“Sanità, urge Consiglio comunale aperto a San Giovanni” E' quanto chiede l'associazione culturale "La voce di Fiore"
Con lettera l’associazione culturale “La Voce di Fiore” ha chiesto al sindaco Giuseppe Belcastro e ai consiglieri comunali di San Giovanni in Fiore di promuovere al più presto una seduta consiliare aperta sullo stato della sanità nel territorio e nell’intera Calabria. Dopo il recente decesso di un’anziana signora del luogo per probabile infarto, sia il consigliere di minoranza Antonio Lopez (Fratelli d’Italia) che la deputata M5s Dalila Nesci hanno espresso la necessità di un consiglio comunale aperto per affrontare il tema delle priorità sanitarie nel più popolato comune silano. Oggi interviene anche “La Voce di Fiore”, spiega il suo legale, l’avvocato Domenico Monteleone del foro di Roma, «perché la politica deve discutere in profondità dell’argomento insieme alla società civile, partendo dalle cause reali dei tagli alla sanità, che hanno prodotto soltanto danni». Nella lettera al municipio, Monteleone e il presidente di “La Voce di Fiore”, il giornalista Emiliano Morrone, precisano che «i continui tagli nella sanità derivano anzitutto dal sistema dell’euro, dal Mes, dal fiscal compact e, più in generale, dall’indebita cancellazione della sovranità nazionale». Secondo “La Voce di Fiore” è urgente un consiglio comunale aperto a riguardo, «per la necessità di aumentare le ore del servizio di cardiologia dell’ospedale del luogo, per discutere delle attività di prevenzione sul territorio e delle difficoltà sistemiche per gli screening, per confrontarsi su un concreto potenziamento del presidio ospedaliero, anche e soprattutto in rapporto all’attuale, carente strutturazione della rete dell’assistenza». Ancora, secondo “La voce di Fiore” il consiglio comunale di San Giovanni in Fiore aperto ai cittadini ed esperti va tenuto al più presto «per elaborare, all’occorrenza, un documento consiliare unitario, in considerazione dell’accentramento in materia di norme generali sulla tutela della salute previsto dalla riforma costituzionale in fieri, in considerazione dei minori trasferimenti dallo Stato rispetto al fabbisogno dei pazienti calabresi e in considerazione della manifesta illegittimità costituzionale dei livelli essenziali di assistenza, che sono uno strumento per aggirare la norma contenuta nelle disposizioni di cui all’articolo 32 della Costituzione».