Siria, appello dell’Onu: ‘Assad fermi violenze’
redazione | Il 08, Ago 2011
All’indomani delle nuove notizie su una dura repressione militare, il segretario generale Ban Ki-moon ha rinnovato l’appello al presidente siriano
Siria, appello dell’Onu: ‘Assad fermi violenze’
All’indomani delle nuove notizie su una dura repressione militare, il segretario generale Ban Ki-moon ha rinnovato l’appello al presidente siriano
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha rinnovato l’appello al presidente siriano Bashar al Assad perché fermi la violenza contro i civili, all’indomani delle nuove notizie su una dura repressione militare. Ban, in Giappone per una visita alle popolazioni colpite dal devastante sisma/tsunami dell’11 marzo, ha riferito poi di aver lanciato un “forte messaggio” ad Assad, durante il colloquio telefonico avuto sabato, in vista della presentazione del rapporto sulla Siria al consiglio di Sicurezza del 10 agosto. “Spero che prenda la situazione molto sul serio e le misure necessarie nel rispetto della volontà del popolo”, ha rilevato ancora Ban. I pozzi di petrolio dell’estrema regione orientale siriana e il medio corso dell’Eufrate che attraversa Dayr az Zor, capoluogo della provincia al confine con l’Iraq, sono testimoni da stamani dell’offensiva dell’esercito governativo di Damasco contro quelli che il regime definisce “terroristi” e che secondo attivisti e testimoni oculari sono invece “manifestanti pacifici” e civili inermi. Secondo testimoni oculari e fonti del dissenso siriano i militari hanno ucciso oggi oltre 57 persone: 38 (o forse 42) a Dayr az Zor, una decina (forse 16) a Hula nel centro del Paese e almeno tre nella provincia nord-occidentale di Idlib, al confine con la Turchia.
Un intervento quello delle forze armate che il presidente Bashar al Assad ha difeso con forza affermando che “é un dovere agire contro i fuorilegge che bloccano le strade, isolano le città e terrorizzano la popolazione”. Gli attivisti riferiscono che attorno alle 4 di stamani, poco prima dell’alba e dell’inizio del digiuno giornaliero del mese islamico di Ramadan, decine di carri armati sono entrati a Dayr az Zor prendendo il controllo di numerosi quartieri della città, dominata da clan tribali arabi sunniti, per decenni armati dal regine in funzione anti-autonomisti curdi ma da qualche anno sempre più in rotta con le autorità centrali. Nei giorni scorsi, alcuni leader tribali della città erano apparsi su video amatoriali diffusi sui social network smentendo la notizia, diffusa dalla tv di Stato, secondo cui la popolazione aveva invocato l’intervento dell’esercito per combattere i “terroristi”. In quello stesso video, i dignitari di Dayr az Zor avevano giurato di “resistere con ogni mezzo” a un’eventuale occupazione militare della città. I media ufficiali hanno oggi a loro volta smentito la notizia dell’ingresso dei blindati a Dayr, mostrando immagini di “grandi quantità di armi confiscate alla frontiera col Libano”, dall’altra parte del Paese.
L’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) ha aggiornato il proprio bilancio di morte dall’inizio della repressione militar-poliziesca degli Assad a metà marzo scorso: 2.059 persone uccise, di cui 391 tra soldati e poliziotti. Di mercoledì scorso la notizia, diffusa solo oggi dallo stesso Ondus ma non verificabile sul posto, della morte di otto neonati, nati prematuri ma deceduti all’interno di incubatrici non più funzionanti di un ospedale di Hama, a causa del perdurante black-out elettrico deciso dalle autorità durante l’assedio della settimana scorsa. E della tragedia siriana sono tornati a parlare oggi sia Papa Benedetto XVI che la Lega Araba, che per la prima volta chiede la fine “immediata” delle violenze contro i civili. Il Pontefice ha lanciato un appello al governo e alla popolazione perché “si ristabilisca la pacifica convivenza e si risponda adeguatamente alle legittime aspirazioni dei cittadini”. In nottata, da New York il segretario generale dell’Onu Ban ki-moon aveva telefonato al presidente Bashar al Assad chiedendogli di non ricorrere più ai militari per reprimere le proteste della popolazione civile. Intanto dopodomani è atteso a Damasco il responsabile della diplomazia turca Ahmed Davutoglu, incaricato da Ankara di comunicare le forti preoccupazioni del governo di Tayyip Erdogan per una crisi dagli esiti sempre più pericolosi agli occhi del gigante anatolico.
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