Le “nuove” Brigate rosse rivendicano da Catanzaro il diritto a rendere noti i propri scritti
redazione | Il 24, Gen 2014
Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi sono detenuti nel carcere di Siano di Catanzaro e, attraverso il loro avvocato, hanno sottolineato la “censura” dei loro scritti. Poco tempo fa fecero uscire un documento che sollecitava i no Tav «a compiere un altro salto in avanti»
Le “nuove” Brigate rosse rivendicano da Catanzaro il diritto a rendere noti i propri scritti
Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi sono detenuti nel carcere di Siano di Catanzaro e, attraverso il loro avvocato, hanno sottolineato la “censura” dei loro scritti. Poco tempo fa fecero uscire un documento che sollecitava i no Tav «a compiere un altro salto in avanti»
CATANZARO – Dal carcere di Catanzaro si rifanno vivi Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi, i due esponenti delle cosiddette “nuove Br” del Partito comunista politico-militare, e lo fanno con due documenti che, tramite il loro difensore, l’avvocato Giuseppe Pelazza, hanno voluto consegnare alla stampa. In uno dei testi, in particolare, i due, condannati dalla Cassazione nel settembre 2012 a 9 e 10 anni di reclusione, si lamentano del “blocco-sequestro” della loro corrispondenza in arrivo e in partenza, dopo che, lo scorso settembre, era spuntato su internet un loro scritto con cui sollecitavano il movimento No Tav a “compiere un altro salto in avanti”.
Nel secondo documento, reso noto dal legale, Davanzo e Sisi parlano di “militarizzazione e macchina mediatica”, rivendicando l’esigenza “di riconoscere l’internità delle tendenze rivoluzionarie armate al movimento di classe, seppur nell’ovvia differenza e dialettica critica” e ritenendo che è ”ora di farla finita di farsi abbindolare con il pacifismo, quando chi lo predica è un sistema criminale che esercita violenza tutti i giorni contro le classi oppresse e sfruttate e nel mondo”.
In sostanza, i due ideologi del Pc-pm, riguardo “all’imposizione della censura sulla nostra corrispondenza”, parlano del “carattere fortemente vessatorio e politico” e di un ”tentativo di silenziamento” con “questo provvedimento”. E fanno “appello alla circolazione dei nostri testi e degli altri provenienti dalla resistenza in carcere”. Tornano anche a parlare dei No Tav, sostenendo che nei loro confronti c’è un ”attacco mediatico” e “un’opera di intimidazione e attacchi, senza precedenti, rispetto a un movimento popolare”.