Migranti impiegati in lavori agricoli, quattordici arresti Vasta operazione dei Carabinieri per contrastare lo sfruttamento dei rifugiati ospitati nei centri di accoglienza. Il commento della politica
I carabinieri del comando provinciale di Cosenza hanno eseguito una vasta operazione di contrasto allo sfruttamento dei rifugiati ospitati nei centri di accoglienza con l’esecuzione di quattordici misure cautelari: due custodie cautelari in carcere, quattro arresti domiciliari, otto obbligo di dimora.
Le misure sono state disposte dal giudice per le indagini preliminari Tribunale di Cosenza, Salvatore Carpino, su richiesta della locale Procura della Repubblica, a carico di altrettanti soggetti accusati a vario titolo di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, abuso d’ufficio e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Le indagini, condotte dai militari della compagnia carabinieri di Cosenza, sono iniziate a settembre dell’anno scorso sotto la direzione di Marisa Manzini, procuratore aggiunto e di Giuseppe Cava, sostituto procuratore, coordinati dal procuratore capo della Repubblica, Mario Spagnuolo.
Gli elementi raccolti dai carabinieri hanno permesso di accertare che i rifugiati, principalmente senegalesi, nigeriani e somali, venivano prelevati da due centri di accoglienza straordinaria di Camigliatello Silano (Cosenza) e portati a lavorare in campi di patate e fragole dell’altopiano della Sila cosentina o impiegati come pastori per badare agli animali da pascolo. In particolare, il presidente e due responsabili della gestione di un centro di accoglienza straordinaria risultano accusati di aver illecitamente reclutato i rifugiati a loro affidati per essere impiegati in nero come braccianti e pastori in numerose aziende agricole del luogo, in concorso con i titolari di quest’ultime.
PAOLO PARENTELA (M5S)
«Gli arresti per sfruttamento di manodopera extracomunitaria proveniente dalle strutture di Spezzano Piccolo e Camigliatello silano del centro di accoglienza straordinaria “Santa Lucia” impone la massima tutela dei migranti ospitati e una verifica a tappeto sulle strutture analoghe presenti in Calabria». Lo afferma in una nota il deputato M5s Paolo Parentela, in relazione a un’inchiesta dei carabinieri che, coordinata dalla Procura di Cosenza, ha trovato l’applicazione di misure restrittive per responsabili del “Santa Lucia”, nel Cosentino, e per titolari di aziende agricole della zona. «Al ministro dell’Interno, Marco Minniti, chiederemo – aggiunge il parlamentare 5stelle – di intervenire direttamente. Si usi la linea dura contro chi specula sulla vicenda dei migranti nella nostra regione; contro chi, come è emerso nell’inchiesta, prova a falsificare le carte per ricevere contributi pubblici e organizzare squadre di lavoratori a nero, peraltro in un’area geografica segnata da un’emigrazione spaventosa e da una povertà sociale sempre più diffusa». «Mi auguro – conclude Parentela – che anche il governatore Mario Oliverio, originario della Sila, assuma una posizione politica forte contro le speculazioni avvenute, che vanno fronteggiate con una condanna pubblica chiara e risoluta».
COLDIRETTI CALABRIA
L’operazione dei Carabinieri di Cosenza nel Centro di Accoglienza di Camigliatello ha drammaticamente fatto venire alla luce quella che Papa Francesco definisce “una periferia esistenziale”. Il giro di vite – commenta Pietro Molinaro Presidente di Coldiretti Calabria – ha fatto emergere una situazione non solo eticamente inaccettabile, ma economicamente inefficiente: da un lato non si premia la qualità del lavoro, dall’altro si annullano tentativi di integrazione, che invece è volano di sviluppo economico. Con grande chiarezza e responsabilità – continua – chiediamo che le aziende agricole che si sono prestate ad alimentare il sommerso e catalizzare il lavoro nero siano subito in via precauzionale private dei benefici pubblici e lo stesso per chi gestisce il centro di accoglienza. Colpisce in negativo questo intreccio tra immigrazione e illegalità con il lavoro nero che significa sfruttamento, violazione di diritti fondamentali e che vanifica gli investimenti sull’integrazione e gioca sulla pelle di una agricoltura di qualità e di un territorio ad alto valore turistico.
PARTITO COMUNISTA COSENZA
In seguito alla notizia degli ordini cautelativi eseguiti dai Carabinieri presso Camigliatello Silano, il Partito Comunista esprime vicinanza ai lavoratori immigrati vittime, come tutti, di quel livello disumano di sfruttamento da parte delle aziende indagate. Tuttavia, è sbagliatissimo ridurre quelle condizioni terribili di lavoro a scoop momentaneo della stampa. Questa vicenda dimostra ancora una volta la scarsità di controlli e di misure adeguate per i centri di accoglienza (straordinari e non) presenti sul territorio italiano, che diventano veri e propri serbatoi di lavoro sommerso, le cui vittime sono sia chi giunge in Italia in cerca di lavoro, soprattutto lavoro stagionale con l’agricoltura e/o il pascolo, sia chi arriva in questi centri perché in fuga da situazioni di povertà o di guerre, causate dagli stessi Paesi da cui vengono accolti. Questi flussi migratori sono causati da politiche imperialiste portate avanti dai governi che fanno gli interessi delle multinazionali e dei monopoli, per delocalizzare, depredare risorse, esportare capitali, procurarsi un esercito di persone disperate da sfruttare a basso costo. Intere fette del pianeta come il Nord-Africa o il Medioriente vengono depredati fino al midollo anche tramite la destabilizzazione di governi legittimi con sistemi sovversivi quali golpe, finanziamento di gruppi terroristici (si veda la situazione in Siria o in Libia), corruzione dei governi stessi. Le condizioni di lavoro per le quali sono indagate le aziende di Camigliatello Silano non sono diverse da quelle patite da tutti i lavoratori immigrati nel nostro Paese, né da tutti i lavoratori e operai italiani. La retorica di destra per la quale gli immigrati “ci rubano il lavoro” o “portano delinquenza, sprechi di soldi pubblici e speculazione sui centri di accoglienza” si dimostra con questo evento totalmente falsa. In Calabria migliaia di immigrati (si vedano quelli della tendopoli di Rosarno) patiscono la disoccupazione esattamente come i proletari italiani, perché, a prescindere dal colore della pelle, ai padroni conviene sfruttare il più possibile poche persone piuttosto che far lavorare tutti con una paga adeguata e orari più bassi. La vicenda di Camigliatello dimostra ancora una volta come la delinquenza, la barbarie, lo sfruttamento e la mancanza di lavoro siano causati da padroni e mafiosi, non da chi vive la povertà al pari degli italiani. Contro la guerra tra poveri fomentata dai governi dei padroni e dalle destre reazionarie, contro la disoccupazione e la miseria, contro lo sfruttamento selvaggio tanto degli italiani quanto degli immigrati, contro la guerra all’estero, le delocalizzazioni e il saccheggio delle risorse, il Partito Comunista chiama all’unità di classe e alla lotta organizzata. Italiani e immigrati devono lottare uniti per il lavoro per tutti, per un salario minimo garantito e orari di lavoro adeguati e dignitosi, contro il potere del grande capitale, sia quello “legale” che quello mafioso; contro ogni discriminazione di tipo razziale, etnico o nazionale, che è solo guerra tra poveri voluta dai padroni e dai loro servi. Sulla pelle il sudore ha lo stesso colore! Il nemico non è l’immigrato, ma il padrone!