antonio Giangrande
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Tribunale di Potenza. Ore 12 circa del 21 aprile 2016. All’udienza tenuta
dal giudice Lucio Setola finalmente si arriva a sentenza. Si decide la sorte
del dr. Antonio Giangrande. Scrittore, sociologo storico, blogger, youtuber,
presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, conosciutissimo sul web.
Ma noto, anche, agli ambienti giudiziari tarantini per le critiche mosse al
Foro per i molti casi di ingiustizia trattati nei suoi saggi, anche con
interrogazioni Parlamentari, tra cui il caso di Sarah Scazzi e del caso
Sebai, e per le sue denunce contro l’abilitazione nazionale truccata
all’avvocatura ed alla magistratura. Il tutto condito da notizie non
iscritte nel registro dei reati o da grappoli di archiviazioni (anche da
Potenza), spesso non notificate per impedirne l’opposizione. Fin anche
un’autoarchiviazione, ossia l’archiviazione della denuncia presentata contro
un magistrato. Lo stesso che, anziché inviarla a Potenza, l’ha archiviata.
Biasimi espressi con perizia ed esperienza per aver esercitato la
professione forense, fin che lo hanno permesso. Proprio per questo non visto
di buon occhio dalle toghe tarantine pubbliche e private. Sempre a Potenza,
in altro procedimento per tali critiche, un Pubblico Ministero già di
Taranto, poi trasferito a Lecce, dopo 9 anni, ha rimesso la querela in modo
incondizionato.

Processato a Potenza per diffamazione e calunnia per aver esercitato il suo
diritto di difesa per impedire tre condanne ritenute scontate su reati
riferiti ad opinioni attinenti le commistioni magistrati-avvocati in
riferimento all’abilitazione truccata, ai sinistri truffa ed alle perizie
giudiziarie false. Alcuni giudizi contestati, oltretutto, non espressi
dall’imputato, ma a lui falsamente addebitate. Fatto che ha indotto il
Giangrande per dipiù a presentare una istanza di rimessione del processo ad
altro Foro per legittimo sospetto (di persecuzione) ed a rivolgersi alla
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Rigettata dalla Corte di Cassazione e
dalla Cedu, così come fan per tutti.

Per dire: una norma scomoda inapplicata.

Processato a Potenza, secondo l’atto d’accusa, per aver presentato una
richiesta di ricusazione nei confronti del giudice di Taranto Rita Romano in
tre distinti processi. Motivandola, allegando la denuncia penale già
presentata contro lo stesso giudice anzi tempo. Denuncia sostenuta dalle
prove della grave inimicizia, contenute nelle motivazioni delle sentenze
emesse in diversi processi precedenti, in cui si riteneva Antonio Giangrande
una persona inattendibile. Atto di Ricusazione che ha portato nel proseguo
dei tre processi ricusati all’assoluzione con giudici diversi: il fatto non
sussiste. Questione rinvenibile necessariamente durante le indagini
preliminari, ma debitamente ignorata.

Ma tanto è bastato all’imputato, nell’esercitare il diritto di difesa ed a
non rassegnarsi all’atroce destino del “subisci e taci”, per essere
processato a Potenza. Un andirivieni continuo da Avetrana di ben oltre 400
chilometri. Ed è già una pena anticipata.

L’avvocato della difesa ha rilevato nell’atto di ricusazione la mancanza di
lesione dell’onore e della reputazione del giudice Rita Romano ed ha
sollevato la scriminante del diritto di critica e la convinzione della
colpevolezza del giudice da parte dell’imputato di calunnia. La difesa,
preliminarmente, ha evidenziato motivi di improcedibilità per decadenza e
prescrizione. Questioni Pregiudiziali non accolte. L’accusa ha ravvisato la
continuazione del reato, pur essendo sempre un unico ed identico atto: sia
di ricusazione, sia di denuncia di vecchia data ad esso allegata.

Il giudice Rita Romano, costituita parte civile, chiede all’imputato decine
di migliaia di euro di danno. Imputato già di per sé relegato all’indigenza
per impedimento allo svolgimento della professione.

Staremo a vedere se vale la forza della legge o la legge del più forte, al
quale non si possono muovere critiche. Che Potenza arrivi a quella condanna,
dove Taranto dopo tanti tentativi non è riuscita?

Dicono su Avetrana accusata di omertà: “Chi sa parli!” Se poi da avetranese
parli o scrivi, ti processano.

Antonio Giangrande