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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 28 MARZO 2024

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Società e crisi della coppia Intervista alla Psicocriminologa dott.ssa Iva Marino

Società e crisi della coppia Intervista alla Psicocriminologa dott.ssa Iva Marino
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di Roberta Strano

Ho avuto il piacere di intervistare la dott.ssa Iva Marino riguardo “Società e crisi della coppia”, un tema molto sentito e attuale.

Dottoressa sappiamo che la vergogna è una variabile significativa nell’analisi delle difficoltà di una coppia. Qual è la sua opinione in merito?

La vergogna è un regolatore sociale ossia  è “un regolatore degli affetti positivi”. Secondo Darwin le emozioni posseggono una funzione sociale fondamentale per la sopravvivenza della nostra specie, infatti  si prova vergogna solo quando teniamo a qualcosa di importante. L’esperienza della vergogna è sempre un tentativo di protezione, all’interno di un contesto relazionale. La vergogna, inoltre, costituisce un prezioso codice dei nostri desideri e bisogni auto percepiti. Anche se la vergogna viene vissuta come un’informazione che riguarda il “sé”, essa fornisce, in realtà, delle informazioni sul nostro modo di percepire le condizioni in cui ci troviamo, ossia sul modo che ha l’altro di accoglierci.

Spesso si dice che il matrimonio è come una pianta, che va curata ogni giorno. Tuttavia sembra che questa cura non venga praticata se i dati statistici evidenziano che la crisi delle coppie in questi ultimi anni è in crescente aumento. Secondo lei la tipologia della famiglia è determinante in caso di crisi, soprattutto quando una coppia comincia a non essere più sana ed equilibrata?

Bisogna subito dire che sulla struttura della famiglia hanno contribuito molto le modificazioni socio-culturali, infatti molte forme di espressione del disagio psichico nella coppia sono dovute alla trasformazione della famiglia. Il passaggio dalla “famiglia estesa”, costituita da individui appartenenti a tre generazioni e spesso con l’aggiunta di altri elementi senza rapporto di consanguineità con i membri della famiglia (ad es. un gruppo domestico), alla “famiglia nucleare” (coppia sposata insieme ai suoi figli) ha determinato una centralizzazione delle competenze parentali nelle figure del padre e della madre, generando di fatto una dipendenza emotiva esclusiva tra i coniugi e tra essi e i figli.

Infatti la famiglia nucleare è chiamata ad occuparsi, in via esclusiva dei complessi bisogni emotivi dei figli, prima condivisi con la rete parentale, ed a farsi carico delle loro esigenze di vivere una varietà di esperienze relazionali ed articolate.

Nel contempo si trova a dover preservare la propria dimensione coniugale, individuando spazi e modalità attraverso i quali vivere la propria intimità. La coppia si è trovata cosi a poter fruire di una libertà di scelta individuale e di possibilità di autodeterminazione inedite rispetto al passato, dall’altra nella condizione di dover modificare al proprio interno i ruoli, le funzioni, le norme valoriali e reperire modelli ai quali far riferimento. La famiglia si è venuta configurando come un “organismo affettivo unicellulare”, all’interno del quale la coppia è il nucleo fondante costitutivo. Tuttavia ciò che notiamo nella nostra società, è la crescente fragilità della coppia, nella quale emergono zone sempre più di vulnerabilità.

Ci sono difficoltà di comportamento degli individui all’interno della coppia?

Gli individui nella coppia sperimentano diversi livelli evolutivi del tipo: “adulto” “arcaico” ed “infantile”, mentre per il coinvolgimento in una relazione d’amore rimandano a quanto sperimentato nei propri contesti familiari di provenienza, che assumono la funzione di “luogo di apprendimento” e di “matrice relazionale”, costituendo il punto di partenza per veri e propri modelli di relazione. Le esperienze affettive familiari sperimentate, con il loro corollario di bisogni, aspettative, desideri, tendono ad organizzarsi entro schemi di relazione e ad essere riprodotte nelle nuove relazioni affettive. L’incontro con l’altro, condizionato da una evidente fragilità narcisistica, tipica dei nostri tempi, conduce “all’attitudine ad attribuire a sé stessi un valore di unicità, preziosità, esclusività”, a promuovere selettivamente i propri bisogni, a nutrire forti attese di realizzazione e successo.

Dunque dottoressa, promuovere selettivamente i propri bisogni, la realizzazione del successo, la fragilità narcisistica sono cause scatenanti?

Sicuramente. Ciò avviene quando l’appagamento dei propri desideri si vuole ottenere in forma immediata e categorica, in quanto il differimento della gratificazione viene sentito come insostenibile, le delusioni tendono ad essere vissute come intolleranti ed eccessivamente lesive del proprio “sé “, alla stregua di sconfitte mortificanti ed umilianti che provocano una disperata impotenza. Si denota cosi un’attenzione verso l’altro “flebile”, una certa apatia della psiche, il contatto relazionale con l’altro è privo di curiosità e, in alcuni casi, si pensa che l’altro sia una naturale estensione del proprio “sé”.

Gli individui riconoscono il legame di coppia come “ privilegiato” e gli studiosi del settore lo definiscono come “avamposto psichico alla solitudine”. Qual è il suo pensiero a tale proposito?

Le risponderò brevemente. Le ragioni che spingono l’individuo a ricercare “relazioni di coppia” sono un complesso di motivazioni e bisogni. La relazione di coppia risponde ai bisogni di intimità, vicinanza, amore e protezione; in condizioni di stabilità dà conforto e garantisce all’altro reciprocità affettiva, che offre possibilità di “rispecchiamento”(garanzia di riconoscersi nell’altro a conferma della propria identità). Inoltre “all’altro”, spesso, viene affidato il compito di lenire le nostre sofferenze, le nostre originarie ferite affettive. Tutt’altra cosa accade nel caso di non stabilità della coppia.