La lanterna di Diogene
Giuseppe Larosa | Il 01, Lug 2012
Ma l’antimafia (sociale) esiste davvero?
a cura di GIUSEPPE LAROSA
La lanterna di Diogene
Ma l’antimafia (sociale) esiste davvero?
a cura di Giuseppe Larosa
Mentre si alternano le passerelle dell’antimafia tra convegni, dove si alternano magistrati famosi, funzionari di polizia ed esponenti di associazioni antimafia per dire semplicemente a mo di slogan da striscione, “no alla mafia” o “siamo tutti (il protagonista di turno)”, la tiritera è sempre la stessa come in un ciclostile. Ci sono posti indisturbati per la criminalità che ancora regna sovrana, uno di questi è Monasterace. Dopo gli attentati al sindaco Maria Carmela Lanzetta con l’incendio della sua farmacia e poi un altro con proiettili veri nel giugno scorso, adesso è toccato al suo capogruppo di maggioranza Clelia Raspa con un ennesimo attentato incendiario alla sua automobile. APolistena, quattro colpi di fucile contro l’auto dell’assessore comunale Domenico Muià e chissà quanti altri eventi delittuosi da azioni vigliacche si susseguiranno in questa “società malata”.
Paolo Borsellino una volta disse che «E’ normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti», ma fino a quando è valida questa normalità?
Assistiamo sempre inermi a questo estendere inesorabile di una criminalità che rafforza il suo predominio sul territorio così come tende a sviluppare un potere occulto su zone definite “scoperte” perché manca il capo bastone di turno e quindi liberi da impegni criminali. Sono quelle zone che ognuno si alza la mattina e fa quello che vuole come incendiare macchina, svaligiare appartamenti e commettere estorsioni ai danni di poveri ed ignari commercianti. Ma la cosa che desta tendenzialmente preoccupazione è, diciamo una sorta di impreparazione da parte delle forze dell’ordine a catturare questi criminali. Come se girano e agiscono indisturbati a fare le proprie attività criminali senza essere mai beccati o meglio destinate alle patrie galere.
Scriveva Sciascia nel suo Giorno della civetta, in un passaggio molto significativo del romanzo, «Il popolo cornuto era e cornuto resta: la differenza è che il fascismo appendeva una bandiera sola alle corna del popolo e la democrazia lascia che ognuno se l’appenda da sé, del colore che gli piace, alle proprie corna… Siamo al discorso di prima: non ci sono soltanto certi uomini a nascere cornuti, ci sono anche popoli interi; cornuti dall’antichità, una generazione appresso all’altra…», quante bandiere dobbiamo issare per avere un po’ di tranquillità sociale? E quello che ogni tanto mi chiedo, ma l’antimafia è una cosa seria in Italia? Penso proprio di no. Sarò impopolare in questa mia affermazione ma purtroppo noto che in questo paese trova spazio chiunque lancia uno slogan per dire semplicemente “no alla mafia”, ma cosa ne pensa la mafia di tutto questo? A mio avviso se ne infischia e continua imperterrita per la propria strada. Magari se questa è antimafia, mi riferisco a quella che in maniera scontata viene definita “sociale” per differenziarsi da quella “vera”, ossia della magistratura e delle forze dell’ordine. Quell’antimafia che chiede soldi tramite bonifici, versamenti e finanche il 5 per mille della dichiarazione dei redditi. E poi c’è quell’antimafia che chiede soldi, immobili confiscati da trasformare in loro attività imprenditoriali e magari trarre profitti per poi destinarli a cosa? Io non ci credo a questa antimafia e me ne dissocio categoricamente.
Io credo nella forza di un popolo che sa rialzarsi e che sa ribellarsi, che sa dire di no ma soprattutto che non abbassi la testa. Io credo in quell’antimafia che non chiede soldi o contributi né si inventa scoop o attentati ad hoc solo per ricevere una scorta e conseguentemente un posto in parlamento o in qualche stanza del potere e se non c’è di meglio anche una raccomandazione per un posto di lavoro retribuito con i soldi pubblici. Io non credo in quell’antimafia che vive lontano dai posti ove regna la mafia per sparare le solite “cazzate” e dire semplicemente altre cazzate che come responso finale sono solo cazzate. Io non credo in quell’antimafia che parla, a volte, come i mafiosi ed usa un turpiloquio per attaccare chi li contraddice ed addirittura si inventa teoremi come se fosse fianco a fianco in un’orbita da servizio segreto perché sa quello che potrebbe pensare la magistratura inquirente, e che poi, sono solo cazzate, ma stavolta sparate belle e grosse tanto da fare un botto peggio di un ciccione pronto allo scoppio finale per la sua esagerata obesità.
Io credo nelle persone perbene, in quelle che la mattina si alzano e dicono basta quando devono dirlo e lo fanno con parsimonia e umiltà. Credo in quella cultura dell’ascolto e del confronto e non in quello delle querele ovvero, delle minacce di querele che quando arrivano a qualche magistrato, mantiene la sue serietà istituzionale ma dentro di se, e lo sa anche lui, ride a crepapelle.
Io credo nella cultura della vita e di ciò che essa crea con le proprie rivoluzioni e non con le frustrazioni di un posto di rilievo per dire solo e semplicemente una cosa….la più grande balla mai esistita al mondo ossia l’antimafia sociale come associazione a scopo di lucro. Al contrario questa antimafia è benevolenza, bellezza e giustizia sociale.
lalanternadidiogene@approdonews.it