Oggi bisogna incominciare a ragionare in termini rivoluzionari
redazione | Il 01, Nov 2011
Dramma del lavoro, bisogna ragionare in termini di cambiamenti epocali e quindi rivoluzionari per rispondere alle sfide che il mondo attuale pone, perché l’economia risponda all’interesse del popolo produttivo e perché questi sommovimenti avvengano in maniera democratica, non violenta generando una società più giusta e più libera
Calabria, 500 mila persone a rischio povertà
Editoriale,di Bruno Morgante
Oggi bisogna incominciare a ragionare in termini rivoluzionari
Dramma del lavoro, bisogna ragionare in termini di cambiamenti epocali e quindi rivoluzionari per rispondere alle sfide che il mondo attuale pone, perché l’economia risponda all’interesse del popolo produttivo e perché questi sommovimenti avvengano in maniera democratica, non violenta generando una società più giusta e più libera
REGGIO CALABRIA L’altra sera un programma televisivo mostrava le immagini di una manifestazione a Milano di lavoratori che erano stati licenziati da un’azienda che aveva chiuso l’attività.
Era un’azienda di servizi, per cui i lavoratori non usufruivano della Cassa Integrazione o della mobilità
Una donna, che poteva avere cinquanta anni, attirava l’attenzione per la disperazione che manifestava, mentre inveiva contro tutti.
Avvicinata dal telecronista si sfogava evidenziando un dramma, che non poteva non coinvolgerti e farti riflettere.
< Sono una donna separata e con tre figli. Da domani che cosa (lei ha usato un’altra espressione) darò da mangiare ai miei figli, cosa mi succederà non essendo in grado di pagare l’affitto di casa, cosa sarà di me e dei miei figli, dato che nessuno assumerà una vecchia, mentre tutti voi (indicava sindacalisti, politici presenti alla manifestazione, giornalista e cameramen) siete al sicuro con i vostri belli stipendi>.
Nello studio televisivo si ragionava della necessità di una riforma delle pensioni, che abolisse la pensione di anzianità e portasse tutti in pensione a sessantasette anni, quale passo indispensabile, anche se non risolutivo, per rispondere alle richieste dell’Europa.
Senza accorgermene mi estraniavo dal dibattito televisivo.
Pensavo a un uomo del mio paese di sessanta anni, operaio edile, grande lavoratore, con famiglia numerosa, che la settimana prima si era impiccato perché da tempo senza lavoro e l’unico figlio che lavorava era stato licenziato, mentre aveva ricevuto la lettera di sfratto.
Mi veniva in mente anche una discussione avuta nel pomeriggio con un uomo di trentatre anni, meridionale, disoccupato, laureato in economia del turismo, con un master in gestione di grossi complessi turistici, che sta facendo un altro master all’Università di Reggio Emilia in direzione aziendale di grosse aziende di servizi.
Si ragionava della crisi italiana e delle varie proposte per affrontarla.
Questo uomo fece una domanda semplice con un piglio incazzato di sfida.
< Ho trentatre anni, mi sono laureato nei cinque anni previsti, non mi sono mai tirato indietro di fronte al lavoro, facendo anche l’operaio, ho continuato a studiare per specializzarmi sempre di più, investendo molti soldi. L’azienda presso cui sto facendo lo stage ha in programma dei licenziamenti, per cui è da escludere che possa sperare di essere assunto, anche se mi sto impegnando molto di più che se fossi dipendente. Che avvenire ho, tenuto conto che ho già trentatre anni e alla mia età mio padre aveva già due figli, che il mio curriculum l’ho già spedito a centinaia di aziende senza risultati apprezzabili? Mi si può dire di crearmi un’attività. In che settore, con quali soldi? I vostri dibattiti e ragionamenti danno delle risposte a queste domande? Se non le danno non mi interessano e sono sbagliate e tutta la società è sbagliata>.
Queste riflessioni sottintendevano una domanda semplice: ma questa economia che pretende bassi salari, libertà di licenziamento, che esprime un potere finanziario di pochi senza controllo che si autoalimenta ai danni della produzione e che ormai detta i programmi ai governi, questa economia corrisponde all’interesse della stragrande maggioranza dei cittadini? Sicuramente no.
Oggi i telegiornali rilanciano in continuazione il crollo delle borse e dei titoli di stato italiano, con conseguente aumento degli interessi da pagare con aggravio delle tasse.
Questi fatti ci dicono che viviamo un tempo di grandi sommovimenti economici e sociali e la politica non li coglie, chiusa nei suoi giochetti per mettere fuori gioco l’avversario per guadagnare qualche posizione.
Oggi bisogna incominciare a ragionare in termini di cambiamenti epocali e quindi rivoluzionari per rispondere alle sfide che il mondo attuale pone, perché l’economia risponda all’interesse del popolo produttivo e perché questi sommovimenti avvengano in maniera democratica, non violenta generando una società più giusta e più libera.
I giovani indignati,che ormai coprono due generazioni, i disoccupati over cinquanta, le loro famiglie, lo hanno capito e, mentre fino a poco tempo fa vivevano in solitudine, e quasi vergognandosi, il loro stato di bisogno, oggi incominciano a muoversi insieme per dare una spallata a questo sistema ingiusto e illiberale.
Bruno Morgante