Diniego porto di fucile e detenzione armi, parla Ditto L'uomo ha scelto la nostra testata per esporre la sua vicenda
Riceviamo e pubblichiamo
Gentile Direttore,
sono DITTO GIUSEPPE, nato a Seminara il 06.09.1955, ivi residente in Via San Biagio, intendo esporre una vicenda di cui, mio malgrado, sono protagonista e vittima: il diniego del porto di fucile e il divieto di detenere le armi che legalmente detenevo. In un momento in cui in Italia, viene visto con occhi diversi il fondamento del diritto di detenere armi in casa quale elemento necessario alla attuazione di un possibile esercizio di legittima difesa nel caso di aggressioni all’interno del proprio domicilio, in Calabria, per un concetto di emergenza continua, invece, negli ultimi anni si è praticata un politica opposta: quella di ridurre quanto più possibile nei cittadini la possibilità di detenere delle armi. Tale concetto posto alla base di un’azione a grande raggio di contrasto alla ‘ndrangheta stride con la semplice osservazione che i malviventi che delinquono non utilizzano armi legalmente detenute ma semmai armi clandestine.
Di fatto l’esponente subisce le conseguenze di un provvedimento emesso dalle Autorità competenti che si basa su informativa/relazione, ovvero su una proposta avanzata dalle Autorità del luogo di propria residenza che inutilmente fino ad oggi – anche davanti al TAR in sede di udienza cautelare di sospensiva – ha cercato di far comprendere fosse fondata su motivi erronei, e che i redattori della proposta siano incorsi in errori di annotazione/trascrizione di modo che dal fascicolo è verosimile emerga un quadro personologico di carattere negativo e ostativo al rinnovo del permesso di porto di fucile e alla detenzione delle armi. Nel Decreto Prefettizio per il divieto di detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente emesso dalla Prefettura di Reggio Calabria in data 18.09.2017, i motivi venivano indicati come di seguito con numerazione progressiva si riporta:
1- In data 09.08.2017 denunciato in stato di libertà alla competente autorità giudiziaria perché ritenuto responsabile della violazione dell’art. 612 c.p.;
2- In data 01.09.2012, tratto in arresto perché ritenuto responsabile della violazione dell’art. 378 c.p. (favoreggiamento personale nei confronti di un prossimo congiunto, il quale, a sua volta, risulta imputato in procedimento penale nel cui ambito risulta emessa condanna in primo grado per i reati di cui agli artt. 575, 577, 703 c.p. 4 e 7 legge 895/1967;
3- In data 15.03.2007, denunciato in stato di libertà alla competente autorità giudiziaria perché ritenuto responsabile della violazione degli artt. 416 – 482 – 485 – 494 e 640 c.p. (associazione per delinquere, falsità materiale commessa dal privato, falsità in scrittura privata, sostituzione di persona e truffa);
4- Prossimo congiunto di soggetto, che a sua volta, risulta imputato in procedimento penale nel cui ambito risulta emessa condanna di primo grado per i reati di cui agli artt. 575 – 577 – 703 c.p. 4 e 7 legge 895/1967;
5- Prossimo congiunto di soggetto in atti detenuto che a sua volta risulta condannato per omicidio, porto di armi, furto in concorso, resistenza a pubblico ufficiale;
6- Prossimo congiunto di soggetto che a sua volta risulta condannato per ricettazione, esercizio di giochi d’azzardo in concorso, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico in concorso ed altro, nonché imputato in procedimento penale per reati tributari.
Alla luce di questi precedenti il Sig. Prefetto della Provincia decretava il divieto di detenzione armi. L’esponente evidenziava di non aver mai avuto nulla da spartire – a parte l’astratto rapporto giuridico di parentela, con uno zio oggi defunto che – ormai più che ottuagenario – in preda a un raptus omicidiario – molti anni fa uccise un vicino di casa. E specificava che in relazione a detta vicenda non fu mai tratto in arresto – diversamente da quanto desumibile dalla lettura del Decreto Prefettizio. Fu solo sottoposto ad accertamenti in quanto al momento dell’arresto l’omicida era stato catturato in un terreno di cui l’anziana madre dell’esponente era proprietaria e di cui l’istante è ancor oggi proprietario e dove, con la propria moglie, si stava recando per verificare i danni di un incendio precedentemente divampato nella notte. Dell’assoluta estraneità dell’istante fecero all’epoca menzione anche articoli di stampa.
Le altre annotazioni – tranne la più recente – appaiono inspiegabili e sono verosimilmente frutto di errore di annotazione . L’esponente nulla sa di ricettazione e di giochi d’azzardo o di truffe. Nulla di questo ha compiuto e di nulla in merito è mai stato accusato e ignora chi sia il congiunto ritenuto di ciò responsabile. In relazione alla prima annotazione (elencata con il numero 1) – in realtà ultima per ordine di tempo – evidenzia che la stessa, frutto di un animus calunniatorio di una vicina di casa litigiosa e adusa a querelare tutti coloro con i quali ha diverbi, si è conclusa lo scorso 4 Dicembre con una assoluzione perché il fatto non sussiste. Alla luce di ciò chiedo e domando attraverso la sua testata, quanto tempo deve attendere un cittadino che protesta la propria innocenza per trovare ascolto da parte delle Autorità e poter rientrare in possesso di qualcosa che non ha assolutamente meritato che gli venisse impedito di possedere?
Giuseppe DITTO