Strada senza barriere o con protezioni insufficienti Risponde sempre l'ente proprietario che deve risarcire i danni subiti dagli utenti della strada anche se non è obbligatoria l'adozione di misure di sicurezza: il “custode” della via deve sempre verificare se il tratto presenta rischi per la sicurezza stradale
L’ente proprietario della strada deve risarcire i danni conseguenti al sinistro stradale
se non ha protetto a sufficienza la strada con adeguate barriere o protezioni. Nè
il “custode” della via che sia una pubblica amministrazione o una società
concessionaria come nelle autostrade può escludere la possibilità di controllo
a causa dell’estensione del tratto. È una battaglia che da anni lo “Sportello
dei Diritti”, spiega il presidente Giovanni D’Agata, porta avanti anche nelle
aule giudiziarie, per la miriade di vittime della strada che hanno subìto gravi
conseguenze, a volte anche al costo della vita, per l’incuria da parte di coloro
che dovrebbero garantire la sicurezza della circolazione e che invece si trincerano
spesso dietro la banale affermazione della difficoltà a mettere sotto controllo
e quindi sicurezza l’intera viabilità posta sotto la loro custodia. A confermare
la correttezza della nostra attività in favore degli utenti della strada è un ulteriore
decisione della Corte di Cassazione civile che con l’ordinanza n. 10916/17, pubblicata
in data 05 maggio 2017 ha rigettato il ricorso di una Provincia citata in giudizio
per il risarcimento dei danni subiti dal proprietario di un veicolo. L’incidente
si verificava su una strada di cui l’ente era custode a causa di una non sufficiente
protezione del tratto: l’automobilista dopo aver sbandato, aveva invaso la corsia
opposta ed era finito nella scarpata sottostante con conseguenti danni. La terza
sezione della Suprema Corte ha deciso di conferma la sentenza di merito che aveva
stabilito la responsabilità dell’ente locale ritenendo infondate tutte le doglianze
da essa proposte. In primo luogo dev’essere rigettato il principo secondo cui l’ente
proprietario della strada può essere chiamato a rispondere solo dei danni causati
da «insidie imprevedibili»: l’imprevedibilità del pericolo, rilevano gli ermellini,
non è infatti il presupposto della responsabilità del proprietario della strada
che può costituire «unicamente la circostanza dalla quale desumere la sussistenza
d’un maggiore o minore concorso di colpa della vittima (c.d. fortuito accidentale),
nel senso che quanto più il pericolo era prevedibile, tanto meno potrà dirsi incolpevole
la condotta della vittima». Altro elemento significativo riguarda l’interpretazione
del Dm. 223/92: è vero che il decreto non impone «in astratto l’adozione di misure
di sicurezza» rispetto a una determinata strada, ma tale circostanza non esime l’amministrazione
pubblica «dal valutare in concreto, sempre e comunque, se quella strada possa costituire
un rischio per la sicurezza degli utenti». Si consideri, ad esempio, che il decreto
citato si applica «unicamente alle strade di nuova costruzione, ma sarebbe assurdo
trarre da ciò la conseguenza che per le strade preesistenti la Pa. possa tranquillamente
disinteressarsi della sicurezza degli utenti». Nel caso in esame, la Corte d’appello
ha ritenuto la Provincia colpevole «non per avere violato le prescrizioni del decreto
sulle barriere laterali, ma perché la pericolosità della strada avrebbe dovuto
consigliare l’adozione di misure di contenimento». Il giudice di appello «ha dunque
accertato una colpa generica, non una colpa specifica, e nulla rileva se il d.m.
223/92 imponesse o meno l’installazione di barriere nel luogo del sinistro».