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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 28 MARZO 2024

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Confiscati oltre 30 milioni di euro ad un calabrese già condannato per estorsione con il metodo mafioso. Nome e Video Le investigazioni patrimoniali nel procedimento penale hanno avuto un ulteriore seguito con una ipotesi di intestazione fittizia di beni avente ad oggetto una società e il relativo complesso aziendale, tra cui un conto corrente bancario, oggetto anch’essa di sequestro preventivo

Nelle prime ore della mattinata odierna, nel territorio calabrese e a Roma, è stata data esecuzione al provvedimento di confisca di un vasto compendio di beni, per un valore di oltre 30 milioni di euro, da parte dei militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, coordinati dal Procuratore della Repubblica.
Il decreto di applicazione di misura di prevenzione patrimoniale, emesso dal Tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura Distrettuale di Catanzaro, ha confermato in toto il precedente provvedimento di sequestro di prevenzione nei confronti di SARACO Antonio di Badolato (CZ), interessato dall’operazione denominata “ITACA-FREEBOAT”, culminata nel mese di luglio 2013 con la misura cautelare emessa nei confronti di 25 soggetti, ritenuti affiliati, ovvero contigui, alla cosca GALLACE/GALLELLI operante in Guardavalle, Badolato e su tutta la fascia del basso ionio catanzarese.
In particolare, nell’ambito del predetto procedimento penale Antonio SARACO è risultato coinvolto in due episodi di estorsione con riguardo alla vicenda relativa alla gestione della struttura portuale di Badolato realizzata dalla società SALTEG riconducibile ad imprenditori modenesi, per le quali è già intervenuta sentenza di condanna in primo e in grado di appello.
Nell’ambito del predetto procedimento penale, a seguito delle investigazioni svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, dirette e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, parte dei beni riconducibili ad Antonio SARACO erano stati cautelati con un sequestro preventivo, eseguito nel novembre del 2016, che era poi culminato nella confisca penale oggetto della sentenza di Primo Grado del Tribunale di Catanzaro e confermata dalla sentenza di secondo grado della Corte d’Appello.
La predetta vicenda processuale, con riferimento a un provvedimento di dissequestro emesso medio tempore dalla Corte d’Appello, è stata, peraltro, oggetto anche del procedimento penale trattato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno (cd. operazione GENESI), conclusosi allo stato, in primo grado, con sentenza di condanna dei soggetti coinvolti.
Le investigazioni patrimoniali nel procedimento penale hanno avuto un ulteriore seguito con una ipotesi di intestazione fittizia di beni avente ad oggetto una società e il relativo complesso aziendale, tra cui un conto corrente bancario, oggetto anch’essa di sequestro preventivo.
Le ulteriori indagini patrimoniali condotte, delegate al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria/G.I.C.O. di Catanzaro, prodromiche all’emanazione della confisca di prevenzione eseguita in data odierna, hanno consentito di ricostruire in capo al proposto un notevole complesso patrimoniale il cui valore è risultato sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati e all’attività economica svolta.
Tra i beni confiscati, in particolare, vi è il complesso turistico alberghiero “Aquilia Resort” a Badolato (CZ). Si tratta di una struttura ricettiva, che si estende su una superficie di 60.000 metri quadrati, composta da un importante albergo, due piscine, un ristorante e un campo sportivo, la cui realizzazione ha avuto inizio dalla prima metà degli anni ’90 con ampliamenti negli anni successivi. Confiscata anche la società con sede a Roma, IT CONSULTING S.R.L., che gestisce l’intero complesso turistico.
Gli altri beni oggetto del provvedimento ablativo comprendono una lussuosa villa a Roma, altre due società anch’esse con sede a Roma, esercenti rispettivamente l’attività di agenzia viaggi/tour operator e l’attività alberghiera. Una di dette società romane gestisce – in affitto – il prestigioso villaggio turistico “Le Rosette Resort” a Parghelia (VV), nel tratto di territorio tirrenico calabrese denominato “Costa degli Dei”.
Risultano, altresì, oggetto della confisca, eseguita dalla Guardia di Finanza, beni immobili localizzati principalmente nella costa ionica Catanzarese e, in particolare, n. 8 magazzini, n. 3 locali commerciali, n. 28 appartamenti, n. 2 fabbricati, n. 16 terreni, n. 2 autovetture, n. 1 motociclo, quote di due società con sede una a Cosenza e l’altra a Catanzaro, operanti rispettivamente nel settore edile e ricettivo, e diversi rapporti bancari e finanziari.

