Nulla ordinanza – ingiunzione Prefetto avverso ricorso a verbale Codice Strada se non motivata ad hoc Non valgono le formule «stereotipe» adottate serialmente per tutte le infrazioni. Nel giudizio di opposizione spetta all'amministrazione provare gli elementi della contestazione
Purtroppo nel Nostro Paese, il ricorso alle multe seriali per “far cassa”, molte
illegittime, è un fenomeno generalizzato che da anni lo “Sportello dei Diritti”, attraverso il suo presidente Giovanni D’Agata, continua a denunciare anche
perchè troppo spesso, le prefetture che dovrebbero essere i verificatori della legittimità
dell’agire dei comuni e degli altri enti accertatori, respingono in maniera del tutto
ingiustificata, con formule sovente ciclostilate, i ricorsi dei cittadini che si
vedono ingiustamente multati. Fortunatamente è possibile ricorrere innanzi ai giudici
anche alle ordinanze-ingiunzioni dei prefetti, che spesso sono macchiate, come detto,
da una ripetitività del tutto ingiustificata e non adeguata alle doglianze di coloro
che si sentono ingiustamente sanzionati. In tali casi, dev’essere annullata l’ordinanza-ingiunzione
della prefettura di rigetto del ricorso avverso la multa al Codice della Strada perchè
l’amministrazione non può utilizzare un modello prestampato valido per tutte le
infrazioni, con ciò respingendo in blocco le doglianze del presunto trasgressore
contro il verbale contestato. Inoltre, nel giudizio di opposizione, spetta all’autorità
la prova che sussistono gli elementi posti alla base della violazione addebitata:
in caso contrario l’opposizione è accolta perché non vi sono prove sufficienti
della responsabilità dell’opponente. A stabilire questi principi, l’interessante
sentenza 5267/16, pubblicata dalla dodicesima sezione civile del tribunale di Roma
nella persona del giudice Silvia Larocca. Nella fattispecie, è stato accolto l’appello
proposto avverso la sentenza del giudice di pace dall’automobilista sanzionato
per la sosta nella zona a traffico limitato: in particolare, l’opponente aveva
dedotto di essere titolare di un regolare permesso per circolare e parcheggiare nella
ztl. In tal senso, dall’ordinanza impugnata emerge che la prefettura non produce
alcun documento richiamato e posto a supporto del rigetto del ricorso proposto dal
trasgressore. In sintesi: è violato il diritto di difesa dell’automobilista nel
momento in cui il provvedimento decisorio risulta adottato con una formula seriale
che non risponde alle doglianze prospettare e alle eccezioni sollevate. Erra, quindi,
il giudice di pace a non rilevare che manca il minimo di motivazione «ordinariamente
esigibile». Peraltro, ricorda il tribunale, che nel giudizio di opposizione l’amministrazione
è convenuta in senso formale, ma attrice in quelle sostanziale: all’opponente
basta quindi provare fatti impeditivi o estintivi, mentre sta alla prefettura, nella
specie contumace nel giudizio al tribunale, dimostrare che il titolo esecutivo vantato
dall’amministrazione è stato formato in modo valido. Non vi è dubbio, quindi,
che l’opposizione debba trovare accoglimento in virtù dell’articolo 7 n. 10
de decreto legislativo 150/11, con conseguente condanna alle spese di lite per la
prefettura.