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TAURIANOVA (RC), VENERDì 13 DICEMBRE 2024

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“Infinito”, per un vizio di forma la Cassazione annulla la sentenza di Milano per 110 persone

“Infinito”, per un vizio di forma la Cassazione annulla la sentenza di Milano per 110 persone

| Il 10, Gen 2013

Clamorosa decisione della Suprema Corte che ha evidenziato come il deposito delle motivazioni sia avvenuto in due tempi. Ora sarà la Corte d’appello a dover valutare gli effetti sul processo di secondo grado. L’inchiesta riguarda le infiltrazioni delle cosche calabresi in Lombardia per le quali erano state coinvolte complessivamente circa 150 persone

“Infinito”, per un vizio di forma la Cassazione annulla la sentenza di Milano per 110 persone

Clamorosa decisione della Suprema Corte che ha evidenziato come il deposito delle motivazioni sia avvenuto in due tempi. Ora sarà la Corte d’appello a dover valutare gli effetti sul processo di secondo grado. L’inchiesta riguarda le infiltrazioni delle cosche calabresi in Lombardia per le quali erano state coinvolte complessivamente circa 150 persone

 

 

MILANO – La Cassazione ha annullato per un vizio di forma il deposito delle motivazioni della sentenza del processo milanese ‘Infinito’ sulle cosche della ‘ndrangheta con cui sono state condannate 110 persone. Il deposito delle motivazioni avvenne in due tempi. Ora sarà la Corte d’appello a dover valutare gli effetti sul processo di secondo grado. Il ‘doppio’ deposito avvenne a causa di un guasto della stampante che il primo giugno scorso si ‘mangiò’ 120 pagine su 900 al momento del deposito. Quando il gup se ne accorse, qualche giorno dopo, il 4 giugno, adottò un provvedimento d’integrazione che dava atto dell’incidente tecnico e allegava le pagine mancanti. Un provvedimento, questo, definito «abnorme» dalla Cassazione che l’ha annullato per vizio di forma. Ora sarà la corte d’appello, che si ritrova una sentenza ‘monca’ in parte delle motivazioni, a dover valutare gli effetti della pronuncia della Cassazione. Intanto i 110 imputati restano in carcere.

LA SENTENZA DI PRIMO GRADO

Centocinquanta condanne. È questo il bilancio complessivo del maxi blitz anti-‘ndrangheta scattato in Lombardia nel luglio del 2010: ad un anno dalle 110 condanne disposte in abbreviato dal gup Roberto Arnaldi, oggi se ne sono aggiunte una quarantina, con pene comprese tra i 3 e i 20 anni. Era stata battezzata Operazione Infinito, obiettivo colpire presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia. Il collegio dell’ottava sezione penale di Milano ha stabilito la pena più alta, 20 anni, per Pio Candeloro. Sono 18 gli anni per Giuseppe ‘Pino’ Neri, per l’accusa ex capo della struttura di vertice della ‘ndrangheta in Lombardia (‘La Provincià), 13 anni e 6 mesi quelli per l’ex carabiniere Michele Berlingieri. Ancora, tredici anni per l’ex direttore della Asl di Pavia Carlo Chiriaco, definito dagli investigatori «figura inquietante e paradigmatica». Tra le altre c’è anche la condanna a 12 anni per l’imprenditore Ivano Perego.

Per loro i giudici, presieduti da Maria Luisa Balzarotti, hanno stabilito anche, a pena espiata, 3 anni di libertà vigilata. Oltre ai verdetti (compresi di tre assoluzioni), il collegio ha definito una ‘pioggia’ di risarcimenti che alcuni tra gli imputati sono stati condannati a versare in solido. La cifra più alta è stata assegnata alla Regione Lombardia: un milione di euro più 200 mila euro da parte di Chiriaco. Cinquecentomila euro per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Risarcimenti spettano anche ai ministeri dell’Interno e della Difesa. Così come tra gli altri sono stati disposti 300 mila euro alla parte civile Regione Calabria, la stessa cifra al Comune di Bollate, Pavia, Seregno, Desio e la provincia di Monza e Brianza. Un religioso silenzio ha accompagnato la lunga lettura del dispositivo avvenuta all’interno dell’aula bunker di via Filangeri, al cospetto di imputati fuori e dietro le sbarre, di familiari e una platea di giornalisti. Un silenzio interrotto solo per un attimo da una reazione di sconforto venuta da parte di familiari. Si è chiuso così, in primo grado, un altro capitolo delle indagini ‘Infinito’ della Dda di Milano, guidata da Ilda Boccassini che avevano individuato una quindicina di presunte ‘localì della ‘ndrangheta sparse per Milano e dintorni. In 174 vennero arrestati in Lombardia e la Procura di Milano chiese e ottenne il giudizio immediato. Più di una decina hanno già patteggiato, un centinaio sono stati giudicati con rito abbreviato, ora in corso d’appello, oggi è stata la volta del primo grado di quelli che avevano scelto il rito ordinario.

DIFESE, SENTENZA NULLA CHIEDIAMO SCARCERAZIONI

Sono pronti a chiedere la scarcerazione dei loro assistiti i difensori degli imputati nel processo milanese ‘Infinito’ con al centro le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia che in primo grado si e’ concluso con 110 condanne fino a 16 anni di reclusione. Dopo la decisione della Cassazione che ha annullato il deposito ‘in due tempi’ delle motivazioni della sentenza, infatti, da quanto si è saputo, numerosi legali ritengono che ora la Corte d’Appello nel processo di secondo grado debba dichiarare la “nullità” del verdetto e provvedere, dunque, a scarcerare i detenuti. Da quanto si è saputo da fonti legali e giudiziarie, il ‘caso’ che dovranno risolvere i giudici della Corte d’Apello milanese risulta, in sostanza, senza precedenti specifici. Tra le ipotesi di decisione, da quanto si è appreso, c’é la possibilità che i giudici possano annullare la sentenza di primo grado (si tornerebbe alla fase del processo), ma anche che possano ‘sanare’ il difetto delle motivazioni sancito dalla Cassazione. La Suprema Corte – accogliendo il ricorso degli avvocati Manuela Caciuttolo, Raffaele Della Valle e Donatella Rapetti per conto di quattro imputati – ha annullato senza rinvio il provvedimento con cui il gup di Milano Roberto Arnaldi aveva integrato le motivazioni che nel primo deposito avevano un ‘buco’ di 120 pagine. Resterebbe dunque una sentenza ‘monca’ di una parte delle motivazioni. Una questione che è stata sollevata anche nei motivi del ricorso in appello dagli avvocati di tutti gli altri imputati nel processo, tra cui i legali Maria Teresa Zampogna e Amedeo Rizza. Nell’udienza di domani (a porte chiuse, il processo si svolge con rito abbreviato) nell’aula bunker di piazza Filangeri le difese, partendo dal fatto che ritengono la sentenza viziata da “nullità assoluta” dopo la decisione della Cassazione, chiederanno l’annullamento del verdetto di primo grado e le scarcerazioni. Solo le motivazioni della Cassazione che saranno rese note nei prossimi giorni, tra l’altro, potranno chiarire i motivi della decisione.