Riceviamo e pubblichiamo dall’avv. Francesco Saraco

In data 21 dicembre 2020 il Tribunale della Libertà di Catanzaro dopo due anni dall’appello proposto dal sottoscritto ed dai miei familiari (rectius terzi interessati) aveva ordinato la confisca di tutti i nostri beni.
Avverso tale procedimento, per il tramite del prof. Avv. Giuseppe Della Monica, del foro di Salerno, abbiamo interposto, ricorso per Cassazione, evidenziando le ragioni che legittimano la restituzione dei beni a nostro favore.
La Corte di Cassazione Sez.II, con sentenza del 28 Aprile 2021, ha annullato , l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Catanzaro, emessa dal Dott. Valea Giuseppe, così ritenendo la fondatezza e legittimità di un nostro diritto alla restituzione dei beni e ciò sebbene nel frattempo fosse intervenuto un provvedimento di confisca.
Nello specifico, a seguito della pronuncia dell’ordinanza con cui la Corte di Appello di Catanzaro in data 1 agosto 2018 aveva disposto la restituzione dei beni riconducibili a me ed ai miei familiari, la Procura Generale della Corte di appello di Catanzaro aveva interposto ricorso davanti il Tribunale della Libertà di Catanzaro chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di restituzione dei beni. Il Tribunale della Libertà di Catanzaro nel decidere l’appello della Procura Generale, aveva ritenuto opportuno riunire tale atto di gravame con due distinti appelli interposti, in data 28 febbraio 2018, da me ed i miei familiari relativi a delle ordinanze che il Tribunale di Catanzaro aveva pronunciato rigettando le nostre richieste di restituzione dei beni.
Il Tribunale della Libertà, Giudice estensore dott. Valea, in data 22 dicembre 2020, dopo due anni, rigettava gli atti di appello avanzati da me ed i miei familiari mentre accogliendo l’appello della Procura Generale della Corte di Appello, annullava l’ordinanza di restituzione dei beni, pronunciata dalla Corte di Appello e disponeva il sequestro di tutti i beni.
La vicenda giudiziaria, da cui è scaturita, anche l’espropriazione integrale dei beni riconducibili a tutta la mia famiglia , si connota, a questo punto, di un ulteriore particolare che ha le vesti di una legittimità massima, qual’è un pronunciato del Supremo Collegio.
Oltre, ai temi, tristemente ben noti, anche il lasso di tempo (enorme), che è intercorso per poter sottoporre al vaglio del Giudice di legittimità la questione relativa alla sequestrabilità dei beni riconducibili a me ed ai miei familiari, rende ulteriormente critica l’intera questione.
Ed infatti, dalla data di presentazione degli appelli davanti al Riesame a quelli in cui il medesimo Tribunale ha deciso sono decorsi oltre due anni e prima, ancora, erano decorsi altri due anni per ottenere una decisione dal Tribunale del Riesame investito da domanda di restituzione dei beni di talché ciò ha limitato fortemente il nostro diritto di difesa davanti al Tribunale di primo grado investito della vicenda il quale ha deciso la confisca dei beni e la condanna di mio padre in fase di pendenza di appello davanti al Riesame .
Con riferimento invece alla misura di prevenzione applicata dei confronti di mio padre è doveroso precisare che la decisione dell’applicazione della misura è del 15 ottobre 2018 tuttavia, il deposito della motivazione è avvenuto in data 31 maggio 2021 di talché la confisca dei beni è illegittima giacché l’ art. 24 del testo unico antimafia al comma 2 dispone che “ il decreto di confisca può essere emanato entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario”.
Orbene, nel caso in esame gli amministratori giudiziari si sono immessi nel possesso dei beni in data 26 aprile 2018 mentre il decreto di confisca è stato depositato dopo 3 anni e 2 mesi .
Tanto dovuto, visto il clamore mediatico che, mio malgrado, ha avuto la vicenda che mi ha visto coinvolto.