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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 24 APRILE 2024

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I capitali dei clan di ‘ndrangheta nella ristorazione Nove arresti e sequestri per oltre dieci milioni di euro

I capitali dei clan di ‘ndrangheta nella ristorazione Nove arresti e sequestri per oltre dieci milioni di euro
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Nove persone con arrestate dalla polizia di Milano nelle provincie Milano, Torino e Monza Brianza, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere e trasferimento fraudolento di valori. Sequestrate quote societarie e l’intero patrimonio aziendale di 6 società riconducibili agli indagati per un valore di circa 10 milioni di euro; quattro società sono proprietarie di altrettanti ristoranti-pizzerie riconducibili a un noto marchio franchising, mentre una società è proprietaria di un hotel a Cinisello Balsamo.
Le indagini effettuate hanno scoperchiato un vaso di Pandora riconducente a soggetti appartenenti a cosche calabresi e riguarda il riciclaggio di denaro frutto di attività illecite.
Grandi capitali nel circuito della grande ristorazione nel Nord Italia. Secondo gli investigatori a capeggiare l’associazione per delinquere sarebbe stato un noto pregiudicato di origini calabresi, Giuseppe Carvelli, in passato indagato con esponenti di alcune cosche di ‘ndrangheta del vibonese e della Piana di Gioia Tauro.
Nelle carte si legge che un noto pregiudicato “tornato in carcere, “con fine pena al 2026” quattro anni fa è stato ammesso “al lavoro esterno” alle dipendenze di una cooperativa a Bollate e dal marzo 2017 beneficiava “dell’affidamento in prova ai servizi sociali”.
L’inchiesta ha scoperto e documentato durante le indagini che le varie attività criminose hanno evidenziato una banda in espansione fino ad aprire due locali di ristorazione a Torino.
Oltre a scoprire un ordine gerarchico di posizioni nella banda, si documenta la costante direzione del boss calabrese su ogni incombenza.
Il gip segnala anche la “raffinatezza degli strumenti giuridici adottati” come successioni, costituzione di nuove società e l’uso continuo di “prestanome”. Il boss calabrese, tra l’altro, rivendicava il suo “livello criminale”, che gli ha assicurato la buona accoglienza a Torino da parte del “livello superiore”, e quando serviva, intimidiva anche i dipendenti.