Il segretario nazionale del Psi scrive al direttore di Repubblica Ezio Mauro
redazione | Il 29, Ago 2011
Nencini si rifà alla lettera di Veltroni pubblicata sul quotidiano
Il segretario nazionale del Psi scrive al direttore di Repubblica Ezio Mauro
Nencini si rifà alla lettera di Veltroni pubblicata sul quotidiano
Il segretario nazionale del Psi scrive al direttore di Repubblica Ezio Mauro. Ecco il testo integrale:
Caro Direttore,
non dubito che il richiamo alla necessità di praticare il riformismo evocata da Walter Veltroni, con tutto il coraggio necessario, nella sua lettera su Repubblica di oggi (26 agosto ndr), sia la strada che la sinistra italiana debba percorrere.
Tuttavia, occorre ricordare a Veltroni che chi, nella seconda metà del secolo scorso, si iscriveva al Pci lo faceva perché era o si sentiva comunista, pur con tutti i distinguo del caso.
Chi, essendo di sinistra, comunista non era o non si sentiva, si iscriveva e militava nel Psi, almeno a partire dalla pubblicazione del rapporto Krusciov al XX congresso del Pcus e dalla rivoluzione ungherese del 1956.
Veltroni, ricordando il coraggio di Di Vittorio – costretto in quell’occasione a un’umiliante autocritica da Togliatti che del Pci era il leader- omette di ricordare che Giolitti, Ghirelli e tanti altri dirigenti e militanti si dimisero o furono cacciati dal Pci per iscriversi al Psi che da molti anni aveva scelto di stare dalla parte giusta.
Inoltre Veltroni evita di ricordare che negli anni successivi Giorgio Napolitano -e con lui i “miglioristi”- rimasero nel Pci sparuta minoranza, vessati e criticati e dalla maggioranza del partito.
Non del tutto appagato, allo scopo di rilanciare e magari rinverdire le oblique anomalie politiche di Enrico Berlinguer e Achille Occhetto, egli si avventura in un excursus storico totalmente arbitrario, omettendo di citare e riconoscere il grande ruolo che svolsero i riformisti cattolici e laici -e in particolare i socialisti- nella modernizzazione della nostra Italia. Basti pensare alla legge sullo Statuto dei lavoratori voluta dal ministro socialista Giacomo Brodolini, che oggi costituisce la base da cui muovere per un profondo ripensamento delle norme che regolano il mondo del lavoro, e le riforme volute e promosse dal Psi nei successivi anni 70 e 80.
Quando parliamo di riformismo, un Pantheon solo comunista non sta in piedi.
Caro Direttore, questa potrebbe apparire come una polemica legata ad un tempo passato.
Cosi’ non è: se alla base della discussione su come costruire il riformismo del futuro mancano la chiarezza e la corretta lettura dei processi che nel bene come nel male appartengono alla storia della nostra Italia, si rischia sin dall’inizio di smarrire il senso di una missione di cui si avverte l’assoluta necessità.
Siccome nemmeno oggi la sinistra riformista è rappresentata da un solo partito, quanti si ispirano a questo metodo per governare il futuro dell’Italia si diano appuntamento, il prossimo autunno, negli “Stati generali del riformismo italiano”.
Prima che sia troppo tardi.
Prima che la CGIL si faccia catturare dalla FIOM.
Prima che la sinistra non socialista né legata al Pd si faccia travolgere da forme di neomassimalismo.
Riccardo Nencini
Segretario Nazionale Psi
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