Lavoro e finta abolizione delle Province Il pasticciaccio brutto della pseudoriforma “Delrio” ha partorito un aborto giuridico rappresentato dalla mobilità dei lavoratori delle province molti dei quali respinti dalle amministrazioni di destinazione
Che la riforma “Delrio” con la quale si paventava trionfalisticamente l’abolizione delle Province fosse una truffa a danno degli italiani si era visto non appena si è dato attuazione, con le amministrazioni provinciali tuttora in piedi con compiti e funzioni in parte rimaste ed in parte non del tutto chiare per salvare qualche poltrona lì e là, a discapito di migliaia di dipendenti che oggi sono stati costretti a lasciare le loro mansioni e le proprie competenze accumulate – per molti – negli anni, per spostarsi, se gli va bene, in altri enti o amministrazioni dello Stato. Se va bene, dicevamo, perché proprio in data odierna, fissata quale /start day/ per il passaggio alle nuove amministrazioni, molti dei dipendenti che provenivano dalle province si sono visti rifiutare letteralmente l’assegnazione al nuovo incarico presso le amministrazioni riceventi. Non dimentichiamo, infatti, che il pasticciaccio brutto è stato proprio determinato dalla riforma stessa e dai suoi provvedimenti attuativi a partire da quello emanato dal Dipartimento della Funzione Pubblica, che con decreto del Direttore dell’Ufficio per l’organizzazione ed il lavoro pubblico n. 11)-14647299 del 10.08.2016, pubblicato sul portale “mobilità.gov”, a conclusione della prima fase di mobilità disciplinata dal D.M. 14.09.2015, emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri — Dipartimento della Funzione Pubblica “/Criteri per la mobilità del personale dipendente a tempo indeterminato degli enti di area vasta dichiarato in soprannumero, della Croce Rossa italiana, nonché dei corpi e servizi di polizia provinciale per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale/”, ha assegnato i dipendenti delle province a determinate amministrazioni senza però un’effettiva e puntuale verifica delle singole professionalità e dell’effettivo bisogno delle stesse presso i nuovi incarichi. A segnalarci la gravissima questione che coinvolgerebbe migliaia di dipendenti delle province e degli enti indicati nel sopracitato decreto, due lavoratrici della provincia di Lecce le quali, destinate ai Comune di Lequile e Presicce (Le), si sono viste rifiutare l’assegnazione in data odierna non prima di aver comunque diffidato l’amministrazione comunale, in assenza di apposita convocazione, a renderle loro possibile l’esecuzione della prestazione lavorativa. Insomma, moltissimi lavoratori si troverebbero in un limbo giuridico, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti [1]”, che deve essere immediatamente sostituito dalla certezza del diritto al proprio posto di lavoro. Che il governo batta un colpo!