Etica e moralità degli scritti anonimi Qual è il limite fra verità e calunnia?
di Luigi Mamone
Gentile Direttore, ho letto con
attenzione la lunga riflessione del Dott. Francesco Rao, in ordine alla
liceità morale dell’utilizzo di scritti anonimi e, spogliandomi della
veste del giornalista e facendo restare solo quella del legale, sento la
necessità di esternare qualche riflessione. La memoria va quasi a un
quarto di secolo fa ad un vecchio caso di omicidio professionalmente
seguito: una settimana prima del delitto una lettera anonima, inviata al
Comando Stazione dei Carabinieri e a al Commissariato della Polizia di
Stato del luogo dove poi avvenne l’omicidio, informava quelle autorità
locali di PS e di PG che l’uomo che da lì a pochi giorni sarebbe stato
trucidato da un commando che utilizzò una pistola di grosso calibro e
due fucili, avesse l’amante. Indicava, l’anonimo, il nome della donna
fedifraga e quello del marito tradito. A chi potesse importare di
informare Carabinieri e Polizia di una liasion di paese
nell’immediatezza non lo si capiva. Salvo che pochi giorni dopo, appena
avvenuto il delitto, quelle due lettere ebbero il potere di indirizzare
da subito tutti gli investigatori su una falsa pista: quella del delitto
passionale. Il marito tradito che uccideva il rivale. Dopo lunghe
indagini e due processi, l’innocenza del malcapitato fu pienamente
dimostrata. E fu dimostrato incidentalmente che le lettere anonime
avessero splendidamente assolto alla funzione di depistare le indagini,
distogliendo e, di fatto, impedendo di effettuare quelle attività della
prima ora volte alla discovery di elementi utili alle indagini su una
scena di delitto ancora calda e che presentava evidenti i markers di un
delitto di mafia.
Un scritto anonimo dunque certamente non volto alla
affermazione di una verità, ma solo alla costruzione di una calunnia.
Questo, alla luce delle riflessioni di carattere latamente sociologico
svolte dal Dott. Rao con il quale si deve concordare che non solo
Cittanova ma l’intera Calabria paghi un prezzo pesantissimo alla mancata
crescita civile e culturale e alla mancanza di occasioni di lavoro e di
affermazione professionale devono condurre ad una serie e forte
riflessione sull’ammissibilità sotto il profilo etico e della certezza
del diritto, degli scritti anonimi.
L’evocazione al nuovo rigore nei
costumi della Chiesa imposto da Papa Francesco, non deve assolutamente
far dimenticare una frase di Giovanni Paolo II°. ” La verità vi farà
liberi”.
Ciò detto vogliamo domandarci se esista e quale sia il limite
morale di accettazione di uno scritto anonimo che non faccia riferimento
a uno stato di fatto ( es. Tizio ha costruito abusivamente una casa nel
terreno di sua proprietà ) l’affermazione – se veritiera – è
immediatamente riscontrabile con un sopralluogo. L’abuso edilizio se c’è
si può vedere e si può- accademicamente – toccare con mano. Altra cosa è
invece uno scritto anonimo che accusi una persona di una condizione o di
un comportamento o di uno status ( Caio è associato con una Cosca di
ndrangheta oppure Sempronio è un pedofilo- o ancora Mevio è un massone ,
o Hypazia è una meretrice oppure la sua azienda è una copertura di altra
forma di malaffare, ovvero è prestanome di un tal altro soggetto
nascosto nell’ombra perché mafioso, o altrimenti non ufficializzabile o
spaccia droga o qualsiasi altra condotta in se penalmente rilevante o
idonea a instillare un sospetto o a dar vita a valutazioni che – in
futuro potrebbero diventare compendio di relazioni di carattere
personologico da utilizzarsi a corredo di informative di PG o di
ordinanze di custodia cautelare o di misure di carattere special
preventivo
La linea scriminante fra la verità anonima e la calunnia
anonima è sottilissimo. La delazione anonima alla quale fa riferimento
l’ANAC, non riteniamo possa essere estesa ad libitum alle dicerie di
paese o alle lotte di paese- senza esclusione di colpi.
