La ‘ndrangheta degli Arena e il coraggio di una donna a ribellarsi, “Per me era pronta la ruspa, mi dicevano” La donna, ex moglie di uno degli arrestati ha raccontato le angherie subite e le violenze psicologiche durante la sua vita coniugale, "Pretendevano anche promiscuità sessuale con il suocero"
Di GiLar
Un inferno drammatico quello subito dalla donna, ex moglie di Rosario Arena, arrestato dopo un’indagine della Dda insieme al padre perché ritenuto vicini alla cosca Pesce di Rosarno. Una storia, quella raccontata dalla donna, che ha trovato il coraggio a ribellarsi che ha dei risvolti che dovrebbero far riflettere una società intera e non solo a livello giudiziario che sarò compito della magistratura, ma dal punto di vista sociale per capire meglio in che condizioni siamo nel terzo millennio, con questa mentalità retrograda e mafiosa che vige in Calabria, in alcune realtà della nostra Regione. Uomini senza scrupoli che non guardano in faccia a nessuno, che non vogliono lavorare come tutte le persone oneste e per bene, che non vogliono vivere nella legalità, ma che scelgono di vessare, estorcere, violentare persone in tutti i contesti, con minacce, estorsioni così come è capitato al medico che non voleva scrivergli un certificato per farlo uscire dal carcere e usufruire del beneficio degli arresti domiciliari perché se non glielo avrebbe fatto dopo tante pressioni “sarebbe diventato scortese per davvero” e che poteva “finire male”. A volte ci si chiede quando un professionista, un medico che opera nelle nostre zone si trova ad avere a che fare con questi soggetti, definiti dagli investigatori, “dall’elevatissima capacità criminale”, come ci si dovrebbe comportare? Certo denunciare sarebbe normale e sacrosanto, ma poi? Quale vita farebbe? Quando si vengono a scoprire delle indagini di ‘ndrangheta in cui ci sono soggetti con quelle mentalità pericolose, un interrogativo occorre farselo. Per non parlare delle estorsioni alla “Fattoria della Piana”, una sorta di stipendio mensile con tredicesima nel periodo delle festività natalizie, oltre a proventi della ristorazione e assunzioni varie.
In tutta questa storia criminale c’è stata una donna che si è ribellata, dopo le minacce e le angherie subite che si è rivolta ai magistrati della Dda di Reggio Calabria ed ha raccontato la sua vita, il suo inferno vissuto dopo la decisione di interrompere la relazione con Arena.
Da lì sono partite le minacce di morte anche sui social con profili falsi e che le dicevano più volte, “che per me era già pronta la ruspa” per fare intendere “che mi avrebbero appunto uccisa e seppellita”. E ancora, “dovrai morire di fame” e successivamente in uno scambio di messaggi, il suocero “le offriva la somma di 100 mila euro se fosse tornata a vivere con il figlio”.
La donna ha dichiarato ai Pm che “Già durante la mia vita matrimoniale ho subito numerose volte minacce del mio ex suocero e dal mio ex marito, che mi hanno più volte detto che per me era già pronta la ruspa, volendo intendere che mi avrebbero appunto uccisa e seppellita. Quando ho lasciato Rosario, il 13 novembre 2018, Arena Domenico, il mio ex suocero, mi ha detto che sarebbe venuto sotto casa, avrebbe distrutto tutto e ci avrebbe uccisi”.
Una vita matrimoniale come scrivono i giudici nell’ordinanza “improntata a pressioni psicologiche continue, in quanto il suocero ed il marito pretendevano che lei, come le altre nuore, prendesse parte attiva agli affari illeciti della famiglia, tra cui il traffico di stupefacenti, e che avesse con il suocero atteggiamenti sessuali promiscui e confidenziali”.
Un’esistenza quella della donna simile ad un inferno e con la voglia di ribellarsi e andare via da quell’ambiente criminale, denunciando tutto con ammirevole coraggio. E lo fa non solo per ribellarsi a quella vita criminale, ma soprattutto per i propri figli, per il futuro fuori da ogni logica ‘ndranghetista e criminale, “Voglio andare via in maniera libera, non sotto protezione. La mia principale preoccupazione è quella di garantire ai miei figli una vita libera; voglio che possano avere una normale vita sociale e non voglio che debbano vivere rinchiusi in casa”.