Non
dimentichiamo una frase che nel corso del processo Taurus pronunciò in
sede di interrogatorio un Collaboratore di Giustizia di quegli anni,
tale divenuto dopo che la fazione avversaria alla sua aveva ucciso suo
padre e suo zio. ” Un nemico se non lo puoi uccidere lo devi mandare in
galera” Affermazione , questa sulla quale urge una riflessione:
E se
le lettere anonime diventassero strumento per vendette? Per mandare in
galera colui il quale non puoi più uccidere o per altre ragioni, non
riesci a contrastare sotto il profilo politico o a prevalere su di lui
imprenditorialmente o elettoralmente ma vuoi al contempo farisaicamente
e, tomasianamente, da buon borghese di provincia mantenere una condotta
tale da evitare il rischio di una condanna – ove scoperto e catturato?
Un vecchio proverbio calabrese della Piana del Tauro, e non solo,
recita: “La lingua non ha osso ma rompe l’osso” La parola ingiuriosa o
la falsità provocano ferite e danni. La prospettiva non cambia con lo
scritto che è la codificazione e la trasposizione grafica dei suoni e ,
dunque, del linguaggio. Ergo: Uno scritto calunnioso ancorchè anonimo
può essere causa di gravissimi danni.
Come non pensare a quanto sangue
sia scorso ad opera di delatori nel medioevo accusavano in maniera
anonima di eresia o di stregoneria gli avversari, o nelle dittature del
secolo scorso le persecuzioni contro gli oppositori del regime derivanti
dalle delazioni anonime. O la “Securitate” rumena dei tempi di Ceacescu
?
La denuncia anonima se poggia su riscontri tali da non inficiare il
principio di civiltà giuridica che vede il processo penale fondato sulle
prove non valica la linea di demarcazione fra la civiltà del diritto e
quella della inquisizione tout court.
Resta il dubbio amletico che se
anziché disquisire su quante lettere anonime – a Cittanova e nel mondo
siano inviate, si affrontasse il problema su come assicurare la presenza
vigile di un Stato non solo espressione di potere investigativo,
d’indagine e di repressione delle condotte antigiuridiche, ma di uno
stato che stia vicino ai bisognosi e – soprattutto ai giovani, abbia il
coraggio di investire , di creare lavoro e al contempo di chiedere di
pretender e il rispetto di regole di civiltà forse oggi non saremmo qui
a disquisire della liceità della accettazione dello scritto anonimo come
notitia criminis non riscontrabile: volta solo a ingenerare sospetti e
dubbi sulla condotta di vita di colui , per ragioni diversissime – è
l’obiettivo dello scritto anonimo.
Non si può tacere che la Calabria
stia pagando un prezzo pesantissimo a decenni di politiche errate ,
soprattutto in tema di valorizzazione delle potenzialità economiche del
territorio e della capacità di far evolvere le attività
dell’agroalimentare in maniera tale che possano diventare competitive su
mercati ormai globalizzati. Non ci si domanda quanto sia necessaria una
politica del lavoro che attraverso l’abbattimento di oneri e fiscalità
varie, dia ossigeno a chi potrebbe assumere? Non ci si chiede perché da
quaranta anni il Porto di Gioia Tauro resti territorio off limits per
una enorme serie di attività imprenditoriali? Attività imprenditoriali
che se fossero decollate avrebbero costituito il primo anello di una
cintura industriale che, essa si !, avrebbe valorizzato l’economia del
territorio trasformando in realtà l’auspicio del proverbio cinese
ricordato dal Dott. Rao, insegnando a migliaia di uomini a pescare, a
nutrirsi in maniera autonoma e a sfamare i propri piccoli per tutta la
vita senza più essere costretti ad elemosinare un boccone di pesce,
magari rancido. Purtroppo in questa terra dalla mille contraddizioni e
dalle innumerevoli speranze deluse, dove siamo ridotti, peggio che nella
Macondo di Marquez, a discutere sulla legittimazione morale
dell’utilizzo dello scritto anonimo, in questa terra dove vi è sete di
giustizia e di lavoro, lo Stato è assente, preferisce di tanto in tanto
gettare qualche cassa di acqua agli assetati – giusto per non provocarne
la morte per disidratazione- ma si guarda bene dal costruire i pozzi e
gli acquedotti che annullando in modo definitivo l’arsura e con essa la
sete di lavoro, di giustizia, di dignità e crescita civile,
garantirebbero la possibilità di dar vita a un futuro sereno per se e i
loro figli a migliaia di persone. Il lavoro e il rispetto della dignità
dei lavora toto è l’unico antidoto e la miglior cura contro tutte le
mafie. Il lavoro. Non gli scritti anonimi.